Il lattosio è un disaccaride e uno zucchero riducente destrogiro, forma un osazone ed esiste nelle forme anomeriche a e ß che danno mutarotazione. Esso costituisce il 5% circa del latte dei mammiferi, con diversa distribuzione nelle diverse specie, e soprattutto diverso contributo calorico percentuale del latte stesso.
La molecola del lattosio è costituita da una molecola di D-galattosio e da una di D-glucosio unite da un legame glicosidico (acetalico) 1ß-4'. È l'unità del glucosio ad avere il gruppo aldeidico "libero" responsabile delle proprietà riducenti del lattosio, che, con fenilidrazina forma l'osazone, ed è ossidato ad acido. La molecola di glucosio dà l'equilibrio di anomerizzazione e, pertanto, il lattosio è uno zucchero riducente e dà mutarotazione.
Il lattosio rappresenta il 98% degli zuccheri presenti nel latte.
Il lattosio è contenuto oltre che nel latte (circa il 40% della massa secca del latte vaccino, 3,5-4% sul tal quale), anche nei suoi derivati (formaggi e yogurt) e in prodotti a base di siero di latte. In particolare nel siero il lattosio costituisce circa il 70% della massa secca (4,2% sul tal quale) e può essere isolato per concentrazione e successiva cristallizzazione.
In un latte intero è presente dal 4,8 al 5,1% ; in un latte colostrale dal 2,2 al 3,0% ; in un latte mastitico è inferiore al 3,0%.
È un disaccaride riducente (possiede la forma aperta ossidabile) e per questo titolabile con la soluzione di Fehling.
L'introduzione del latte extraspecie nell'alimentazione umana è un fatto cronologicamente piuttosto recente, da riferirsi a una mutazione genetica occorsa in certe popolazioni umane in un periodo non posteriore agli ultimi 7.000 anni, indispensabile per la digestione (idrolisi) del disaccaride in zuccheri semplici e quindi per l'utilizzo del lattosio da parte del nostro organismo. La distribuzione nell'uomo di questa mutazione non è omogenea ma varia considerevolmente per individuo ed etnia.
Non si tratta quindi di un'allergia, che viene al contrario scatenata, nei soggetti predisposti, dalle proteine contenute nel latte, ma di una difficoltà, più o meno accentuata, nella digestione del lattosio, causata dalla mancata persistenza, in età adulta, dell'enzima lattasi.
In molte pubblicità commerciali (i.e. latte e latticini), viene evidenziata l'assenza di lattosio per una maggiore digeribilità del prodotto, anche in assenza di conclamati sintomi di intollerabilità da parte del consumatore.
L'intolleranza al lattosio è una condizione in cui il consumo di latte e latticini provoca una reazione non allergica che si manifesta con disturbi gastrointestinali come gonfiore, dolore crampiforme e saltuaria diarrea. La colpa è da attribuirsi alla mancanza o alla riduzione degli enzimi deputati alla digestione del lattosio, cioè dello zucchero contenuto nel latte e nei suoi derivati. Questi enzimi, presenti nell' "orletto a spazzola" delle cellule intestinali e chiamati lattasi, sono deputati alla scissione del lattosio nei due zuccheri che lo costituiscono: il galattosio ed il glucosio. Il primo è essenziale per la formazione delle strutture nervose nel bambino, il secondo rappresenta il substrato energetico primario dell'organismo. Per essere digerito, il lattosio deve necessariamente essere scisso in queste due unità più semplici.
Il problema dell'intolleranza al lattosio è più diffuso tra gli asiatici e gli orientali, mentre gli europei sono generalmente più resistenti rispetto alle altre popolazioni.
In presenza di un deficit congenito o acquisito di lattasi, lo zucchero del latte non può essere digerito e a livello intestinale, essendo osmoticamente attivo, si accumula richiamando liquidi; questo effetto, associato alla sua fermentazione da parte dalla flora microbica locale, dà origine ai fenomeni tipici dell'intolleranza al lattosio (meteorismo, flatulenza, diarrea, nausea, spossatezza ecc.); tali sintomi compaiono rapidamente nel momento in cui si ingeriscono cibi che contengono questo zucchero (latte, ma anche creme, panna, burro non chiarificato, formaggi freschi e bevande a base di latte).
L'intolleranza al lattosio può essere primaria oppure secondaria e transitoria. Nel primo caso l'organismo non produce le lattasi per un difetto genetico, per questo motivo i sintomi dell'intolleranza si manifestano già nella prima infanzia. Quando tale deficit non sussiste l'organismo può comunque soffrire di una intolleranza transitoria, detta secondaria, per la temporanea perdita dell'enzima. Infezioni o lesioni del tratto gastrointestinale e mutazioni dietetiche repentine sono i più comuni fattori causali alla base di tale condizione. La lattasi, infatti, è considerata un enzima inducibile, capace cioè di aumentare numericamente in rapporto alla stimolazione del suo substrato. In altre parole, quando la dieta prevede soltanto una modesta e saltuaria introduzione di latte e latticini, la stimolazione alimentare può rappresentare uno stimolo insufficiente per una sintesi di lattasi adeguata alle temporanee necessità.
Anche una celiachia non diagnosticata, a causa del processo degenerativo che interessa la superficie intestinale deputata all'assorbimento dei nutrienti, può essere alla base di una intolleranza al lattosio.
Qualora si sospetti un'intolleranza al lattosio, questa può essere facilmente smascherata dal cosiddetto test del respiro o breath test. Tramite questo esame si valuta la concentrazione di idrogeno nell'aria espirata dopo un carico di lattosio.
Dal momento che la fermentazione dello zucchero indigerito produce idrogeno che viene prontamente riassorbito dalle pareti intestinali ed eliminato con la respirazione, in caso di intolleranza al lattosio si osserva un picco di concentrazione di idrogeno nell'aria espirata.
In presenza di una intolleranza secondaria al lattosio il primo approccio è quello di consumare latte e latticini in piccole quantità, per poi aumentarle progressivamente in modo da stimolare la produzione di lattasi.
Per consentire l'utilizzo di latte anche a tutti coloro che soffrono di intolleranze nei suoi confronti, in commercio sono presenti latti delattosati in cui il lattosio si trova, per la maggior parte (70-75%), già scisso in glucosio e galattosio. In alternativa, ci si può "accontentare" del latte di soia o di quello ricavato dal riso. Anche lo yogurt, grazie alla fermentazione del lattosio operata dai fermenti che contiene, è generalmente ben tollerato. Infine, chi soffre di intolleranze al lattosio, può beneficiare del consumo di alimenti probiotici (yogurt "speciali" o particolari fermenti lattici liofilizzati).
Esiste un lungo elenco di formaggi, per lo più stagionati, dove la presenza del lattosio in se e per sé e quasi del tutto se non addirittura completamente assente, come pecorino, parmigiano, provolone, grana e altri formaggi stagionati. Durante la stagionatura il lattosio viene fermentato dai batteri lattici utilizzati per la preparazione del formaggio e trasformato in acido lattico.
Non sono invece permessi formaggi freschi quali mozzarella, certosa, generalmente i formaggi molli dove il contenuto in lattosio è notevole.
Rinunciare indiscriminatamente a tutti i formaggi è sbagliato, potrebbe portare ad un carenza di calcio nella dieta, con i rischi la cui insufficiente quantità nel sangue comporta.
L’intolleranza al lattosio, frequente in Italia e generalmente ereditaria, è presente in più della metà della popolazione mondiale, tuttavia varia in base all’etnia. Circa il 50% della popolazione italiana ne è affetta, anche se non tutti i pazienti manifestano sintomi. L’incidenza a livello percentuale di intolleranza al lattosio varia significativamente a seconda delle zone.
Negli Stati Uniti, la carenza di lattasi colpisce il 22% circa della popolazione adulta; in Europa la situazione è abbastanza variegata: nell’Europa meridionale i soggetti che presentano tale difetto sono circa il 70%, nell’Europa centrale la percentuale si aggira attorno al 30% mentre l’incidenza percentuale è decisamente minore nell’Europa settentrionale, si attesta infatti attorno al 5%.
Non vi sono particolari differenze di incidenza fra sesso maschile e femminile.
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