domenica 24 luglio 2016

IL MOJITO



L'origine del mojito rimane piuttosto controversa: viene spesso narrato che un cocktail simile al moijto fu inventato dal famoso pirata inglese Sir Francis Drake (El Draque) nel XVI secolo. Quella versione era preparata con aguardiente (rhum non invecchiato) di bassa qualità, lime, acqua, zucchero raffinato bianco di canna e una specie locale di menta, la hierbabuena. Nella metà del 1800 pare che la società Bacardi abbia dato un impulso di popolarità alla bevanda, che comunque raggiungerà la sua definitiva popolarità solo nel XX secolo.

Anche sulla versione moderna del mojito non pare esistere certezza assoluta su chi lo ha proposto per primo, anche se i nomi solitamente più pronunciati sono quelli di barman della Bodeguita del Medio, Attilio De La Fuente, oppure Angel Martinez, che effettivamente rilevò il locale nel 1942, all'apice della sua notorietà per essere frequentato da noti personaggi, come ad esempio Ernest Hemingway, noto consumatore della bevanda e che con la sua frase, scritta anche nel locale "My mojito in La Bodeguita, My daiquiri in El Floridita" rese celebre la bevanda anche fuori da Cuba.

Esistono diverse teorie anche riguardo l'origine del termine "Mojito". Secondo alcuni, esso sarebbe legato al "mojo", un condimento tipico della cucina cubana a base di aglio e agrumi, usato per marinare. Un'altra teoria lo lega alla traduzione della parola spagnola mojadito, che significa "umido". Un'ultima ipotesi, considerata comunque la meno attendibile, fa risalire l'etimologia della parola al termine vudù mojo, che significa "incantesimo".

Ricetta originale:
Ron bianco cubano Havana Club Silver Dry (5cl.)
succo di lime (limon criollo);
2 cucchiaini di zucchero di canna
un rametto di Hierba buena (menta marocchina)
5 cubetti di ghiaccio
acqua gasata (o acqua di Seltz o soda). Usare un bicchiere del tipo tumbler alto.
Si prepara ponendo sul fondo del bicchiere due cucchiaini di zucchero di canna bianco e il succo di mezzo lime, il ron e la menta . Si amalgama il tutto premendo delicatamente le foglie di menta per far sì che si mescolino i sapori e successivamente si unisce il ghiaccio e l'acqua gasata mettendo alla fine un rametto di hierbabuena come decorazione.
La hierba buena a Cuba è un'erba spontanea che si trova facilmente, il suo aroma è più delicato e meno persistente della menta selvatica o mentuccia che si trova in Europa, la varietà che più si avvicina è la menta marocchina, reperibile nei vivai ad inizio primavera.



Al di fuori di Cuba il Mojito si è ormai diffuso in una variante non corretta conosciuta come "versione europea" o "Mojito sbagliato" oppure "Mojito pestato". Si prepara ponendo sul fondo del bicchiere il lime a pezzi e lo zucchero di canna grezzo. A questo punto si amalgama il tutto schiacciando vigorosamente con il pestello (muddler) aggiungendo poi la menta premuta delicatamente, il ghiaccio tritato e infine il Rum bianco. Tecnicamente dunque il cocktail che si ottiene con questo sistema non è un Mojito, bensì una Caipirissima alla menta.

Esiste anche una versione analcolica del Mojito che generalmente è denominato "Virgin Mojito". Si prepara nella versione del Mojito sbagliato e il rum è sostituito dalla gassosa o dal ginger-ale.

Il Mojitaly è un'altra variante del Mojito, che prevede l'utilizzo (al posto del rum) della Branca Menta. Un cocktail rinfrescante, presentato come long drink, da bere idealmente dalla primavera in avanti. Al posto del lime si può prevedere anche l'utilizzo del mapo, un agrume ibrido tra il mandarino e il pompelmo.

Il grado alcolico del cocktail Mojito, preparato secondo le quantità specificate nella ricetta tradizionale, è pari a circa 11% Vol.
Il cocktail Mojito, preparato secondo le quantità specificate nella ricetta tradizionale, apporta circa 157 calorie (Kcal).

Un mojito servito in inverno potrebbe presentarsi amaro a causa della menta, per questo è importante che la menta sia fresca e che ovviamente tutti gli ingredienti siano di prima qualità. Per questo è preferibile consumare il Mojito in estate, nei mesi in cui la menta è più matura e meno aspra. Varianti Una piccola variante, amata da Ernest Hemingway, consiste nel mescolare due tipi di rum, il primo chiaro invecchiato da 1 a 3 anni ed il secondo ambrato invecchiato per un periodo che va dai 7 anni in su.







.

sabato 23 luglio 2016

LA CARNE IN SCATOLA



Il primo cibo inscatolato risale al 1812 in seguito agli studi di Nicolas Appert; presentava numerosi problemi, tra cui la mancanza di metodi autonomi di apertura. Solo nel 1855 fu inventato l'apriscatole, e nel 1866 le scatole furono dotate di chiave. Nel 1876 si ebbe la prima esportazione intercontinentale di carne in scatola, dall'Argentina alla Francia.

In Italia l'invenzione della carne in scatola e del minestrone per le truppe si deve al colonnello don Ettore Chiarizia, che brevettò nel 1929 la produzione di prodotti alimentari scatolati per le truppe, tra cui la carne in scatola, il minestrone e la minestra di pasta e lenticchie. Tali prodotti, pertanto, costituirono un notevole passo verso la soluzione dell'importante e delicato problema di vettovagliamento delle truppe in campagna e specialmente per il fatto che consentivano la distribuzione di un rancio caldo e sostanzialmente gradito dalle truppe che si trovavano in località particolarmente disagiate, dove non era possibile o agevole confezionare o far giungere in buone condizioni il rancio caldo normale.

La carne in scatola è un prodotto alimentare di tipo industriale, caratterizzato da una spiccata praticità d'impiego, dal completo isolamento con l'ambiente di stoccaggio e da una lunga durata del prodotto.

La carne più usata è quella bovina, di cui si impiegano i tagli più adatti. Si utilizzano soprattutto le carni di vacche a fine carriera, in quanto altre tipologie di animali (vitelloni, manze, ecc.) vengono meglio remunerate nella vendita diretta. I pezzi sono prima sottoposti a una parziale lessatura, poi sono suddivisi a tocchetti e sistemati nei barattoli di lamiera stagnata, che vengono chiusi ermeticamente (aggraffatura con giunto di gomma). Le scatole così confezionate sono poi sterilizzate in autoclave, dove restano per circa un'ora alla temperatura di 120 °C.

La carne in scatola è uno dei prodotti meno genuini, in quanto in questa categoria abbonda l’uso di conservanti potenzialmente pericolosi. L’ingrediente sospetto delle carni in scatola è, infatti, il nitrito di sodio, conservante principale oltre che della carne, degli insaccati in genere.

Nonostante la praticità (in particolar modo in estate), la carne in scatola è quindi un prodotto da evitare o da consumare sporadicamente, non certo come alimento abituale (è importante distinguere fra nitriti e nitrati e capire come comportarsi di fronte a questi prodotti industriali di dubbia qualità) sfruttando magari la sua ipocaloricità.

Come se non bastasse, per cercare di dare appetibilità al prodotto, molte marche usano il classico esaltatore del sapore, il glutammato monosodico, il cui consumo però andrebbe limitato, soprattutto da coloro che devono abbassare la quota di sodio nella dieta.

Recentemente sono state introdotte sul mercato carni in scatola esplicitamente senza glutammato e con carni italiane; lodevole passo, ma la presenza dei nitriti non permette ancora di ritenere il prodotto accettabile.

Secondo la dieta italiana andrebbe evitato il consumo di carne in scatola contenente nitriti o glutammato di sodio. Prodotti conservati con nitrati e contemporaneamente acido ascorbico, ma senza glutammato sono ammessi per un uso saltuario. L’assenza di etichetta nutrizionale è quindi solo un dettaglio, visto l’uso non frequente di questo tipo di prodotti.

Le principali marche di carne in scatola si contendono il mercato italiano essenzialmente con una martellante pubblicità: se si confrontano gli ingredienti si scopre, infatti, che questi sono pressoché identici (brodo vegetale con non precisati aromi e/o spezie o ortaggi), miele, marsala, sale. L’addensante usato è generalmente sempre lo stesso, la farina di semi di carrube, il gelificante è l’agar agar, ottenuto da alghe marine. Per quanto riguarda la carne bovina impiegata, la provenienza dei capi è in quasi tutti i casi dichiarata e/o tracciabile.



Anche la percentuale di carne sull’intero prodotto è, in tutte le ricette, praticamente equivalente (intorno al 40%). Quasi tutti i prodotti contengono nitrati (senza il protettivo acido ascorbico) e soprattutto nitriti e, in alcuni casi, anche glutammato di sodio. Patetico è poi il tentativo di nascondere questi gravi difetti con il pregio nutrizionistico che la carne in scatola è povera di grassi (si va dall’1 al 2%).

Nessun pregio hanno anche i tentativi di valorizzare la carne, decisamente penalizzata dalla presenza di conservanti. Accanto alla proposta “storica” della carne bovina, sono comparsi sul mercato anche alcuni prodotti a base di pollo.

Tutti i cibi in scatola sia il principale punto fermo della tavola degli italiani, se è vero che una famiglia su due la consuma abitualmente  per la sua praticità, sempre pronta e si conserva a lungo (anche 4 o 5 anni).

Rispetto alla carne fresca, quella in scatola ha un modesto apporto energetico perché è bollita e sgrassata: ecco perché viene spesso inserita nel menu di chi segue una regime ipocalorico.
Di solito si utilizza il muscolo del bovino, lessato e inscatolato assieme alla gelatina vegetale o animale. A volte vengono aggiunte altre parti dell’animale, come la lingua, che però contribuisce ad aumentare il contenuto di grassi. Per questo, prima di acquistare una confezione, è sempre meglio dare un’occhiata alle informazioni sull’etichetta.
La carne in scatola contiene una discreta quantità di sale, circa un quarto della dose massima raccomandata ogni giorno: per questo non dovrebbe far parte della dieta di chi soffre di ipertensione oppure del menu di chi combatte la ritenzione idrica. E ancora: trattandosi di carne, non bisogna esagerare perché è appurato, ormai, che mangiare troppa carne rossa espone a seri rischi di salute.

A volte i prodotti conservati e sottovuoto possono presentare sorprese e lasciarci dubbiosi. Verificate sempre che all’interno della scatola non vi siano macchie di ruggine e che la confezione non sia deformata o gonfia. Sono chiari segni di cattiva conservazione del prodotto.
Una gelatina troppo liquida o che emana un cattivo odore è segno di alterazione dell’alimento.
Se sulla carne trovate piccoli grumi bianchi, scartateli con la punta di un coltello, ma non preoccupatevi: sono solo depositi di grasso, da evitare solo per problemi di linea.



Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

sabato 16 luglio 2016

RISTORANTI NUDISTI



Luci soffuse e candele, a tavola completamente nudi, dalle 20 in poi si mangia e si balla anche, accompagnati da musica dal vivo, liberi di mostrarsi. Ma sia chiaro, "non c'è assolutamente nulla di sconveniente o pruriginoso".

"La formula della cena nudista riscuote da tempo un grande successo nei locali di Londra e New York e quindi ho deciso di proporla anche qui da noi - spiega Romeo, titolare del ristorante - in Lombardia esiste una legge regionale che disciplina la pratica del nudismo e abbiamo convenzioni con Anita, l'Associazione naturista italiana. Non c'è il patrocinio ufficiale dell'associazione - aggiunge - perché alcuni componenti del direttivo sono scettici, ma a non convincere è l'idea che il nostro sarà un appuntamento indoor a differenza dell'approccio più diffuso alla pratica".
Nel Milanese apre il primo locale per nudisti: "Senza malizia e senza smartphone".
 
Per il momento si parte con una sera alla settimana, ma in base a come andranno le prenotazioni il proprietario del locale deciderà se aumentare le serate senza veli o ridurle a una al mese: "Riceviamo una media di 20 telefonate al giorno da clienti interessati - continua Romeo, che ha stabilito precise regole per lo svolgimento delle serate - si tratta di cene per naturisti, non certo per scambisti. Niente sesso nel locale. Chi non manterrà una condotta adeguata verrà immediatamente allontanato". Niente cellulari anche, perché le fotocamere non sono certo le benvenute.

Al locale si arriva vestiti, ci si spoglia e ci si accomoda a tavola. Ammesse pochette con gli effetti personali e, per questioni igieniche, asciugamani o teli su cui sedersi. Niente altro. "Londra conta 40.000 prenotazioni, i naturisti ci credono e vanno a cena senza veli, adesso tocca a Milano - annuncia il titolare sulla pagina Facebook del suo locale - e speriamo che la nostra mentalità non faccia fallire questa unica possibilità di avere un luogo dove poter essere se stessi". Le critiche pare non siamo mancate. "Questo gruppo nasce con l'intento di presentare il primo ristorante per nudisti d'Italia - spiega alla community - facendo capire alle persone che ci si può sentire liberi di essere se stessi anche in un luogo pubblico e sopratutto fare capire che essere nudi non vuol dire indurre al sesso."

Ma come funziona. "Accoglieremo un single ogni cinque coppie - dice convinto di riuscire a tenere lontani voyeur e curiosi - pagheranno 100 euro a testa, ma 50 se esibiranno la tessera di Anita. Per le coppie invece il costo della serata è di 50 euro a testa, con un dieci per cento di sconto se in possesso della tessera dell'associazione naturisti".



The Bunyadi (che in lingua hindi significa naturale), il primo ristorante per nudisti di Londra promette agli avventori di tornare alla “purezza priva delle trappole della vita moderna”.

In particolare se amano la dieta Paleo: senza glutine, vegan, senza latticini con annessi e connessi, perciò tavoli in legno, piatti di argilla e portate servite a lume di candela.

Nel ristorante che nasce come progetto temporaneo non sono previsti vestiti né cellulari, come immaginabile, nemmeno piatti cucinati con ausili elettronici (le cotture si fanno con il fuoco).

The Bunyadi funziona così: i commensali all’ingresso vengono condotti in uno spogliatoio dove lasciano vestiti e effetti personali in cambio di una leggera vestaglia. Sta a loro decidere, una volta a tavola, se lasciar cadere anche l’ultimo indumento e provare una completa”liberation true experience“.

Lo staff è per la maggior parte senza vestiti, anche gli avventori possono mangiare nudi se lo desiderano dopo aver usato uno spogliatoio.

Per ragioni logistiche lo staff deve coprire ogni tipo di… sporgenza. Se sei seduto e qualcuno ti sta servendo, i volti e determinate parti del corpo rischiano di trovarsi allineati. Non è accaduto, ma una delle persone che si è prenotata per mangiare al Bunyadi ha chiesto lumi in una email. Una richiesta apprezzata, è anche attraverso lo scambio con i clienti che i format si evolvono.

Nonostante le preoccupazioni per il momento non ci sono stati problemi, quello che avviene nel locale sembra essere perfettamente legale. La nudità non è un’offesa quando manca l’intenzione di turbare o provocare shock, secondo la legge inglese, a maggior ragione se esibita in uno spazio privato.

Esistono comprensibili ragioni di sicurezza che impediscono al personale di stare nudo in cucina. Cosa che di per sé non rappresenta un problema, ai gestori e ai clienti non interessa. Più difficile è cucinare il cibo senza usare niente che abbia a che fare con il gas o con i vari elettrodomestici. Il locale arriva a produrre in casa perfino la farina. Ma ovviamente non è questo l’aspetto che interessa le persone o i media, tutti parlano del ristorante per nudisti.

Reclutare candidati con esperienza che accettino senza problemi di lavorare nudi non è stato un problema, le richieste non sono mancate, anzi. Durante la selezione non viene richiesto al candidato di spogliarsi per avere un anticipo di quel che che vedranno i clienti, è contro ogni regola etica del ristorante. Nessuno deve sentirsi giudicato per il suo corpo.

Sembra non esistano particolari misure di sicurezza oppure igieniche da prendere rispetto a un ristorante tradizionale. I primi avventori hanno chiesto spesso se fosse igienico stare nudi nello stesso posto dove si erano sedute altre persone, in realtà ognuno si accomoda su un cuscino che viene cambiato quando esce dal locale.

I gestori sono convinti che la gente mangi nuda anche a casa propria. Lo sforzo, la cosa nuova e diversa è convincerli a farlo in pubblico. Ma anche questo, alla fine, non è un problema. Le prenotazioni raccolte finora da The Bunyadi sono 40.000, per evaderle tutte il ristorante più che temporaneo dovrebbe diventare permanente.



Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

sabato 9 luglio 2016

CIBI IN ESTATE



Tante insalate, pasta fredda, carni magre e pesce, passati di legumi, yogurt, frullati, macedonie e soprattutto tanta frutta e verdura di stagione ricca non solo di acqua ma anche di carotenoidi, sostanze importanti per la protezione della pelle dai danni che possono verificarsi a causa dell’esposizione al sole: sono questi gli alimenti che vi permetteranno di contrastare l’afa estiva e allo stesso tempo mantenervi in linea.

Bevete inoltre almeno 2 litri di acqua al giorno ed evitate il consumo di bibite gassate e zuccherate. Evitate di pranzare spesso con il gelato in quanto carente dal punto di vista del quantitativo di vitamine e carboidrati: meglio optare per un pasto leggero da concludere poi con una piccola porzione di gelato.

La zucchina è un ortaggio con un bassissimo valore calorico, composto per il 95 per cento da acqua. Ottima fonte di minerali (potassio, ferro, calcio e fosforo) e di vitamina A, vitamina C e carotenoidi, è in grado di favorire l’abbronzatura.
Il cetriolo costituito per il 96 per cento di acqua, contiene anche vitamina C, aminoacidi e sali minerali importanti come potassio, calcio, fosforo e sodio. Ammorbidisce la pelle rendendola più bella ed elastica, è un buon diuretico, rinfresca ed ha un’azione disintossicante. Un rimedio naturale utile anche per contrastare l’inestetismo delle occhiaie.
La menta è perfetta sotto forma di tisana in caso di disturbi digestivi, la menta è una pianta utile anche in caso di mal di testa e raffreddore, gastriti e crampi allo stomaco. Adoperatela per impreziosire i vostri piatti unici estivi.
Il melone è idratante e rinfrescante, il melone è composto per il 90 per cento di acqua ed un’ottima fonte di  vitamina A e C, fosforo e calcio. L’alta percentuale di potassio presente nella sua polpa ha effetti benefici anche sulla circolazione e sulla pressione arteriosa. Potete utilizzarlo anche per la preparazione di piatti creativi con cui convincere i bambini a mangiare la frutta.
La pesca è composta per l’87 per cento di acqua, la pesca contiene  potassio e ferro ed è ricca di  vitamina C. Leggermente lassativa e diuretica, ha proprietà rinfrescanti e disintossicanti. Grazie alla presenza di calcio e potassio, è anche mineralizzante, tonificante e ricostituente, ottima per rafforzare denti e ossa, oltre a proteggere la pelle e gli occhi grazie alla presenza di beta carotene. Utilizzatela per preparare un delizioso centrifugato o tanti gustosi e sani ghiaccioli fai da te.
L’anguria, o cocomero, è il frutto estivo per antonomasia. La sua polpa di colore rosso è ricca di carotenoidi, sostanze antiossidanti fondamentali per contrastare i radicali liberi. È costituita per oltre il 90 per cento di acqua ma contiene anche una grande varietà di vitamine A, C, B e B6, e di sali minerali come potassio e magnesio, ottimi alleati per  combattere il senso di spossatezza che ci assale in estate. Questa caratteristica, insieme all’elevato contenuto di acqua, rende l’anguria un alimento dissetante, disintossicante e diuretico, motivo per cui è indicata in caso di ritenzione idrica, ipertensione, cellulite e gonfiori alle gambe.
Il pollo ha un buon contenuto  proteico a cui associa un certo quantitativo di sodio, potassio, fosforo, magnesio, ferro, selenio e vitamine B1, B2 e PP. E’ molto digeribile.



La sogliola è magra, molto digeribile, ricca di proteine. Ha un sapore molto delicato ed è indicata anche per l’alimentazione dei bambini.
La lattuga è in assoluto l’alimento più rinfrescante durante i mesi estivi, poichè è formata da acqua per il 95%.
Inoltre contiene sali minerali che in genere si perdono con il sudore (sodio, potassio, magnesio e calcio) e vitamine A, E e C. Per la presenza di lactarium, che è una sostanza ansiolitica naturale, è l’ideale per prendere sonno alla sera nonostante il caldo.

D’estate è consigliabile consumare molto pesce, che è uno degli alimenti più salutari per il nostro organismo. E’ ricco di potassio, calcio, omega 3, ed è poco calorico: è preferibile optare per pesci di colore azzurro e di piccola taglia, come acciughe, sgombri e alici, merluzzo, dentice e spigola.

A dispetto di quel che si può pensare, il tè è la bevanda più adatta per contrastare l’aumento delle temperature. Inoltre, contiene polifenoli e flavonoidi, che sono antiossidanti in grado di combattere i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento. Ha infine un basso valore calorico e nello stesso tempo è un ottimo energizzante, poiché contiene teina.

L’acqua è la parte più importante del corpo: il rendimento dell’attività sportiva cala ogni volta che se ne rimane a corto. Per questo è importante idratarsi abbondantemente prima, durante e dopo un allenamento, a piccoli sorsi, senza aspettare di avere sete.



Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

giovedì 7 luglio 2016

DIETA VEGANA E BAMBINI



Una dieta vegana consiste nell'evitare di mangiare qualunque tipo di alimento di origine animale. Questo significa che i vegani non soltanto non mangiano la carne, ma neanche formaggi, uova, latte e miele (come invece fanno i vegetariani). Quindi, con un regime alimentare vegano si consumano prevalentemente cereali, ortaggi, legumi, soia.

I pediatri italiani denunciano come la dieta vegana in allattamento possa influire negativamente sullo sviluppo psico-fisico dei neonati, determinando gravi carenze vitaminiche.

Alcuni pediatri hanno segnalato un notevole aumento di casi di neonati affetti da carenze vitaminiche, a partire dalla vitamina B12, con ritardi più o meno gravi nello sviluppo motorio e neurologico.Tali carenze sarebbero riconducibili proprio alla dieta vegana abbracciata dalle neomamme, che renderebbe il loro latte povero di nutrienti e per questo poco adatto a permettere la crescita e il corretto sviluppo dei bambini.

Gli esperti sono concordi nel sottolineare che una dieta vegana è salutare se correttamente pianificata: ciò significa che deve essere variata e prevedere anche eventuali integrazioni, e non possa essere frutto di improvvisazione, sentito dire e fai da te. Nel caso dei bambini, poi, è fondamentale essere guidati da un esperto, un nutrizionista o un pediatra, in modo da evitare passi falsi.

“Per un adulto, se sceglie di non mangiare alimenti di origine animale, se segue una alimentazione erbivora completa, ricca di cereali integrali, ovviamente legumi, ecc., può andare bene anche il fai da te. Non necessariamente serve il nutrizionista.” – è il parere di Roberta Bartocci – “Certo nel caso dei bambini improvvisarsi non è proprio una buona idea, visto che lo svezzamento vegetariano-vegano è molto diverso da quello onnivoro. Non si tratta solo di togliere cibi, ma di impostare un’alimentazione differente. Ricordiamo che una dieta vegana può anche essere composta anche solo di carote e Coca Cola, ma ovviamente non è bilanciata. Come tutte le diete, anche la vegan deve essere ben pianificata. Nel 2016 dire che un’alimentazione vegana, anche se ben pianificata, è inadeguata, è segno di ignoranza. Anche per un bambino può andare bene, persino durante lo svezzamento e può essere scelta in gravidanza. Non fa notizia ma ci sono casi di bambini con arteriosclerosi all’età di 8 anni perché mangiano hot-dog e patatine tutto il giorno. È perfettamente possibile svezzare un bambino con dieta vegan. Intanto si introducono le fibre, per cui verdura intera, magari omogeneizzata, cereali integrali, legumi interi, questi però non prima dei 12 mesi (contrariamente allo svezzamento convenzionale). Poi si può mettere nella pappa un cucchiaino di mandorla, germe di grano, olio di oliva, olio di semi di lino. Lo dico perché seguo alcuni di questi bambini.”

A favore delle diete vegetali, vegetariane o vegan si è schierata anche l'American Dietetic Association (ADA), una delle più autorevoli fonti in materia di nutrizione. L’ADA sostiene infatti che le diete latto-ovo-vegetariane e vegane (senza alcun ingrediente di origine animale) possono soddisfare i fabbisogni di nutrienti e di energia delle donne gravide e, se pianificate in modo appropriato, soddisfano i bisogni nutrizionali di neonati, bambini e adolescenti e inducono una crescita normale.

Le diete latto-ovo-vegetariane e vegane sono perfettamente in grado di coprire i bisogni nutrizionali dei bambini dopo lo svezzamento, fermo restando che prima dello svezzamento è fortemente consigliato l'allattamento al seno e che il latte delle madri latto-ovo-vegetariane e vegane che seguano una dieta equilibrata (così come le madri onnivore devono seguire una dieta equilibrata) è un alimento completo dal punto di vista nutrizionale.

Qualsiasi sia la dieta seguita, le madri prima e durante l'allattamento devono prestare particolare attenzione ad assicurare al proprio organismo quantità adeguate di vitamina D (soprattutto tramite l'esposizione al sole); le madri vegetariane devono correttamente integrare la vitamina B12 (mediante appositi integratori). Gli acidi grassi essenziali (gli omega-3 in particolare) si trovano in olio di lino, semi di lino e noci. Può inoltre essere raccomandabile l'assunzione di 100-200 mg di DHA preformato da fonte algale (la fonte primaria di questi acidi grassi essenziali), al fine di assicurarne la disponibilità per l'organismo anche in caso di ridotto funzionamento dei meccanismi di conversione.



Anche dopo lo svezzamento l'alimentazione latto-ovo-vegetariana e vegana sono adeguate e infatti l'American Dietetic Association (ADA) ha dichiarato nel suo "Position Statement" sulle diete vegetariane che esse offrono tutti i principi nutritivi necessari alla crescita e allo sviluppo del bambino. Tale posizione è confermata da diversi studi epidemiologici su bambini latto-ovo-vegetariani e vegani non macrobiotici.

L'apporto di proteine delle diete vegetariane è perfettamente adeguato: infatti le proteine vegetali contenute in legumi, cereali e verdure contengono tutti gli aminoacidi necessari.

L'apporto di ferro, zinco ed altri oligoelementi è adeguato, in particolare se vengono inclusi nella dieta legumi in abbinamento a fonti di vitamina C (per massimizzare l'assimilazione del ferro), frutta secca e semi (noci, pistacchi, semi di zucca).

L'apporto di calcio non è un problema nemmeno nelle diete vegane, è sufficiente introdurre abbondanti quantità di vegetali ricchi di questo minerale oppure latte vegetale addizionato con calcio.

Indipendentemente dal tipo di dieta, onnivora, latto-ovo-vegetariana o vegan, è essenziale l'esposizione al sole del bambino per almeno 20-30 minuti 2-3 volte alla settimana al fine di garantire una sufficiente produzione di vitamina D. E' inoltre consigliata per tutti i bambini nei primi anni di vita l'integrazione di questa vitamina.

L'apporto di vitamina B12 va assicurato con opportuni integratori (per il bambino, dopo lo svezzamento, si può usare un prodotto in gocce, per una più comoda somministrazione).

Infine è necessario evitare di alimentare i bambini e i neonati con cibi ad alto contenuto di fibre (meglio usare cereali raffinati), favorendo l'apporto di cibi di maggior potere energetico e nutrizionale.

Un'alimentazione con un ridotto o nullo contenuto di cibi animali comporta numerosi vantaggi a lungo termine per la salute in particolare in riferimento all'incidenza delle patologie più diffuse nei paesi industrializzati (quali cancro, patologie cardiovascolari, diabete, etc).

Diversi studi rilevano che i neonati alimentati con latte vaccino hanno una maggiore probabilità di ammalarsi di diabete Tipo 1 e che l'aterosclerosi e le patologie ad essa correlate possono essere efficacemente prevenute con una alimentazione a basso contenuto di grassi saturi (quindi essenzialmente animali) fin dall'infanzia.

Inoltre una dieta a basso contenuto di cibi animali riduce i rischi legati all'esposizione della madre e del bambino a contaminanti chimici sicuramente cancerogeni come la diossina e i PCB, molto più concentrati in latte, uova, carne e pesce che nei vegetali.

Tra i rischi maggiori in cui si incorre nel sottoporre un bambino a una dieta esclusivamente vegana 'non informata' o poco adatta all’età dell’infante – concordano diversi specialisti - possono esserci problemi per lo sviluppo del sistema nervoso o un ritardo nella crescita.





Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

lunedì 4 luglio 2016

LA CUCINA INDIANA



La cucina indiana si differenzia in numerose varietà regionali, comunque riferibili a due grandi gruppi: la cucina dell'India del nord, che fa uso di carni ed è meno speziata, e quella del sud, vegetariana e più speziata.

La cucina, soprattutto nei ristoranti, viene anche classificata in cucina non vegetariana (indicata da cartelli con la scritta "non veg"), latto-ovo-vegetariana ("veg", senza carni), e latto-vegetariana, detta quasi vegana ("pure veg", che non fa uso di uova). Praticamente inesistente la cucina vegana propriamente detta, cioè senza neanche latte e latticini.

IL Tandoor o tandur è un forno cilindrico di argilla con il fondo interrato, dove viene messo il carbone che lo alimenta, e in alto l'imboccatura dove si cala il cibo per essere cotto. Il forno raggiunge temperature molto alte e in origine veniva utilizzato nella cucina moghul per cuocere il pane, ma poi il suo uso fu esteso anche alla cottura della carne. Il pane viene appeso crudo alle pareti interne del forno dove cuoce in pochi minuti, mentre la carne viene infilata a pezzi in spiedi verticali e cuocendo perde i suoi liquidi che colando dall'alto verso il basso permettono ai pezzi sul fondo, a contatto con la brace, di non asciugarsi troppo. Il forno tandur è diffuso in tutta l'India ma è tipico del Punjab.
La tawa o tava è una piastra pesante di ferro o di ghisa, utilizzata per cuocere il pane. Prima viene unta di grasso e poi viene scaldata sul fuoco.
Karhai o kadai è una padella di grandi dimensioni, profonda e col fondo convesso, può essere di ferro, di ottone o di alluminio ed è simile al wok cinese; la forma particolare serve per ottenere una frittura veloce in modo da risparmiare l'olio. La kadai è usata sia in casa (in dimensioni minori), sia dai venditori di strada (in dimensioni più grandi).
Il thali è un vassoio molto diffuso che serve per portare una serie di pietanze come curry, dal e yogurt, contenute in ciotoline. Oggi il thali è generalmente d'acciaio inossidabile perché economico e più facile da pulire, ma un tempo poteva essere d'ottone, bronzo o argento. Nell'India meridionale è spesso sostituita da una semplice foglia fresca di banano.
La chula è un fornello a carbone situato sul pavimento al centro della cucina; nelle aree rurali invece del carbone si usa ancora lo sterco secco di vacca, considerato il combustibile più puro e utile per scaldare i cibi a fuoco lento grazie al suo calore moderato.
Il belan è un piccolo matterello utilizzato nella preparazione dei vari tipi di pane.
La batta o vatta: pestello di pietra, utilizzato per pestare le spezie.
Il sil è una pietra piatta sulla quale si pestano le spezie con la batta.

Il pane in India ha generalmente l'aspetto di schiacciatine o piadine ed è più diffuso nell'India settentrionale perché serve da accompagnamento ai piatti di carne, mentre invece è praticamente inesistente nel sud vegetariano; ha anche la funzione di stoviglia perché può essere utilizzato come piatto o come cucchiaio. In generale vi sono due tipi di pane, quello non lievitato che viene fritto sulla tawa e quello lievitato che viene cotto nel tandoor; nello specifico le varietà di pane più note in India sono:

Roti: è un pane di forma rotonda fatto con farina integrale di frumento e acqua, non lievitato e cotto in un forno tandoor. Viene consumato da solo o spalmato d'olio o di ghee. Generalmente viene usato come sinonimo il termine chapati, ma in alcuni posti indica un pane più piccolo del roti.
Besan roti: schiacciatine triangolari di farina integrale di frumento e di ceci impastate con ghee e speziate con prezzemolo, semi di cumino e pepe nero; una variante prevede l'uso di un trito di cipolla, foglie di coriandolo e peperoncini verdi.
Roti di mais: è un roti speziato nel cui impasto ci sono anche farina di mais, coriandolo, cumino e pepe nero; viene servito con yogurt, menta e cipolle fritte.
Chapati: pane non lievitato di farina integrale di frumento, impastato con acqua per circa un quarto d'ora e cotto sulla tawa (ma a volte direttamente sulla fiamma così si gonfia); è insieme al roti il tipo più diffuso di pane e viene consumato da solo o con verdure e spezie, di regola appena tolto dal fuoco. A volte chapati è sinonimo di roti, ma generalmente è più grande.
Puri o poori: dischi di pasta di farina integrale, fritti nel ghee in una karhai, hanno l'aspetto di sfogliatine gonfie e croccanti. Per essere sicuri che si gonfi si versa l'olio bollente sul lato superiore della sfogliatina, poi una volta pronti si servono o impilati uno sull'altro oppure stesi su un vassoio in modo che rimangano gonfi. Il puri è diffuso anche nell'India meridionale, caso unico fra i diversi tipi di pane indiano.
Kachori: è come la puri ma all'impasto viene aggiunto il mais o le lenticchie.
Paratha o parantha: dischi molto sottili di pasta fritta sulla tawa col ghee e fatti con farina integrale senza lievito con aggiunta di semi di sedano e di cipolla; hanno un aspetto croccante, leggero, friabile e una forma triangolare. La paratha si trova in vendita nelle bancarelle di strada e viene consumata a colazione, da sola o farcita con formaggio paneer.
Alu paratha: doppio disco di paratha con in mezzo un ripieno di patate lessate, schiacciate e speziate con curcuma, zenzero tritato, perperoncini verdi tritati, garam masala e foglie di coriandolo.
Jalebi paratha: paratha con semi di finocchio, tipica dei musulmani dell'India centro-meridionale.
Naan o nan: pane cotto nel tandoor, fatto con farina di frumento lievitata impastata con acqua e ghee; prende il nome di khamiiri puri se fatto con un impasto detto khamiir composto da farina, yogurt caldo, zucchero, pepe e acqua calda. Ha una forma a goccia dovuta alla cottura nel tandoor e un aspetto compatto e più spesso del roti. Ne esistono diverse varianti: cosparso d'aglio o di semi di cipolla o di mandorle o di frutta secca, spalmato di burro o ripieno di formaggio.
Pappadam (o poppadum, papadum, pappad, papad): ha l'aspetto di una focaccina croccante di colore giallo perché composta da farina di lenticchie a cui vengono aggiunte delle spezie che la rendono piccante; viene fritta nell'olio di cocco e di solito è consumata come aperitivo o a fine pasto ma spesso serve anche da accompagnamento a thali o biryani sbriciolandola sul riso. La pappadam è tipica dell'India meridionale.
Ildli: hanno l'aspetto di focaccine ottenute impastando farina di riso con una pastella di lenticchie nere (urad dal) e semi di fieno greco che viene poi versato in una serie di stampi imburrati e impilati uno sull'altro per essere cotti al vapore per circa un quarto d'ora.
Shirmal: hanno l'aspetto di focaccine larghe circa 15 centimetri di diametro, ottenute impastando farina di frumento, latte, zucchero, sale e ghee; durante la cottura, che avviene in una tawa, vengono leggermente spruzzate con latte allo zafferano e unte di ghee. Le shirmal sono tipiche delle zone dell'India di tradizione musulmana.
Lucchi: di aspetto e procedimento simile ai puri, i lucchi sono panini fritti tipici del Bengala, fatti di farina impastata con semolino e semi di finocchio tostati e macinati.

Il raita  è un'insalata fatta con yogurt e verdure tritate che fa da contorno ai piatti piccanti. Alcuni esempi di raita sono:
raita di ananas: cubetti di ananas ricoperti di yogurt sbattuto con l'aggiunta di sale, semi di cumino tostati, zenzero grattato e peperoncino.
raita di ceci: ceci cotti in casseruola con ghee, garam masala e aglio schiacciato, e ricoperti di yogurt salato e pepato.
raita di cetriolo: frullato di cetrioli a fette, cipolle tritate, salsa di menta, sale, yogurt e acqua.
raita di melanzana: pezzetti di melanzana lessata e schiacciata ricoperti di yogurt sbattutto a cui sono stati aggiunti sale e un trito di cipolla e peperoncini verdi.
raita di menta: yogurt sbattuto con salsa di menta, cipolla tritata
raita di menta e cetriolo: dadini di cetriolo ricoperti di yogurt sbattuto al quale è stato aggiunto sale, pepe e un trito di foglie di menta, foglie di coriandolo, zenzero grattugiato e peperoncini verdi.
La chutney o chatni è una salsa vegetale piccante e abbastanza densa, a base di frutta, spezie e ortaggi. Le chutney servono come condimento per i piatti principali, che siano a base di carne o di riso, e per le verdure: in alcuni casi durante la preparazione si tostano per alcuni minuti le spezie in modo da far loro aromatizzare gli altri ingredienti; l'aggiunta di zucchero e aceto conferisce in genere alle chutney un sapore agrodolce, ma la prevalenza degli uni o degli altri elementi fa sì che esistano chutney salate e chutney dolci.

Solo nelle grandi città l'acqua del rubinetto è sicura perché trattata con il cloro, generalmente invece non è potabile; allo stesso modo non è sicuro il ghiaccio perché viene preparato sempre con acqua corrente. L'acqua minerale è reperibile praticamente ovunque, di solito in bottiglie di plastica, però nel 2003 vi è stata riscontrata un'alta concentrazione di residui chimichi, anche nelle marche più diffuse. Inoltre talvolta il tappo della bottiglia d'acqua è manomesso o comunque non ben sigillato perché accade che i contenitori vengano riciclati per essere riempiti d'acqua minerale e venduti di nuovo. I modi più sicuri di bere acqua in India sono farla bollire per un quarto d'ora oppure sterilizzarla chimicamente con lo iodio (metodo sconsigliato per donne in gravidanza e malati di tiroide) o con il cloro (che lascia un sapore cattivo neutralizzabile col succo di limone).
Il tè noto in India come chai è la bevanda più diffusa, la pianta è coltivata nell'Assam e sui monti Nilgiri ma la qualità più pregiata è il tè Darjeeling coltivata nell'area dell'omonima città. Il tè viene aromatizzato e speziato in vari modi:
tè alle spezie: tè nero speziato con anice macinato, chiodi di garofano, cannella e semi di cardamomo macinati. Vi può essere aggiunto del latte e servito assieme a frutta candita,
tè forte alle spezie: al tè preparato normalmente si aggiunge un mezzo cucchiaio di una trito di grani di pepe, chiodi garofano, semi di cardamomo, cannella e zenzero grattugiato,
tè allo zenzero: bevanda invernale costituita da tè nero al quale viene aggiunto zenzero grattugiato e miele,
tè freddo al cardamomo: bevanda estiva costituita da tè con aggiunta di capsule di cardamomo, zucchero e ghiaccio tritato,
masala chai: è la preparazione a base di tè più diffusa nel paese e si tratta generalmente di tè in polvere bollito con acqua, latte intero, molto zucchero e vari altri ingredienti quali capsule di cardamomo, mandorle, pinoli, cannella, chiodi di garofano, zenzero. Può essere consumato in qualsiasi occasione e momento della giornata. Viene venduto dai chai-wallah in piccoli chioschi agli angoli delle strade.
Caffè (kofi): in Kerala, Tamil Nadu e in genere in tutta l'India meridionale è più diffuso il caffè (solubile) del tè, e dagli anni 2000 si sta espandendo anche nel centro-nord grazie a catene di caffetterie che impiegano macchine per caffè espresso. Il caffè prodotto in India costituisce circa il 3% della produzione mondiale.



I succhi di frutta in India vengono venduti sia freschi sulle bancarelle di strada, sia già confezionati (in bottiglie o in contenitori di cartone, che però talvolta non sono integri perché vengono riciclati). I succhi venduti sulle bancarelle sono spesso allungati con acqua o ghiaccio per cui possono essere pericolosi, inoltre viene aggiunto zucchero o sale per renderli più saporiti. I succhi di frutta più diffusi sono quelli al mango, alla guaiava, all'arancia, alla mela (proveniente dall'Himachal Pradesh), alla banana, all'ananas, al limone.
La bevanda di canna da zucchero macinata, venduta dalle bancarelle nell'India meridionale, è ovviamente dolce e conviene aggiungerci un po' di succo di limone.
Nell'India meridionale è molto diffuso l'uso di bere il latte di cocco con una cannuccia direttamente dalla noce dopo averne tagliato col machete la parte apicale.

Il lassi è una bevanda molto popolare a base di yogurt, da bere fresca o almeno a temperatura ambiente. La composizione base (plain lassi) è costituita da yogurt, succo di limone e semi di cumino tostati e pestati in un mortaio, il tutto mescolato in mezzo litro d'acqua oppure frullato; esistono la versione dolce (sweet lassi) e la versione salata (salt lassi) a seconda se nella composizione base viene aggiunto rispettivamente zucchero o sale, ma può essere aggiunta anche della frutta ed essere aromatizzato alla rosa o allo zafferano.
Esistono bevande a base di latte che possono essere bevute sia calde che fredde o addirittura ghiacciate; alcuni esempi sono il latte badam, a cui vengono aggiunte mandorle (badam) e zafferano, il latte al cardamomo e miele, un latte scaldato ma non bollito a cui vengono aggiunti miele e semi di cardamomo, e il latte allo zafferano, un latte bollito a cui vengono aggiunti zafferano, chiodi di garofano, cannella, miele e pistacchi.
Il kimbu pani è bevanda a base di succo di limone verde o limetta, zucchero, sale, pepe o garam masala e acqua.
Sul mercato indiano c'è una discreta varietà di bibite gassate di produzione nazionale, grazie al bando di Coca Cola e Pepsi durato 17 anni e finito nel 1994: le marche nazionali più diffuse sono Campa Cola, Thumbs Up e Limca (al limone).

Il paan o pan è un preparato tradizionalmente consumato a fine pasto per le sue proprietà digestive e rinfrescanti della bocca. Si tratta di un involtino triangolare costituito da una foglia commestibile di betel arrotolata attorno ad un composto di noce di areca (talvolta chiamata erroneamente "noce di betel") grattugiata o a piccoli pezzi, calce spenta (chuna), tabacco da masticare (zarda), pasta rossa (katha), pasta di limetta e una mistura di varie spezie dolci (mitha masala). Il paan va messo tutto in bocca, all'interno della guancia, va masticato lentamente in modo che l'involtino libera i propri succhi nel cavo orale che però vanno sputati nel caso contengano tabacco o calce. Generalmente ve ne sono di due tipi: il saadha e il mitha paan. Il saadha è quello tradizionale, contiene tabacco, non va ingerito e ha un sapore descritto ora come aspro, ora come amaro, abbastanza sgradevole per il palato degli occidentali e dovuto alla immersione prolungata in acqua non filtrata durante la preparazione; il mitha paan ("paan dolce") contiene invece noce di cocco e confettura di datteri e si può tranquillamente ingerire. Come effetti collaterali, la noce di areca ha un potere leggermente stupefacente e può indurre assuefazione tanto da provocare in alcuni un consumo notevole analogo a quello delle sigarette da parte dei fumatori accaniti; inoltre i succhi del paan tendono a colorare di rosso o nero denti e bocca e, cosa ancor più grave, il suo abuso può rovinare i denti e provocare il cancro alla bocca. Un altro effetto poco piacevole è dovuto al fatto che il paan provoca una forte salivazione per cui chi lo mastica è portato facilmente a sputare i succhi rossastri su muri e strade. Il paan è venduto dai paan-wallah, venditori ambulanti con bancarella che spesso si trovano davanti ai ristoranti più frequentati; i più famosi sono i paan-wallah di Varanasi che applicano prezzi esorbitanti.

Negli ultimi anni è molto di moda scegliere cucine esotiche per una cena in compagnia. Non il solito cinese bensì altre tipologie di cucine orientali come quella indiana. La cucina indiana è famosa nel mondo per l’uso delle spezie, del latte e dei latticini.

In sostituzione della pasta, nei primi, vi è il riso. Inoltre vi è abbondanza di spezie e di condimenti.

Nel menù di un ristorante indiano troverete diversi antipasti molto molto sfiziosi. Nell’attesa di gustare il primo potrete iniziare ad assaggiare le Aloo Bonda ovvero nient’altro che piccole palline di patate condite con abbondanti spezie. Molto gustoso anche il Paneer Pakora, ovvero un fritto di formaggio cotto con una pastella fatta con farina di ceci. Le “Pakora” sono queste classiche fritture fatte con pastella di farina di ceci. Tra gli antipasti troverete Pakora di cipolle, di melanzane, di patate, di polli, insomma di tutto. Accanto alle Pakora troverete anche le “Samosa”, ovvero fagottini di pasta ripieni di verdure e spezie, oppure carne sempre speziata.

Nella lettura del menù di un tipico ristorante indiano noterete sicuramente che ci sono tantissimi piatti vegetariani. Infatti per ragioni legate alle religioni (i musulmani non mangiano carne di maiale, mentre induisti e buddhisti preferiscono abolire anche quella di manzo), spesso si fa una vera e propria scelta di vita vegetariana. Per quanti credano che la cucina vegetariana sia poco gustosa, assaggiando i piatti indiani a base di verdure c’è davvero da ricredersi. Si prenda ad esempio il Malai Kofta, ovvero un piatto a base di polpette di formaggio e patate, una vera delizia per i sensi. Le polpette della cucina indiana sono fatte con triti di verdure e vengono dette Kofta. Potete optare anche per i legumi cotti in salsa piccante come i Chana Masala, ossia ceci bianchi cucinati con erbe fresche e spezie. Anche le Dal Makhani sono notevoli, si tratta infatti di lenticchie indiane e fagioli rossi cucinate con abbondanti spezie.

La pasta non è tanto presente nella tradizione indiana, come in tutta quella orientale (fatta eccezione della Cina). Tra i primi però spopola il riso che viene servito in tantissimi modi. Ne esistono tantissime varietà ma quelle preferite sono il riso Basmati e il riso Pilaf. Lo troviamo cucinato principalmente con le spezie o con carne e verdure. Molto buono il riso al limone che troverete sicuramente citato nel menù di un qualsiasi ristorante indiano. Se vi piacciono gli accostamenti audaci provate il riso con lo yogurt. La variante acidula dello yogurt rende il piatto molto gustoso e dal sapore deciso. Molto più fresco invece il riso alla menta, presente anche questo nei menù dei ristoranti indiani. Molto gustoso e speziato è anche il riso al tamarindo, il cosiddetto “dattero dell’India“, è un riso cotto in bianco e poi condito con peperoncini, zenzero, polpa di tamarindo, curcuma, semi di sesamo e tante altre spezie. Una ricetta molto semplice da replicare anche a casa è il Jeera Riso, ovvero un riso cotto in bianco e poi condito con cipolla tritata finemente, semi di cumino, cumino in polvere, burro chiarificato (che nella cucina indiana viene detto ghee) sale e pepe. Semplice, buono e veloce. Più complicato da fare a casa ma ottimo se ordinato al ristorante è il Riso Korma, un piatto ricco di spezie, ma anche di panna e burro, molto molto sostanzioso.

Così come in Cina anche in India il pollo è uno dei piatti preferiti. Nonostante il fatto che una fetta della popolazione indiana per motivi religiosi è vegetariana i piatti a base di carne in India non mancano.  Il mitico pollo al curry è un piatto molto occidentalizzato, non a caso vi sono tante varianti nei paesi non indiani ma quello originale prevede pezzi di pollo cucinati con polvere di curry, cumino, semi di cardamomo, peperoncini in polvere e poca panna. Oltre che il pollo anche il semplice manzo può essere cucinato in questo modo. La maggior parte dei piatti di carne viene cucinata in umido con salse piccanti o con vellutate di verdure comunque speziate. Quindi sia il pollo, sia il manzo e l’agnello, in un tipico ristorante indiano, vi vengono serviti affogati in appetitose salsine.
Il pesce spada viene o marinato oppure viene cotto direttamente con le spezie formando una salsa piccante di accompagnamento.

La cucina indiana sa stupire anche per quanto concerne i dolci. Non a caso uno degli ingredienti principali di questo tipo di cucina è il latte con cui si preparano parecchie leccornie per finire i pasti. Alla voce dessert del menù troverete sicuramente il Kheer, dolce fatto con riso, latte e pistacchio. Molto famosi anche i dolci a base di cocco come il Suji Halwa, fatto con la farina di semola ed il latte di cocco. Per finire un pasto e rinfrescarsi la bocca dai sapori piccanti della cucina indiana non c’è niente di meglio che un gelato.

Il dahl è una zuppa speziata a base di lenticchie (o di altri legumi). Di solito per la preparazione si utilizzano delle lenticchie rosse che vengono cotte in brodo di verdure e condite con spezie come la paprica e il cumino. Qui la ricetta completa per preparare la zuppa di lenticchie all'indiana.

La raita di verdure miste è un piatto tipico dell'India. Tra gli ingredienti troviamo i cetrioli, a cui andranno aggiunti dei ravanelli, pomodori ben maturi, erba cipollina, yogurt vegetale in sostituzione dello yogurt bianco classico, prezzemolo fresco e le tipiche spezie indiane.

Il chapati un tipo di pane tipico della cucina indiana, diffuso in gran parte dell'Asia meridionale, in alcune aree del Medio Oriente, e in diversi paesi dell'Africa orientale, inclusi Kenya e Tanzania. Costituisce un cibo di base per molte regioni dell'Asia meridionale, e particolarmente nel nord del subcontinente. È prodotto a partire da un impasto di farina integrale, acqua e sale, che viene schiacciato fino a formare un disco del diametro di circa 12 centimetri e poi cotto su una piastra asciutta e molto calda, su entrambi i lati.

Gli idli sono una pietanza tipica indiana che viene preparata in vari modi, ad esempio con farina di riso o di avena, verdure tritate, legumi, in particolare lenticchie rosse o ceci, e che viene cotta in speciali padelle. Come sempre, non possono mancare le spezie.



Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

domenica 3 luglio 2016

LA SENAPE


In Italia la senape in commercio è una salsa cremosa preparata con semi polverizzati di senape bianca, senape nera e altri ingredienti. Viene usata principalmente per insaporire le carni e per condire le insalate.

In Francia la senape viene chiamata moutarde (letteralmente: mostarda), è particolarmente diffusa e già nel 1500 a Orléans nacque la prima corporazione di produttori. Attorno al 1550 fu fondata la corporazione di Digione, dove tuttora viene prodotta una delle senapi più piccanti e famose, detta senape di Digione (moutarde de Dijon), prodotta in diverse varietà aventi come ingredienti base senape bruna, aceto, sale e acido citrico. L'aceto viene spesso sostituito con l'agresto, succo di uva acidula che non ha raggiunto la maturazione. Nel processo di macinatura, il tegumento dei semi viene rimosso, dando a questa senape un sapore meno piccante.

Altre senapi francesi rinomate sono quelle di Meaux, Bordeaux, e dell'Alsazia. Quest'ultima viene preparata con senape bianca, è meno piccante e più aspra. Particolarmente famosa nel paese è la tradizionale "senape all'antica", ottenuta con l'impiego di senape bianca e senape nera. Nella cucina francese, la senape accompagna i piatti a base di carne e viene aggiunta alle popolari salse remoulade e vinaigrette.

In Inghilterra la senape viene chiamata mostarda (mustard) e si ottiene miscelando semi macinati di senape bianca, senape bruna o senape nera a cui vengono aggiunte quantità minori di curcuma, peperoncino di Cayenna e, a volte, di aceto. La senape inglese è più forte di quella francese.

La senape più diffusa in Giappone viene chiamata karashi, è particolarmente piccante e si ottiene macinando i semi di brassica nigra, brassica alba e brassica juncea e mescolandoli con acqua tiepida a 40 °C. Il gusto fortemente piccante si deve all'assenza del frumento nel composto di base. Viene utilizzata per insaporire i nikuman, popolare snack nazionale, ed accompagna pietanze come l'oden, zuppa ristretta a base di dashi (brodo di pesce), e gli shumai, ravioli della cucina cinese diffusi anche in Giappone. In commercio si trovano anche senapi poco piccanti, simili a quelle che si vendono in Italia, chiamate yō garashi. Tutte le senapi in commercio in Giappone vengono chiamate karashi o mastādo, e comprare il prodotto desiderato richiede una certa attenzione.

Il termine "mostarda" (moutarde) riferito alla senape appare per la prima volta in Francia nel XIII secolo, e prende il nome dal latino mustum ardens, in francese moût ardent (letteralmente: "mosto che arde"), perché veniva impastata con mosto caldo e per il suo sapore piccante. Il termine mostarda in Italia è usato per indicare anche altri tipi di prodotti. Nel nord viene così chiamata, per il sapore deciso e piccante, una preparazione culinaria a base di frutta, zucchero e senape da accompagnare ai bolliti (mostarda di frutta). Nel sud vengono invece così chiamati prodotti perlopiù dolciari a base di mosto d'uva.

Diverse le varietà di senape, le più comuni prendono il nome dalla colorazione dei semi che producono:
- senape bianca (Sinapis alba), con i semi di colore bianco/giallo che favoriscono la conservazione degli alimenti nel tempo;
- senape nera (Brassica nigra), i cui semi sono molto scuri, quasi neri e dal sapore particolarmente piccante;
- senape bruna (Brassica juncea), dai semi verdi;
- e la senape selvatica (Sinapis arvensis)

La salsa di senape la si prepara con le farine ottenute dalla macinazione dei semi di senape nera e bianca cui vengono man mano aggiunti altri ingredienti come aceto, olio e zucchero (questa è la salsa di senape più conosciuta in Italia, mentre quella diffusa nei paesi anglosassoni è un preparato in polvere di semi bianchi e neri misti a curcuma).

I semi di senape sono semi oleosi non molto calorici (469 calorie per 100 grammi) e sono fonte di vitamine (B1, B2, B3, la vitamina C, E, K e J) e minerali (tra cui soprattutto calcio e fosforo). I semi di senape, inoltre, contengono il 5% di acqua, il 29 % di carboidrati, il 25% di proteine, il 23 % di grassi, il 14% di fibre alimentari ed il 4% di ceneri.

I semi di senape hanno la capacità di favorire l'afflusso del sangue, per questo:

un infuso di senape aiuta in caso di raffreddore e febbre e stimola la circolazione sanguigna
un cataplasma di farina di semi di senape (da mischiare, se volete, anche a quella di semi di lino) è utile contro reumatismi, artriti e dolori muscolari

l'olio di semi di senape è utilizzato nella medicina ayurvedica per praticare frizioni contro reumatismi e nevralgie

15 grammi di semi macinati e sciolti in un bicchiere di acqua da bere tre volte al giorno è un buon purgante naturale. La senape facilita anche la digestione.

Potete conservare i semi di senape sott'aceto oppure farli essiccare per poi utilizzarli contro i cattivi odori delle stoviglie. Se macinati, potete usare i semi di senape anche come deodorante per le mani dopo aver maneggiato sostanze maleodoranti.

L'uso prolungato di senape, a causa della sua proprietà di stimolazione gastrointestinale, non è consigliato in caso di ulcera e gastrite.
A causa della presenza di agglutinina, inoltre, i semi di senape possono causare allergie alimentari. Infine, la senape ha un effetto simile a quello del peperoncino: può provocare iperemia (aumento del flusso sanguigno), irritazione a livello locale e infiammazione dell'apparato digerente.

Oltre ai semi di senape, si trova in commercio anche l'olio di semi di senape: entrambi si trovano facilmente nei mercatini di frutta e verdura, nei negozi di alimenti biologici in erboristeria o anche online.



La ricetta per fare la senape in casa

Ingredienti:

– 50 grammi di semi di senape gialla
– 50 grammi di semi di senape scura
– 80 grammi aceto di mele
– 80 grammi acqua
– 4 cucchiai d'olio extra vergine d'oliva
– 30 grammi zucchero di canna grezzo
– un pizzico di sale

Lasciate i semi in ammollo nell'aceto per una notte. Poi trasferite i semi in un frullatore con tutti gli altri ingredienti tranne l'olio e frullate finché otterrete una crema non troppo liscia. A questo punto aggiungete l'olio a filo. La vostra salsa potrete conservarla in frigo ben chiusa in vasetti di vetro per molto tempo.

La pianta della senape, nome scientifico Brassica Species, appartiene alla famiglia delle Crocifere e cresce in modo spontaneo nella maggior parte delle regioni europee. I suoi frutti sono costituiti da semi che giungono a maturazione a fine estate con cui si prepara l’omonima salsa conosciuta in tutto il mondo.

Esistono quattro varietà principali di senape che prendono il nome dalla colorazione dei semi che producono: la gialla, la nera, la selvaggia e la bruna. Per la preparazione della salsa di senape si usano abitualmente le farine ottenute dalla macinazione dei semi di senape  nera e gialla a cui, dopo essere state miscelate tra di loro, vengono aggiunti altri ingredienti come aceto, vino e spezie varie.

La pianta è originaria dell’Asia dove era già coltivata 3.000 anni prima dell’avvento di Cristo. In Europa è conosciuta sin dal tempo degli antichi romani che la utilizzavano soprattutto per la conservazione di frutta e verdura.

I semi contengono il 5 % di acqua, il 25 % di proteine, il 6,8 % di zuccheri, il 36,4 % di grassi, il 12,2 % di fibre alimentari ed il 4 % di ceneri.

I minerali: calcio e fosforo in buone quantità, magnesio, sodio, potassio, selenio, zinco e rame.

Le vitamine: vitamina A, vitamine B1, B2, B3, la vitamina C, E, K e J. Sono presenti beta-carotene, luteina e zeaxantina.

Gli zuccheri si dividono in destrosio e saccarosio.

Gli aminoacidi: acido aspartico, acido glutammico, alanina, arginina, cistina, glicina, fenilalanina, istidina, isoleucina, leucina, lisina, prolina, metionina, serina, tirosina, triptofano, valina e treonina.

I semi di senape hanno proprietà purgative, 15 gr di semi macinati e disciolti in un bicchiere d’acqua che va bevuto tre volte al giorno, costituiscono un buon purgante naturale. La senape contribuisce inoltre ad ossigenare il sangue e facilita la digestione.
Sciatica: un altro impiego dei semi è quello che riguarda la preparazione di un impasto per la cura della sciatica, questi gli ingredienti: 250 cl. di acquavite, 100 gr. di farina di mais, 15 gr. di farina di senape e 120 gr. di fichi secchi sminuzzati. Per la preparazione è sufficiente immergere tutti gli ingredienti dell’acquavite per circa 2 giorni dopodiché, dopo aver impastato per bene il composto ottenuto, è necessario applicarlo per mezzo di un tessuto sulla parte dolorante per almeno un paio d’ore.
Dolori reumatici: i cataplasmi ottenuti dalla sola farina di senape sono invece consigliati per la cura dei dolori reumatici. Un pediluvio a base di sola senape ha proprietà stimolanti per la circolazione sanguigna. In pratica, grazie alle proprietà stimolanti della circolazione sanguigna, le sostanze responsabili del dolore vengono espulse più velocemente dall’organismo. A questo scopo si rendono necessari impacchi a base di farina di senape che devono essere applicati in modo mirato esclusivamente sulle parti doloranti.
Psoriasi: i suoi semi sono efficaci nei confronti della psoriasi, che è una malattia infiammatoria cronica. Recenti studi hanno confermato queste proprietà.
Salute del cuore: diversi studi hanno dato esiti positivi per quanto riguarda l’efficacia dell’olio di senape nei confronti dell’aritmia cardiaca e della riduzione de dolore ad essa associata. Le sue proprietà protettive nei confronti del cuore sono probabilmente riconducibili alla presenza degli acidi grassi omega 3.
Colesterolo: in questo caso sono le foglie ad essere in possesso di queste virtù, gli studi hanno dimostrato che le foglie facilitano l’espulsione degli acidi biliari dal corpo. Gli acidi biliari contengono di solito anche il colesterolo per cui in questo modo si verifica una riduzione dei livelli di colesterolo LDL nel sangue.
Glicemia: studi svolti su pazienti diabetici hanno dimostrato come l’olio di senape sia in grado di abbassare la glicemia.
Disintossicazione dai veleni: i semi di senape hanno proprietà utili a proteggere il sangue dagli effetti dei veleni mentre, un decotto a base di semi, aiuta a depurare il corpo dagli effetti degli stupefacenti e di un’eccessiva assunzione di alcol.
Importante: l’uso delle farine e dell’olio essenziale ottenuto dai semi di senape può provocare disturbi ed irritazioni per cui è d’obbligo che la loro assunzione vada sempre fatta sotto controllo medico.

Il suo buon successo e la sua conseguente diffusione per uso culinario è dovuta soprattutto al sapore pungente dei suoi semi, caratteristica questa che viene esaltata solo dopo la loro macinazione. I semi crudi si utilizzano in cucina per la preparazione di svariati tipi di insalate mentre la salsa di senape viene spesso utilizzata per arricchire il sapore di piatti a base di carni e pesci alla griglia.



Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

ScambioBannerGratis

motori di ricerca