giovedì 26 novembre 2015

I CONSERVANTI



Gli additivi sono sostanze che vengono aggiunte agli alimenti, soprattutto industriali, per preservarli da contaminazioni microbiche, irrancidimento e per migliorarne l'aspetto e la consistenza.
La grande maggioranza di essi è innocua per la salute e comprende vitamine, amminoacidi, antiossidanti naturali come licopene e antocianine, e addensanti come la pectina.
I nitrati e i nitriti, utilizzati soprattutto nella conservazione della carne e degli insaccati, possono subire delle modificazioni chimiche che li trasformano in nitrosammine, molecole potenzialmente cancerogene. Un consumo eccessivo e prolungato di nitriti è associato ad aumento del rischio dei tumori dello stomaco e dell'esofago.

Gli additivi sono sostanze aggiunte agli alimenti per prolungarne la conservazione, preservarli da contaminazioni microbiche e irrancidimento, e migliorarne il sapore, il colore e la consistenza, in particolare nei cibi industriali.
Gli additivi si classificano in base allo scopo per cui si utilizzano. I conservanti rallentano lo sviluppo di microbi, gli antiossidanti i processi di irrancidimento. Vi sono poi additivi utilizzati per migliorare le caratteristiche sensoriali e la consistenza degli alimenti: coloranti, addensanti, emulsionanti, dolcificanti ed esaltatori di sapidità . Infine, alcuni additivi, come gli antiagglomeranti, facilitano la lavorazione degli alimenti ma non hanno una funzione nel prodotto finale.

Esistono numerose sostanze che vengono impiegate come additivi alimentari; la Food and Drug Administration (FDA) americana ha approvato l'uso alimentare di oltre 3.000 molecole, molte delle quali vengono utilizzate anche come additivi. Tante sono molecole di origine naturale, che vengono sfruttate proprio per le loro caratteristiche; altri additivi sono di origine naturale ma modificati per ottimizzare le loro proprietà, altri ancora sono additivi di sintesi.
Tra gli additivi di origine naturale troviamo alcune vitamine e nutrienti importanti per la salute: la vitamina C, o ascorbato (E300) e i derivati (E301, E302,E303) sono utilizzati come antiossidanti; il licopene (E160d), presente nel pomodoro, le antocianine (E163), abbondanti nei frutti di bosco, la vitamina B2, o riboflavina (E101), e la curcumina (E100) sono invece usati come coloranti. Glutammato (E620) e glicina (E640), due amminoacidi presenti normalmente nelle proteine, vengono impiegati come esaltatori di sapidità, mentre l'acido citrico (E330), contenuto nei limoni, è un comune regolatore di acidità. Tra gli addensanti, troviamo la pectina (E440), che viene comunemente utilizzata anche nella cucina domestica.

Tutti gli additivi a uso alimentare subiscono un lungo processo di valutazione della loro sicurezza. In Europa, la valutazione viene effettuata dall'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e gli additivi autorizzati sono identificati dalla lettera E seguita da un numero. Altri organi di controllo internazionali sono il Joint Expert Committee on Food Additives (JECFA) dell'Organizzazione per l'Alimentazione e per l'Agricoltura (FAO) e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). A oggi, le ricerche non hanno mostrato, in generale, una correlazione tra lo sviluppo di tumori e il consumo di additivi in quantità limitate. Fanno eccezione però i nitriti e i nitrati, usati come conservanti in particolare in carne e insaccati, a causa delle modificazioni che possono subire all'interno dell'organismo e possono convertirli in sostanze cancerogene.

I nitrati e i nitriti vengono utilizzati come conservanti e aggiungono sapore e colore alle carni lavorate. L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), organo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha classificato i nitrati e i nitriti ingeriti come probabilmente cancerogeni per gli esseri umani (Gruppo 2A).
I nitrati e i nitriti di per sé non sono cancerogeni, ma possono andare incontro, sia a causa dell'azione del metabolismo sia attraverso la cottura, a una serie di trasformazioni chimiche che li convertono in N-nitrosammine, composti che invece sono considerati cancerogeni.
I nitrati si trovano naturalmente in diversi alimenti, tra cui le verdure (bietole, sedano, rape, spinaci), e nell'acqua potabile. Di per sé, i nitrati sono innocui. Possono però essere convertiti in nitriti dall'azione delle ghiandole salivari nella bocca. I nitriti, a loro volta, possono combinarsi con altre molecole, le ammine, presenti negli alimenti ricchi di proteine come carne, salumi, formaggi, a formare le N-nitrosammine, che sono invece cancerogene.
La formazione di nitrosammine avviene spontaneamente nell'organismo umano: nell'ambiente fortemente acido dello stomaco i nitriti si convertono in acido nitroso, che a sua volta si combina facilmente con le ammine a dare le nitrosammine. Anche la cottura ad alte temperature, come la frittura, favoriscono la conversione di nitriti in nitrosammine.
I nitriti sono utilizzati come conservanti perché sono essenziali a impedire lo sviluppo di microorganismi patogeni potenzialmente molto pericolosi, tra cui il Clostridium botulinum che causa il botulino.
Le attuali normative di legge che regolano l'uso dei nitriti come additivi alimentari sono basate sul principio che consente il loro utilizzo in piccole quantità per i cibi in cui il rischio per la salute di una possibile contaminazione da botulino è molto maggiore del rischio di aumentare la probabilità di tumore. In ogni caso, il limite massimo di nitrito ammissibile per la legge italiana è di 150 milligrammi per chilogrammo di prodotto alimentare.



L'assunzione alimentare prolungata di grandi quantità di nitriti è associata con un aumento del rischio di sviluppo del cancro allo stomaco e del cancro all'esofago. Andrebbero quindi evitati o fortemente ridotti i cibi contenenti nitrito di potassio (E249), nitrito di sodio (E250) e nitrato di potassio (E252), presenti soprattutto nella carne in scatola, negli insaccati e nelle carni lavorate. Infine, alcuni antiossidanti come la vitamina C (E300) e suoi derivati, come l'ascorbato di sodio (E301) e l'ascorbato di potassio (E303) inibiscono la formazione di nitrosammine da nitrati e nitriti e per questo vengono spesso sfruttati in abbinamento nell'industria alimentare.

La stragrande maggioranza degli additivi utilizzati nella preparazione dei cibi nell'industria alimentare non costituisce un pericolo per la salute umana. Fanno eccezioni i nitrati e i nitriti, utilizzati soprattutto nella conservazione di carni e insaccati; di per sé non sono pericolosi, ma possono essere convertiti dal metabolismo in nitrosammine, composti cancerogeni il cui eccessivo consumo può aumentare il rischio di tumori gastrici e all'esofago. È consigliabile quindi evitare alimenti che contengono nitriti e nitrati, preferendo carni e salumi privi di conservanti o riducendone il consumo a favore di una dieta ricca di frutta e verdura che contengono antiossidanti e vitamine, inibitori della formazione delle nitrosammine.

Acido benzoico e suoi sali (E210, E211, E212, E213): sono usati da soli o insieme all'acido sorbico e ai PHB. Non sono ammessi in alcuni paesi per la loro potenziale tossicità, inoltre gli alimenti ai quali vengono aggiunti sono soprattutto le confetture, le gelatine, le marmellate, le gomme da masticare e le bevande analcoliche, tutti prodotti che non necessitano di conservanti.,
Anche gli esteri dell'acido p-Idrossibenzoico (E214, E215, E216, E217, E218, E219), indicati con la siglia PHB, sono vietati in alcuni paesi. Vengono addizionati ai patè, ai rivestimenti di gelatina dei prodotti a base di carne, alla frutta in guscio ricoperta.

I derivati dell'anidride solforosa (E220, E221, E222, E223, E224, E226, E227, E228) sono irritanti e hanno una tossicità acuta e cronica, per esempio interagiscono con gli enzimi cellulari e distruggono alcune vitamine (per esempio la tiamina). Vengono usati nel vino, nella birra (anche per questo bisogna moderarne il consumo, non solo per l'alcol) e in altre bevande come i succhi di frutta, nella senape e in altri condimenti.
I derivati fenolici e il tiabendazolo (E230, E231, E232 , E233) sono dotati di una certa tossicità, infatti sono proibiti in Australia. Vengono utilizzati per il trattamento superficiale degli agrumi e delle banane (per questo bisognerebbe usare solo la scorza delle arance non trattate).

La netamicina (E235), un antibiotico utilizzato sulla superficie dei formaggi, (soprattutto dei provoloni) provoca problemi intestinali.

I conservanti innocui sono i sorbati (E 200, E202, E203), l'acido acetico e i suoi sali di potassio (E260, E261, E262, E263), l'acido lattico e i suoi sali di sodio (E270, E325, E326, E327), l'acido propionico e i suoi sali (E280, E281, E282, E283), l'anidride carbonica (E 290).





Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

lunedì 23 novembre 2015

LA PANNA MONTATA



La panna montata è una sostanza che si ottiene incorporando aria nella panna da montare, un tipo di panna con un contenuto di grasso di norma dal 30 al 38%. Il prodotto che si ottiene ha una consistenza soffice e schiumosa ed è usato soprattutto in pasticceria.

In essa è consentita l'aggiunta di zucchero al di sotto del 15% o meglio ancora zucchero a velo, volendo anche vanigliato. Lavorando la panna montata con aroma di vaniglia si ottiene la crema chantilly.

In commercio si trova anche la panna spray: panna in bomboletta montata istantaneamente. L'idea di montare la panna in questo modo la si deve a Charlie Goetz che nel 1931 sperimentò l'uso dell'anidride carbonica e del protossido d'azoto. Tuttavia l'uso di bombolette a perdere come siamo abituati oggi fu introdotto nel 1948 dalla Reddi-Wip di Aaron Lapin. Il gas propellente di solito è protossido di azoto, ma può anche essere una miscela di anidride carbonica e azoto. La miscela a base di anidride carbonica è più economica ma ha lo svantaggio di inacidire leggermente la panna a causa della creazione di acido carbonico. Il protossido d'azoto, insapore, di odore leggermente dolciastro e non infiammabile, oltre ad essere solubile in acqua come l'anidride carbonica, ha invece il vantaggio di essere solubile nei grassi della panna e di non inacidire il prodotto. Per questo tipo di panna, la quantità di zucchero mediamente usata è (come riportato nella lista degli ingredienti) il 6,5%.

La panna montata è una delle preparazioni fondamentali per moltissime ricette in quanto si presta a diversi utilizzi; può essere usata per decorare torte e dolcetti, può essere utilizzata per arricchire creme, si può impiegare come base per semifreddi e mousse, mentre se usata liquida serve a insaporire moltissime ricette.

La panna, come tutti sanno, altro non è che la parte grassa del latte, ottenuta o tramite un processo di centrifugazione o tramite un affioramento spontaneo; si tratta, quindi, di un prodotto altamente calorico in quanto contenente circa il 30% di grassi.

Nell’ambito del settore prettamente dolciario si distinguono due diversi tipi di panna da montare, ovvero la panna fresca e la panna vegetale.

La panna fresca è la parte grassa del latte, alla quale si aggiunge solitamente anche dello zucchero, mentre la panna vegetale è un prodotto a base di oli idrogenati che dovrebbero riprodurre il sapore della panna fresca andando però a ridurre l’apporto di grassi e risultando così meno “pesante”.

In realtà la panna vegetale non è meno calorica o più povera di grassi rispetto a quella fresca; una volta montata, infatti, questo tipo di panna risulta molto gonfia a causa della presenza di aria nel suo composto. E’ proprio l’aria a darci quella sensazione di leggerezza, mentre in realtà l’apporto di grassi è sostanzialmente lo stesso.

Sia che si tratti di panna fresca che di panna vegetale, sebbene quest’ultima sia a più lunga conservazione, è molto importante conservare in maniera corretta il prodotto. Questo significa che la panna va tenuta in frigo, al buio, a una temperatura costante ed essere ben sigillata e questo perché l’esposizione alla luce oppure al calore potrebbe causare la proliferazione di batteri e quindi l’insorgere di infezioni come la salmonella.



Montare la panna potrebbe sembrare un’operazione semplice, mentre in realtà ci sono dei piccoli trucchi che vi consentono di ottenere una panna perfettamente montata e soffice.

La prima cosa è conservare la panna ad una temperatura costante che può variare tra i 2 e i 4 C°, temperatura che è necessario mantenere anche quando si sta montando la panna. Per fare ciò si consiglia, specialmente nei mesi più caldi, di riporre sia la panna che gli strumenti che utilizzerete per montarla (ciotola, sbattitore, fruste e così via), per alcuni minuti nel freezer; questo accorgimento vi aiuterà a mantenere costante la temperatura della panna mentre la montate. Per montare la panna in maniera corretta ricordate di girare lo sbattitore nella ciotola sempre nello stesso verso, imparando a capire qual è la consistenza giusta che vogliamo dare alla panna in base, ovviamente, al tipo di ricetta che dobbiamo realizzare. Così per semifreddi, mousse o creme è ideale la panna semi-montata che ha l’aspetto di un composto spumoso, mentre se dovete realizzare delle decorazioni allora la panna dovrà avere una struttura molto più solida.

Nel caso in cui utilizziate una panna non zuccherata, dovete chiaramente aggiungere dello zucchero; il nostro consiglio è quello di zuccherare la panna prima di montarla, utilizzando sia lo zucchero a velo che lo zucchero semolato. Per quanto riguarda le dosi, al fine di non ottenere una panna troppo dolce, vi suggeriamo di orientarvi sui 100 grammi di zucchero per ogni litro di panna.

Per quanto riguarda la consistenza, anche se dovete ottenere un composto abbastanza omogeneo, cercate di fermarvi quando la panna risulterà ben solida, altrimenti correte il rischio di separare la parte grassa da quella liquida e di fare del burro anziché la panna montata!

La panna destinata al montaggio deve presentare alcuni "requisiti" chimico-fisici ben precisi: tenore lipidico compreso tra il 30 ed il 40%, integrità delle micelle di grasso, temperatura di sanificazione relativamente bassa (pastorizzazione), temperatura di conservazione bassa ma non troppo, vicina a 0°C (più o meno "da frigo"), pH MAI acido ed assenza di lavorazioni industriali come l'omogeneizzazione e l'UHT; l'agitazione meccanica e "la natura" (come si suol dire) faranno il resto. In effetti, esaminando la composizione del latte vaccino ci si accorge di come il grasso sia inglobato in micelle, che sono grosse gocce lipidiche avvolte da una sottile pellicola proteica che le mantiene in dispersione acquosa, evitando che si aggreghino in grossi complessi lipidici. Durante la montatura della panna, gli stessi globuli di grasso incorporano una certa quantità di aria che viene trattenuta dalla loro membrana proteica esterna. Inizialmente l'incorporamento di aria risulta irregolare e grossolano: le proteine esterne favoriscono l'incorporamento di aria sotto forma di goccioline e si viene a creare un film a confine fra l'aria ed il siero; con il prosieguo dello sbattimento le bollicine di aria si rimpiccioliscono e si ridimensionano, aumentando di numero; il film si modifica accumulando sempre più globuli di grasso che, creando ponti tra loro stessi e l'aria, conferiscono consistenza e stabilità alla panna montata. In definitiva, si crea un sistema dove la fase gassosa è preponderante.
Per ottenere una buona panna montata sono anche fondamentali la manualità dell'operatore e/o la taratura dello strumento (a seconda del tipo di lavorazione).

I tipi di panna presenti in commercio sono 3, ma solo da uno di questi si può ottenere la panna montata.
Escludiamo fin da subito la panna da cucina; essa ha un tenore di grasso che oscilla dal 20 al 25%, NON MONTA (in seguito capiremo perché) e si presenta con aspetto semisolido, conseguentemente alla formazione del gel caseinico che intrappola i globuli di grasso. A volte, dopo pochi mesi di conservazione, si nota una certa separazione della parte solida da quella liquida che viene reintegrata mescolando il composto.
Anche la panna da caffetteria non è in grado di schiumare; ha un contenuto di lipidi troppo simile al latte, quindi insufficiente (generalmente sul 12%), e se ha subìto il trattamento UHT risulta molto stabile e conservabile a lungo.
Giungiamo infine alla panna da montare, cioè l'unica dalla quale è possibile ricavare la panna montata. Questa ha un apporto di grassi che mediamente si attesta sul 35%, ovvero l'apporto necessario a farle raggiungere fino al 300% del volume iniziale. Nel caso in cui si reperiscano prodotti analoghi ma con percentuali lipidiche inferiori (< del 30%), esse risulteranno decisamente meno stabili; al contrario, con dosi elevate di grassi (fino al 47%), queste saranno particolarmente difficili da montare.

Se il processo non viene effettuato in maniera tecnicamente ineccepibile (sbagliando il tempo, la velocità, il tipo di frusta ecc.), aumenta significativamente il rischio di ottenere l'effetto OPPOSTO allo schiumaggio, ovvero la burrificazione. In sintesi, montando eccessivamente la panna (troppo energicamente o per un tempo eccessivo), si manifesta la separazione delle proteine dai globuli di grasso; questi ultimi, in assenza del rivestimento peptidico, si aggregano (coalescenza) dando vita ad una massa grassa solida che si separa dal siero residuo; quest'ultima, una volta concentrata, prende il nome di burro.

Altri fattori limitanti lo schiumaggio della panna montata sono l'omogeneizzazione, il trattamento termico col calore e l'acidificazione; mentre il primo genera una riduzione del volume e la conseguente dispersione dei globuli di grasso (che perdono la capacità di interagire con le proteine), il secondo e il terzo provocano la denaturazione chimico-fisica dei peptidi compromettendone la capacità emulsionante.

Nonostante la panna da cucina e la panna da montare abbiano una composizione chimica abbastanza simile, la prima NON è in grado di schiumare. Questa caratteristica è dovuta al processo fisico che subisce in fase di lavorazione industriale: l'UHT.
La panna che subisce il trattamento UHT viene esposta ad un aumento pressorio eccessivo, che favorisce la deposizione delle micelle caseiniche nell'interfaccia; in tal caso, al momento del raffreddamento, esse interagiscono vicendevolmente formando un gel piuttosto solido. Tale fenomeno, assolutamente INADATTO alla lavorazione della panna da montare, è invece finalizzato alla stabilizzazione della suddetta "crema da cucina".

Trattandosi un prodotto schiumato, i valori nutrizionali della panna montata corrispondono a circa 1/3 di quelli della "Panna o crema di latte" LIQUIDA, poiché al termine della lavorazione QUEST'ULTIMA raggiunge un volume pari al triplo del liquido originale (2/3 del quale sono costituiti da gas atmosferici).
La panna montata è un derivato del latte ad alto contenuto di grassi, pertanto altamente energetico; anche se in tabella non sono disponibili i valori del colesterolo e la ripartizione degli acidi grassi, è verosimile ipotizzare che la panna montata abbondi sia di acidi grassi saturi, sia di colesterolo. Tutti questi aspetti fanno della panna montata un alimento inadatto alla terapia dimagrante, soprattutto per chi soffre di ipercolesterolemia.
La panna montata contiene pochi grammi di lattosio (carboidrati), peculiarità che la rende inadatta anche all'alimentazione degli intolleranti a questo glucide.
Eccezione fatta per l'ottima concentrazione di vit. A, la panna montata non apporta notevoli quantità di vitamine e/o di sali minerali.
Per tutte queste caratteristiche, la panna montata è un alimento da consumare in maniera infrequente e con porzioni decisamente limitate.



Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

IL CAPPUCCINO



Il cappuccino è una bevanda di origine italiana composta da caffè espresso e latte montato a schiuma.

In Italia, il Paese dove è più diffuso, viene consumato tradizionalmente nel corso della mattina, a colazione o dopo, mai durante i pasti.

Il nome si riferiva alla somiglianza con l'abito marrone dei cappuccini. Pare che l'idea del cappuccino venne da una preparazione viennese detta "Kapuziner", a base di caffè, panna montata e spezie, attestata dalla fine del XVIII secolo, poi adattata nei territori di Trieste e negli altri possedimenti italiani austroungarici. La diffusione del cappuccino italiano risale comunque agli anni trenta del Novecento.

Le macchine espresso necessarie per ottenere il caratteristico effetto del cappuccino si diffusero soltanto a partire dai primi anni del XX secolo, con il primo brevetto rilasciato a Luigi Bezzera nel 1901.

Solitamente viene bevuto zuccherato, spesso accompagnato da cornetti (croissant) o altri prodotti da forno o di pasticceria. Il cappuccino di solito è composto da circa 125 ml di latte e 25 ml di caffè. La schiuma (o, meglio, crema) dev'essere di bell'aspetto e in quantità abbondante. Talvolta, per completare, si aggiunge una spolverata di cacao o di cannella in polvere.

Esistono molte varianti nel mondo. In Italia le principali varianti sono cappuccino scuro e cappuccino chiaro. Ultimamente ad accrescere l'estetica del cappuccino ci sono le moderne tecniche dell'art coffee o latte art, con le quali è possibile decorarlo tramite disegni fatti con il bricchetto del latte o strumenti manuali.

Il segreto di un cappuccino preparato a regola d’arte sta in un espresso eccellente, cui si aggiunge una crema impeccabile. Per ottenere una montatura di latte perfetta, è necessario soddisfare alcuni criteri, iniziando da un po’ di esercizio e, soprattutto, da molta pazienza.
La scelta del latte rappresenta il requisito fondamentale di una schiuma perfetta. Sono due gli aspetti decisivi: gusto e attitudine alla cremosità. Maggiore è il contenuto di grassi, più intenso sarà il gusto. Inoltre, il latte deve possedere un’eccellente attitudine alla cremosità, data dalle proteine, che se scaldate coagulano e si addensano, aumentando così il loro legame con l’acqua. Quindi: più elevato è il contenuto di proteine, migliore sarà la schiuma. Il latte a lunga conservazione possiede la stessa attitudine alla cremosità del latte fresco, tuttavia perde gusto per via dell’elevata temperatura cui è sottoposto. Pertanto, è preferibile orientarsi sul latte fresco intero con il 3,5% di grassi.
Il buon funzionamento della lancia del vapore è un’altra condizione essenziale per la preparazione di una buona crema di latte. Vi contribuiscono la resa della pressione del vapore, l’intensità dello stesso, l’omogeneità del vapore in uscita e l’angolo di spruzzo del vapore. La grandezza del bricco e la resa del vapore devono essere assolutamente compatibili e la forza del vapore deve essere tale da creare una sorta di vortice in tutto il latte contenuto nel bricco. Per sbizzarrirsi con la LatteArt, è necessario che il bricco sia dotato di un beccuccio di uscita sul bordo; un bricco provvisto di bordo ampio rende quasi impossibile la realizzazione di diversi motivi artistici con la crema.



Il latte dovrebbe essere utilizzato alla temperatura del frigorifero. Si inizia con lo spruzzare l’acqua di condensa con un getto di vapore dalla lancia. Nella prima fase di creazione della schiuma di latte, l’aria è soffiata nel latte freddo attraverso il beccuccio della lancia di vapore. La lancia del vapore è immersa qualche millimetro nel latte e poi aperta completamente: in questo modo, il volume del latte aumenta, mentre inizia a formarsi la prima schiuma, non ancora completa. Il beccuccio della lancia di vapore non deve essere troppo immerso nel latte, ma nemmeno troppo poco. Ogni volta che esso viene immerso nel bricco, la schiuma aumenta, mentre la temperatura del latte corrisponde a circa 35°C.
Nella seconda fase, il bricco viene ruotato, mantenendo amalgamata la schiuma con il latte, che deve potersi infiltrare completamente. L’angolo di uscita del vapore deve oscillare tra i 45° e i 60°, per mantenere tutto il latte in movimento mentre monta la schiuma. In questo momento, la corretta temperatura del latte si aggira sui 62°C. Conclusa la procedura di creazione della schiuma, il latte residuo depositatosi nella leva del vapore si elimina con un piccolo getto e la lancia del vapore deve essere pulita con un panno utilizzato solo per questo scopo.
Versare in modo corretto il latte conclude e corona l’abilità di LatteArt. Si dispone lentamente il bricco all’altezza del bordo della tazzina e si inclina delicatamente, in modo che una prima quantità di latte si adagi sotto la crema dell’espresso. Questa prima porzione di schiuma dipende dal motivo artistico che si desidera creare, la quantità che si versa successivamente necessita molta calma. Se la schiuma di latte non è molto compatta, la crema del caffè emerge molto bene. Se si scuote il bricco con movimenti orizzontali leggeri e rapidi, si realizza ad esempio il motivo della foglia e, con una scossa finale verticale, si crea lo stelo. Con un po’ di esercizio e d’abitudine, si arriva a padroneggiare quest’arte e a versare la schiuma rapidamente e con destrezza.


Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

venerdì 20 novembre 2015

I DADI DA CUCINA



Poco prima del 1850 il barone von Liebig, studioso e ricercatore nel campo della trasformazione e conservazione alimentare, creò un estratto di carne che poteva conservarsi a lungo e dava sapore a brodi e minestre. Si vendeva in vasetti di vetro. Nel 1880 lo svizzero Julius Maggi, mise a punto un altro tipo di concentrato, a base di cereali, semi oleosi ed estratto di carne, da commercializzare in cubetti .

L'uso comune del dado da cucina si afferma in Italia attorno agli anni venti del secolo scorso. Oggi è considerato un elemento di scarsa qualità organolettica, è usato nella cucina industriale grazie al suo basso costo e nella pratica casalinga per insaporire velocemente i piatti.

I principali ingredienti del dado da cucina che troviamo in commercio sono il sale, in quantità variabile ma si arriva anche a circa il 60% del totale e il glutammato monosodico, tra il 10 e il 15%. Per il resto gli ingredienti dipendono dal tipo di dado: verdure se si tratta di quello vegetariano, verdure ed estratti di carne per quello cosiddetto classico, e poi funghi, pesce, soia ecc, ecc. Immancabili sono grassi animali o vegetali, aromi e conservanti e l'estratto di lievito.

Il dado è onnipresente nelle cucine italiane, soprattutto perché occupa poco spazio, si mantiene a lungo ed è rapido e facilissimo da usare. C’è chi lo utilizza per preparare gustosi piatti a base di brodo e chi lo sfrutta per insaporire pietanze di ogni genere.

La vita moderna è molto frenetica. Quando arriva il momento di mettersi ai fornelli, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo, tante persone finiscono per ricorrere a “trucchetti” per velocizzare la preparazione dei piatti. Uno di questi “trucchi” è il dado da cucina, un concentrato di gusto e sapidità che ci aiuta a rendere le pietanze più gustose e a preparare il brodo in pochi minuti.
Il dado da cucina contiene Glutammato monosodico, un esaltatore di sapidità da tempo sotto la lente d’ingrandimento degli studiosi. Questa sostanza è stata già bandita, per la sua pericolosità, dagli alimenti per l’infanzia, ma sembrerebbe non essere totalmente innocua neanche negli adulti. Alcuni studi, non del tutto confermati ed accettati dalla comunità scientifica, indicano il Glutammato monosodico come responsabile di effetti collaterali come nausea, vomito ed emicrania, collegati alla cosiddetta “Sindrome da ristorante cinese” (chiamata così perché i sintomi sono simili a quelli che insorgono dopo aver consumato del cibo cinese cattivo).



Il dado da cucina contiene ingredienti estratti chimicamente da scarti animali e vegetali. Vi basterà leggere l’etichetta per accorgervi della presenza di ingredienti dai nomi sconosciuti ed impronunciabili, proprio perché si tratta di sostanze chimiche e quasi mai naturali.
Il dado da cucina non è affatto leggero, come continuano ripeterci le pubblicità trasmesse in Tv. Si tratta, infatti, di un alimento molto grasso. Come potete verificare dall’etichetta del dado, il secondo ingrediente per quantità presente al suo interno è indicato con la dicitura “Grassi ed Oli vegetali”.
Un’altra problematica collegata ai dadi da cucina è l’enorme quantità di Sale che questi prodotti contengono.

L’uso del dado per insaporire brodo, arrosti e pesce è una tecnica molto diffusa, specialmente nella cucina di una volta, ma altrettanto discutibile. Infatti, il principio su cui si basa l’uso del dado è quello di aggiungere sapore a un piatto che, altrimenti, risulterebbe poco appetibile: per esempio, è diffusa la pratica culinaria di impiegare il dado per cucinare la carne dell’arrosto poco saporita (di seconda scelta) oppure come surrogato della carne nella preparazione del brodo o per mascherare l’uso di ingredienti di bassa qualità (le verdure aggiunte al brodo che apportano poco sapore perché non fresche e prive di profumo). Si tratta quindi di una tecnica paragonabile al trucco dell’aggiunta di coloranti ai classici prodotti industriali (yogurt, piatti pronti ecc.). Il dado, infatti, non sostituisce, come molti pensano, la carne, in quanto la presenza di estratto di carne è veramente limitata, come risulta anche dalla percentuale di proteine contenute che è intorno al 15%. Il dado, quindi, aggiunge sapore semplicemente perché è costituito in larghissima parte da sale (cloruro di sodio oppure altri sali, come il glutammato monosodico). L’uso del dado per insaporire i piatti (alcuni suggeriscono di aggiungerlo addirittura nell’acqua di cottura della pasta!) è quindi solo un espediente e si riduce all’aggiunta, spesso inconsapevole, di sale; infatti, frequentemente il sale è addirittura al primo posto degli ingredienti. Inoltre, anche per i dadi per brodo che contengono estratto di carne (in percentuali spesso attorno all’1%), va ricordato che, secondo la legislazione italiana, si possono usare tutte le parti del bovino, compresi gli zoccoli.





Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

TROPPO SALE



Consumiamo troppo sale (circa 10 gr al giorno, contro i 4-5 gr raccomandati), in genere senza nemmeno rendercene conto, dato che nell’industria alimentare si esagera regolarmente con questa sostanza nella preparazione dei prodotti. Questo consumo eccessivo è pericoloso per la salute, ma anche per la linea.
Il sale, (ossia il cloruro di sodio), è necessario al funzionamento dell'organismo. In particolare, è grazie all’equilibrio potassio/sodio che si realizza l'equilibrio idrico del corpo. Se non si consuma sale a sufficienza, si può andare incontro alla disidratazione. D'altronde, il sale è essenziale per il piacere gustativo, poiché serve a valorizzare il sapore degli alimenti. Senza sale i piatti sembrano insipidi.
Assumere troppo sale (più di 4-5 gr al giorno) è nocivo per la salute: fa male allo stomaco, aumenta le quantità di calcio nei reni e, soprattutto, aumenta il rischio di ipertensione arteriosa, è fonte di malattie cardiache e cerebrali. Il consumo eccessivo di sale favorisce anche la ritenzione idrica e la formazione di edemi. Infine, il sale stimola l'appetito: più una pietanza è salata, più si ha voglia di continuare a mangiarne. Il sale può essere, quindi, anche se indirettamente, responsabile dell’aumento di peso.

Si può dire che l'abuso di sale non è causato dalla presenza costante della saliera sulle nostre tavole, ma piuttosto dalle quantità di sale presenti negli alimenti. I tre quarti del cloruro di sodio che ingeriamo, infatti, derivano da prodotti salati durante la loro preparazione artigianale o industriale: pane e prodotti di panetteria, salumi, formaggi, piatti pronti, pizze, torte salate, minestre in scatola, sandwich, cereali e anche succhi di frutta, bibite, latticini zuccherati, biscotti…

Consumare meno sale è necessario se si vuole preservare la propria salute. Per farlo, basta cambiare le proprie abitudini e, soprattutto, resistere anche se l'alimentazione sembra insipida. Dopo 3-4 settimane circa, le papille gustative diventeranno più sensibili al sapore salato e si accontenteranno di meno sale.

Togli la saliera della tavola. Spesso aggiungiamo altro sale sui piatti dopo aver assaggiato! È meglio salare in cucina: metti solo il sale necessario. Evita di usare il sale grosso, i cui cristalli ingombranti favoriscono il sovra-consumo. È meglio optare per i “sali falsi”, dei miscugli di sale e di spezie, a volte arricchiti in vitamine, minerali.
Attenzione all’abuso di salumi, formaggi, conserve, piatti pronti. Vacci piano con l’acqua minerale.

Evita i piatti che contengono più di 1gr di sale per porzione. Spesso, il tasso di sale è indicato sull’etichetta o, in caso contrario, è calcolabile moltiplicando per 2,5 quello di sodio.

Per la maggior parte, il sale può essere sostituito da condimenti, aromi e spezie che hanno il potere di aumentare il gusto degli alimenti.

Mangia molta frutta e verdura. La loro ricchezza di potassio neutralizza, in parte, gli effetti nocivi del sodio.

L'assunzione giornaliera di piccole quantità di sale, non è del tutto da demonizzare. Se assunto in quantità modeste, il sale da cucina sembrerebbe essere un valido aiuto per tenere bassi i livelli di colesterolo cattivo nel sangue.



Un eccessivo consumo di sale può aumentare il rischio di ipertensione ovvero di pressione alta. Nei soggetti che già soffrono di pressione alta, il consumo di sale deve essere il più basso possibile perché aumenta in maniera significativa i sintomi ed i problemi legati all'ipertensione.

Non esiste un vero e proprio sale per ipertesi, è però consigliabile utilizzare sempre quello marino iodato o integrale. Quasi tutti i medici consigliano ai soggetti ipertesi di seguire un regime alimentare controllato, prescritto da un dietologo, che consenta loro di poter ridurre il sale nella dieta ed evitare un peggioramento delle proprie condizioni di salute.

Secondo uno studio che ha coinvolto gli atenei americani di Yale e di Harvard, il Massachusetts Institute of Technology (Mit) insieme alle università tedesche di Erlangen e Berlino, condire con troppo sale le pietanze può portare allo sviluppo di malattie autoimmuni. Secondo gli esperti, il cloruro di sodio porta ad una conseguente produzione di particolari cellule immunitarie, dette TH17, che favoriscono l'infiammazione e risultano esser coinvolte nello sviluppo di malattie autoimmuni. I test sono stati effettuati sia nei topi che nell’uomo e i risultati sono pressoché identici. Si tratta dei primi studi che legano il costante l’aumento delle patologie autoimmuni nel mondo occidentale ad una precisa causa. Da anni gli scienziati erano a conoscenza del fatto che, un abuso di cloruro di sodio nell'alimentazione, potesse provocare un accumulo della sostanza nei tessuti, determinante per influenzare il lavoro dei macrofagi, le cellule che hanno un ruolo molto importante nelle risposte immunitarie dell'organismo. Le malattie autoimmuni hanno una forte componente genetica ma, evidenziano i ricercatori, non vanno a questo punto trascurati i fattori ambientali. Queste patologie “non sono causate solo dai cattivi geni o dall'ambiente - ha precisato David Hafler, dell'Università di Yale - ma dalla cattiva interazione tra geni e ambiente". Il sale non è il solo fattore ambientale responsabile dello sviluppo di queste malattie. “Abbiamo un'architettura genetica - evidenzia Vijay Kuchroo, uno degli autori dello studio - cioè geni che sono stati collegati a varie forme di malattie autoimmuni e che predispongono una persona a svilupparle. Ma sospettiamo anche che fattori ambientali possano avere un ruolo. Il sale potrebbe essere l'ennesima voce della lista di fattori ambientali predisponenti, che possono promuovere lo sviluppo dell'autoimmunità”.La scoperta potrebbe avere degli importanti sviluppi anche nella cura di altre patologie, quali ad esempio la sclerosi multipla, l'artrite reumatoide, il diabete mellito, la spondilite anchilosante o la psoriasi. Per quanto riguarda quest’ultima malattia gli scienziati si sono detti interessati a stabilire prossimamente “se i pazienti con psoriasi possono ridurre i sintomi che li colpiscono diminuendo l'assunzione di sale”. Tuttavia, lo sviluppo di malattie autoimmuni è un processo molto complesso, che dipende da fattori genetici e ambientali quindi sono necessari altri accurati studi epidemiologici sull'uomo per dimostrare in che misura l'assunzione di sale contribuisce effettivamente allo sviluppo delle patologie autoimmuni”.




Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

domenica 15 novembre 2015

LO ZUCCHERO FILATO



Gli inventori della macchina per lo zucchero filato sono il dentista William Morrison e il pasticciere John C. Wharton, originari di Nashville in Tennessee, che inventarono la macchina per produrlo nel 1897. Questo prodotto dolciario viene però scoperto dal grande pubblico nel 1904 alla Fiera mondiale di St. Louis (Missouri, USA) quando fu presentato dagli stessi inventori con il nome di fairy floss (lana di fata); ebbe un enorme successo e furono vendute 68.655 confezioni al prezzo di 0,25 dollari la confezione, prezzo non irrisorio al tempo.

In Italia lo zucchero filato fa la sua prima comparsa nel 1906 a Udine con il Circo di Buffalo Bill. Anche se oggigiorno sta un po' perdendo popolarità, lo zucchero filato si è diffuso in tutto il mondo e tradizionalmente lo si associa a eventi di festa quali luna park, circo, fiere, feste di paese e in generale all'infanzia. Normalmente è affiancato dalla macchina dei pop corn. Nei Paesi Arabi e in alcuni Paesi del Centro America lo si vende preconfezionato e i bastoncini in genere sono inseriti all'interno di un lungo cilindro in modo da formare un "Albero dello zucchero". Dagli Stati Uniti è giunta recentemente anche la moda di porlo in confezioni di plastica vendute nei centri commerciali mentre in Germania si inserisce in buste dove spesso sono inseriti fiocchi di vario colore e gusto. In Italia si è più tradizionalisti e va soprattutto quello semplice senza coloranti. Si avvolge o in bastoncini di legno o in coni di carta. Lo zucchero filato è uno di quei prodotti che risultano commercialmente validi solo se venduti in strada, stranamente non riscuote successo se venduto nel contesto di un bar o di un altro genere di locale. Contrariamente a quanto si pensa non fa male perché nonostante le apparenti dimensioni contiene poco zucchero. In Italia chi si limita nella propria attività alla vendita di solo zucchero filato e pop corn è esonerato dall'emissione dello scontrino fiscale.

Lo zucchero filato è fatto con zucchero e, eventualmente, coloranti alimentari e aromi. I gusti più classici sono semplice zucchero e fragola ma ne esistono degli altri come quello alla paprika, alla banana, al cocco o alla menta.

Le macchine moderne per la produzione di zucchero filato utilizzano questo procedimento: la parte centrale della macchina consiste di un contenitore in cui viene messo lo zucchero e addizionato con gli eventuali coloranti e aromi. Una resistenza elettrica riscalda gli ingredienti fondendo lo zucchero. Lo zucchero, fuso in questo modo, sprizza fuori dal corpo centrale attraverso piccolissimi fori; entrando a contatto con l'aria più fredda si solidifica ed assume la caratteristica composizione a filetti che vengono raccolti in un recipiente metallico. A questo punto basta ruotare un piccolo stecchino lungo il recipiente metallico per raccogliere i piccoli filetti di zucchero, i quali, essendo molto appiccicosi, si attaccheranno tra loro diventando molto simili a batuffoli di ovatta o cotone. I professionisti riescono ad avvolgerlo prima che questo raggiunga le pareti della pentola in modo da renderlo più voluminoso e aerato.



Lo zucchero risente molto del grado di umidità dell'aria per cui un clima secco favorirà la delicatezza del prodotto. Le prime macchine facevano roteare la parte centrale tramite una manovella e la riscaldavano con una fiammella data da uno stantuffo immerso precedentemente nell'alcol. Successivamente l'alcol è stato sostituito dalla bombola del gas e dalla resistenza elettrica mentre la rotazione della parte centrale avviene o elettricamente o tramite una batteria. Esistono inoltre macchine per la produzione automatica.

Bastano pochi ingredienti per dare vita, direttamente in casa e senza l’ausilio di alcun macchinario specifico, ad uno dei dolciumi più gustosi e ambiti dai bambini.

Ciò che è importante sapere, prima di mettersi all’opera, per una buona riuscita del nostro zucchero filato è la temperatura giusta di cottura dello zucchero stesso, onde evitare di farlo diventare caramello (sempre buono ma non adatto al nostro scopo): non suparate dunque la temperatura di 145C° (munirsi, per l’occasione, di un apposito termometro). Anche lo strumento utilizzato è importante: meglio avere a disposizione un’apposita frusta oppure, in alternativa, utilizzare due forchette. Per rendere la nostra frusta consona al compito che andremo a svolgere, acquistiamone una economica e tagliamo i vari fili di metallo prima della curvatura. In questo modo, accelereremo di gran lunga anche la realizzazione dei nostri bastoncini di zucchero filato.

Tra gli altri occorrenti, ovviamente i classici bastoncini in legno (anche quelli per gli spiedini vanno benissimo) o in plastica e i pochissimi ingredienti: zucchero (250 gr) e acqua (200 ml).

Dopo aver fatto intiepidire in un pentolino l’acqua, versiamo lo zucchero al fine di farlo sciogliere.
Durante questa operazione, è importante tenere le pareti del pentolino pulite, quindi, semmai dovessero iniziare a formarsi dei cristalli, spennellate con acqua fredda le pareti.
Una volta raggiunta la temperatura di 145C°, spegniamo il fornello ed immergiamo la base del pentolino in acqua fredda per arrestarne velocemente l’ulteriore cottura.
Il nostro ripiano di lavoro, perfettamente ripulito prima di esserci messi all’opera, andrà ricoperto da carta da forno.
A questo punto, dotiamoci di matterello in legno tenendolo in una mano sopra il nostro piano di lavoro, mentre con l’altra, immergiamo la nostra frusta nello sciroppo realizzato e passiamola velocemente avanti e indietro sul matterello: vedremo come si formeranno dei sottili fili di zucchero.
Di tanto in tanto, delicatamente prendiamo questi fili di zucchero depositati sul matterello e mettiamoli da parte.
Dopo aver realizzato un bel mucchietto di zucchero filato, diamo con le mani la forma desiderata e cerchiamo di inserire all’interno il nostro bastoncino in legno.





Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

giovedì 12 novembre 2015

IL SALAME D'OCA



Nato nel Quattrocento, la sua popolarità è stata raggiunta solo all'inizio del XX secolo.
Il motivo della sua origine è da ricercare nel divieto ebraico di consumare carni suine, sebbene oggi nel suo impasto si preveda anche l'impiego di una parte di carni di maiale. Nella produzione del "Salame d'oca di Mortara" le materie prime sono costituite dalle parti magre dell'oca per il 30/35 %, dalle parti magre del suino, quali coppa del collo e/o spalla e/o altre parti magre per il 30/35 % e dalle parti grasse del suino, quali pancetta e/o guanciale, per il restante 30/35 %.

In Lomellina l’allevamento dell’oca ha tradizioni antichissime. In questa zona, da sempre, vi é abbondanza di acquitrini e ristagni d’acqua, nonché di vaste distese di terreno non coltivato; le oche, infatti, cibandosi di sterpaglie, foraggi verdi e granaglie, non hanno bisogno di essere allevate in modo intensivo, ma possono vivere allo stato brado. Proprio per questo la Lomellina si presta ad accogliere numerosi allevamenti di oche. In questa zona si é consolidata la tradizionale produzione del Salame d’oca di Mortara grazie alla capacità degli operatori locali che hanno messo a punto peculiari tecniche di preparazione e stagionatura del prodotto in questione.
Pertanto il fattore ambientale e le capacità tecniche degli operatori locali rimangono elementi fondamentali e insostituibili.

Le oche negli ultimi 3 mesi sono alimentate esclusivamente con foraggi verdi e granaglie. L'animale macellato deve avere un peso medio non inferiore a 4 chilogrammi mentre, la carne di suino proviene da animali nati, allevati e macellati nell'ambito dei territori delle regioni Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Veneto, Umbria, ottenuta secondo le modalità previste dai disciplinari del Prosciutto di Parma DOP e/o San Daniele DOP.



La sua elaborazione è del tutto simile agli altri tipi di salame: trito di carni di oca e di maiale, impastate con sale, pepe ed aromi di varia natura. Il composto viene poi avvolto nella pelle di oca, cucito e legato, ben coperto da un panno. Dopo un'asciugatura di qualche giorno, viene poi cotto in acqua calda, non bollente, dopo averlo punzecchiato. Una volta pronto viene fatto raffreddare.
Il colore della fetta indica la natura delle carni: al bianco del grasso, fanno da contrasto il rosso scuro delle carni di oca e il rosato delle carni di maiale. Il consumo avviene da freddo, oppure caldo, con purea di patate o verdure.





Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

martedì 10 novembre 2015

UOMO IN PADELLA



I primi abitatori dell’ Europa erano una banda di cannibali, che prediligevano un'alimentazione a base di carne di bambino.
Tale tesi ha ricevuto un’ennesima conferma dal ritrovamento di Atapuerca, località vicino a Burgos, in Spagna.
Lì in una grotta (la Gran Dolina) tra le montagne, nel 1994 vennero scoperti i primi resti dell’ Homo antecessor, un ominide che visse circa 800.000 anni fa.
Più recentemente, Gran Dolina ha restituito le ossa di 11 soggetti, in maggioranza bambini dai 3 ai 12 anni: su tutti, segni di coltelli, pietre affilate o smembramento, che indicano consumo da parte dell’ uomo.
Tali spoglie sono considerate particolarmente importanti perché “Studiando questi ultimi reperti possiamo dire con certezza che l’Homo antecessor praticò a lungo il cannibalismo” come afferma Eudald Carbonell, direttore degli scavi.
Gli scienziati ritengono che gli antichi spagnoli di Atapuerca mangiassero gli stranieri, non i membri della loro società: “Molto probabilmente si trattava più di un rituale culturale che di una reale necessità alimentare”, afferma il dottor Carbonell.
Vicino ad Atapuerca si trova la “Sima de los Huesos”, sito con 5000 resti fossili tra i quali 30 appartenuti ad individui preneandertaliani: tra le loro ossa, un cranio (in eccezionali condizioni di conservazione) su cui i ricercatori non hanno finito i loro rilevamenti.
I 30 fossili preneandertaliani sono considerati in modo particolare “Poiché questi resti sono tra i più antichi tra i nostri progenitori europei possiamo affermare che siamo discendenti di cannibali” sottolinea Carbonell.
In ogni caso non è la prima volta che gli studiosi trovano tracce di cannibalismo nella preistoria umana: già altri reperti avevano posto l’ interrogativo di quanto fosse presente la consumazione del cibo proibito, la carne umana, nella storia.
Un famoso caso di cannibalismo tra ominidi riguarda Lucy, l’Australopitecus africano scoperto nel 1974 e risalente a più di 3000 anni fa.
Gli studi compiuti su un cranio hanno rivelato tracce di taglio, effettuate con uno strumento artificiale (quasi certamente una pietra appuntita).
Dato che in quell’ epoca i nostri progenitori non usavano pelli di animali come vestiti, l’unica ragione dietro a tale operazione era di tipo alimentare: il soggetto fu scuoiato affinché la sua pelle potesse essere usata come cibo.
In Etiopia fu rinvenuto un altro cranio, questa volta risalente a circa 450.000 anni fa: anche questo presentava tracce di scarnificazione, con le sue parti commestibili cotte sul fuoco (di cui sono state trovate le testimonianze).
Ma indagare sul cannibalismo nella preistoria non è sempre facile: si cercano incisioni di oggetti, fratture nelle ossa (per estrarre il midollo) o segni di bruciature (tentativi dei cuochi per rendere più malleabile la carne delle vittime).
Il segno più importante della presenza di cannibalismo consueto viene dalla presenza di un fuoco o altra “area cottura), simbolo del’ esistenza di una comunità.
A volte però, la difficoltà d’ interpretazione dei reperti, i limiti della scienza o gli errori degli esaminatori possono condurre fuori strada.
E’ il caso del cranio, vecchio di 60.000 anni, ritrovato 60 anni fa circa nella Grotta Guattari, nel Circeo, e ritenuto a lungo testimonianza di cannibalismo. Grazie all’ uso del microscopio elettronico, si è potuto verificare come le incisioni sull’ osso fossero state prodotte da denti di iena e non da primitivi utensili da cucina.



Sta ancora intrigando e facendo inorridire la vicenda dell'uomo accusato di cannibalismo. Armin Meiweis, anni fa, aveva conosciuto la vittima, l'ingegnere berlinese Bernd-Juergen Brandes di 43 anni, con un annuncio su Internet nel quale cercava candidati disposti a farsi macellare. In una soffitta predisposta per il macello della sua villa abbandonata nell'Assia dell'est si compie il delitto. Dopo che l'ospite aveva ingerito 20 tranquillanti e bevuto una bottiglia di alcool, il carnefice gli taglia il pene e assieme a lui se lo mangia. Dieci ore dopo, di notte, dopo che la vittima perde coscienza per la forte perdita di sangue, gli taglia la gola e lo fa a pezzi. Divora una ventina di chilogrammi di carne.

Il macabro delitto è stato interamente documentato con un video di quattro ore, realizzato dallo stesso cannibale. Davanti alle telecamere, Meiwes ha raccontato dal carcere minuziosamente e con apparente tranquillità la sua storia: «La carne umana ha lo stesso sapore di quella di maiale, è solo leggermente più amara, più sostanziosa. E' davvero buona». Armin Meiwes, che attualmente sconta l'ergastolo nella prigione di Kassel e lavora nella lavanderia della struttura ha raccontato nei minimi particolari anche il momento del pasto ad un giornalista: «Ho arrostito leggermente la carne e l'ho salata. Il primo assaggio è naturalmente qualcosa di strano, un'emozione indefinibile».
Non ha neppure rimorsi per il crudele gesto: «È una bella sensazione sapere che Brandes è diventato una parte di me». Parla anche della sua infanzia Meiwes: «Mia madre mi leggeva le favole. Vorrei Hänsel e Gretel. Interessante era vedere, quando nella storia il piccolo Hänsel doveva essere divorato. Non immaginate neppure quanti Hänsel si aggirano in Rete». Solo in Germania, secondo i media tedeschi, ci sarebbero oltre 10mila tra cannibali e potenziali vittime che cercano di mettersi in contatto tra loro online e oltre 1 milione nel mondo alla ricerca di persone che vogliono vivere esperienze simili. Armin Meiwes aveva contattato con più di 400 uomini. «Mentre divoravo Brandes - ha detto - non sapevo se pregare Dio o il diavolo, ho chiesto infine perdono a Dio. Recitavo le preghiere mentre sotterravo i resti in giardino».

Il cannibalismo umano avviene generalmente per le seguenti ragioni:

In funzione di un'usanza culturale (cannibalismo rituale).
Per necessità in casi di carestia estrema.
Nel contesto di alcuni disturbi mentali.
Si distinguono due differenti tipologie di comportamento cannibale: l'"endocannibalismo", che consiste nel mangiare membri della propria comunità, e l'"esocannibalismo", che consiste invece nel mangiare membri di un'altra comunità.

In antropologia, generalmente, si parla di cannibalismo come atto rituale all'interno di culture primitive, mentre l'antropofagia designa semplicemente l'atto di mangiare carne umana.

I termini cannibali e cannibalismo derivano dalla parola canniba, riportata per primo da Cristoforo Colombo, con cui gli amerindi delle Piccole Antille designavano certe popolazioni dedite all'antropofagia. Con questo termine Arawak vennero identificate le popolazioni, dedite ad antropofagia culturale, dei Cannibi o Caribi, da cui deriva il termine Caraibi, che divennero gli antropofagi per antonomasia.



Per il cannibalismo rituale esistono reperti archeologici di ossa umane variamente manomesse che sembrano attestarlo, anche se non ci sono documenti che spieghino veramente le ragioni delle manomissioni. Per questo l'antropologo William Arens ha negato l'esistenza del cannibalismo, definendolo mito, del quale mancano prove materiali concrete oppure le presunte prove sarebbero frutto di cattiva e frettolosa interpretazione, sia da parte degli antropologi che non hanno mantenuto standard e rigore scientifico, sia degli antropologi-archeologi, frettolosi nell'assegnare le cause delle alterazioni ossee. Esso resta infatti uno dei grandi tabù del pensiero umano occidentale, più dell'incesto, e può affiorare come atto materiale in situazioni di gravi psicopatologie. È, per lo stesso motivo, un usato mezzo di propaganda per screditare nemici ed avversari. Arens nel suo libro ricorda che furono accusati di cannibalismo i cristiani da parte degli ebrei, gli irlandesi dagli inglesi, i francesi dai tedeschi e viceversa, spesso i popoli etichettati come "incivili" da altri che si considerano "civili".

Essendo oggigiorno l'accusa di cannibalismo un'accusa infamante, il dibattito sulla esistenza di società con pratiche cannibali è viziato in parte dal bisogno di fornire localmente interpretazioni politicamente corrette della propria cultura e più in generale dall'esigenza di alcuni studiosi e istituti di ricerca di non offendere i presunti discendenti di queste popolazioni. Per esempio i reperti archeologici degli indiani Anasazi sono stati risepolti, con un'apposita cerimonia ufficiata da capi religiosi degli indiani Pueblo. Viceversa nella cultura europea l'ipotesi di un cannibalismo da parte dei neandertaliani europei non suscita particolari emozioni.

Tuttavia il cannibalismo è esistito ed esiste e si può distinguere in tre categorie:

Cannibalismo alimentare: quello effettuato per necessità alimentari. Di fatto avviene solo in casi di necessità estrema.
Cannibalismo rituale: è stato diffuso in passato e viene praticato tutt'oggi. Consiste nel mangiare parti simboliche del corpo umano a scopo magico o religioso.
Pseudo-cannibalismo: ovvero pratiche non cannibali, o non necessariamente cannibali, connesse al culto dei morti che possono lasciare tracce affini a quelle di una macellazione. Ad esempio la scarnificazione dei corpi dei defunti.

Il cannibalismo è stato presente in varie culture, anche molto distanti fra loro. Può quindi assumere significati diversi, sebbene tipicamente riguardi la trasmissione di virtù dal morto ai vivi o l'esorcizzazione dello spirito del morto. Si ritiene che sia presente sin dai primordi della storia umana ed è stato praticato fino all'epoca contemporanea.

Sono stati trovati resti che fanno supporre atti di cannibalismo presso siti abitati dall'Homo neanderthalensis. Si tratta di ossa umane con segni di macellazione trovate in numerose località europee, Italia (Uomo di Saccopastore), Croazia e Francia (grotta di Muola-Guercy). Secondo l'antropologo Tim White alcuni di questi ritrovamenti, assieme ad altri tra cui in siti di Homo Sapiens arcaici, indicano che la pratica di cannibalismo fosse comune prima del paleolitico superiore.

L'analisi di reperti scoperti in siti archeologici abitati tra il 1150 e il 1200 dagli indiani Anasazi, in America, confermerebbero l'esistenza di cannibalismo presso questo popolo. Le prime indicazioni di ritrovamenti di testimonianze cannibali venne divulgata nel 1967 ad opera del bioarcheologo Christy G. Turner, ma prove più concrete furono fornite dopo esami biologici al microscopio elettronico, condotti negli anni novanta. Da tali esami risulta che le ossa furono bollite in pentole, ed in un recipiente di cottura vennero ritrovate tracce di mioglobina umana, una emoproteina presente nei muscoli.

Sin dalla scoperta dell'America è stata prodotta una vasta, ed in parte controversa, letteratura sulle pratiche cannibali di numerose popolazioni dell'America Meridionale, principalmente in Brasile. D'altra parte non solo i conquistadores spagnoli e i missionari cristiani, ma anche il famoso pirata francese Francesco L'Olonese morì per mano di indigeni cannibali, nel 1671.

A metà degli anni ottanta l'antropologa Beth Conklin visse due anni nella foresta pluviale brasiliana, in un villaggio degli indigeni Wari, che costituivano una piccola popolazione di circa 1500 persone viventi nella foresta amazzonica occidentale brasiliana. Nella relazione che l'antropologa scrisse, riferì di aver assistito a riti mortuari con pratiche cannibali.

Il cannibalismo tra gli aborigeni australiani è stato documentato in relazione ad alcuni riti funebri, in cui i parenti mangiano parti del corpo del defunto in segno di rispetto e di onore. Gli studi sul cannibalismo degli aborigeni hanno tuttavia generato polemiche tra i moderni discendenti degli aborigeni stessi. Tra gli aborigeni warlpiri l'uccidere uomini allo scopo di divorarli è considerato ripugnante ed attribuiscono questo comportamento solo a mostri, demoni e, occasionalmente, a tribù rivali. In Nuova Zelanda i Maori usavano nutrirsi dei prigionieri nemici.

I popoli melanesiani sono noti per aver praticato cannibalismo, fino all'inizio del XX secolo, ad esempio come segno di offesa verso la tribù nemica o per "assorbire" le qualità del defunto.

In Africa sono documentati casi di cannibalismo rituale. All'inizio dell'epoca coloniale divennero tristemente famosi come cannibali i cosiddetti Niam Niam (parola di origine dinka che significherebbe "grandi mangiatori"), che all'epoca divennero gli antropofagi per antonomasia. Il nome "Niam Niam", in uso nei testi arabi sin dal Medioevo, identificò nel tempo diversi popoli che si succedettero nel bacino del fiume Sue in Sudan (inizialmente bantu provenienti dal Congo, in seguito anche popoli sudanici come i Madi e i Barambu, e infine gli Zande), tutti noti per l'estensione e ostentazione dei loro riti cannibaleschi, nonché per le azioni bellicose atte a perpetrare tali riti. Fra i casi più noti di cannibalismo c'è quello della setta segreta degli uomini leopardo che tra il XIX e la prima metà del XX secolo assassinò numerose persone in Africa occidentale, e che imponeva ai propri membri il cannibalismo per rafforzarne la fedeltà ed il senso di appartenenza. Atti di cannibalismo rituale su prigionieri di guerra sono stati documentati sia in epoca precoloniale, che durante alcuni conflitti di natura etnica dell'Africa postcoloniale, tra cui le guerre civili del Congo, e della Liberia, e i conflitti in Uganda e Ruanda.

Un fenomeno correlato è l'uso di organi umani nei rituali di alcuni guaritori, documentata in molte regioni dell'Africa subsahariana. In Tanzania, per esempio, si attribuiscono poteri magici agli organi degli albini, e la diffusione di queste credenze è tale che le autorità sigillano le tombe degli albini con il cemento per impedirne la profanazione.

La medicina tradizionale del Sudest Asiatico e della Cina attribuisce particolari proprietà curative a certe parti del corpo umano, in particolare fegato e cervello, nonché ai feti. Nella Cina medievale sono stati riportati atti di cannibalismo come atto punitivo. Il giornalista australiano Neil Davis racconta di aver assistito durante la guerra civile cambogiana a soldati cambogiani che estraevano e consumavano il fegato dei loro nemici uccisi. Davis ricorda inoltre che oltre a questo cannibalismo rituale, ci furono episodi di cannibalismo alimentare dovuti alla carestia, sebbene tali pratiche venissero punite con la morte sotto il regime dei Khmer Rossi. Un'impiegata della sezione culturale dell'ambasciata francese ai tempi del regime khmer, Denise Affonco, riferisce di aver visto sventrare vivo un prigioniero, il cui fegato fu cotto su una stufa e mangiato, mentre secondo il professore cambogiano Khem Maly Cham le cistifellee venivano vendute in Cina come medicinali.

Bovannrith Tho Nguon spiega che i Khmer Rossi riportarono in auge una forma di cannibalismo rituale che attribuiva alla cistifellea, estratta a persone ancora vive e assunta seccata e grattugiata, il potere di curare qualsiasi malattia. Egli ha visto numerosi prigionieri sventrati vivi, le cui cistifellee venivano poi seccate al sole. Rithy Panh sostiene di aver visto i Khmer Rossi sventrare due bambini per raccoglierne e berne la bile, prima di ucciderli. La pratica trova conferma anche nella testimonianza di Ung Bunhaeng, che oltre a descriverla l'ha rappresentata graficamente. Altri riferimenti al cannibalismo, talvolta vaghi, sono presenti in letteratura, ma va considerato che non tutti sono attendibili perché, secondo studi accademici, tali pratiche di magia nera furono usate dalla propaganda del regime di Lon Nol per rappresentare i Khmer Rossi come gli "yeak", gli orchi delle favole cambogiane.

È a tutt'oggi praticato dalla setta indù degli Agori, che consumano le carni dei cadaveri abbandonati sulle acque del fiume Gange nella credenza di allontanare la vecchiaia.

Durante le gravi carestie, una parte delle vittime può arrivare a nutrirsi di cadaveri nel tentativo di sopravvivere. Il fenomeno si verifica soprattutto nelle carestie improvvise e impreviste, in cui il cibo viene a mancare completamente; gli affamati sono ridotti a cibarsi di topi, rospi, erba, corteccia e foglie degli alberi. Si verificherebbero anche casi di alterazione psicologica dovuta alla fame, che possono portare ad atti criminali (si uccide per mangiare la vittima).

Tra gli ebrei, nel libro del Levitico, Yaweh stabilisce benedizioni per il popolo se seguirà la sua legge e maledizioni se la rifiuterà. Tra le conseguenze nefaste della disubbedienza è elencato anche il cannibalismo:

« E se nonostante tutto questo non mi darete ascolto ... Mangerete la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie. »   (Levitico 26:27-29)
Nella storia successiva degli israeliti, vengono poi descritti episodi in cui succede proprio questo. Durante l’assedio di Samaria, una donna chiede giustizia al re Jehoram (brano tratto dal secondo dei Libri dei Re):

« Ci fu una carestia eccezionale in Samaria, mentre l'assedio si faceva più duro ... Il re aggiunse: Che hai?. Quella rispose: Questa donna mi ha detto: Dammi tuo figlio; mangiamocelo oggi. Mio figlio ce lo mangeremo domani. Abbiamo cotto mio figlio e ce lo siamo mangiato. Il giorno dopo io le ho detto: Dammi tuo figlio; mangiamocelo, ma essa ha nascosto suo figlio. Quando udì le parole della donna, il re si stracciò le vesti. »   (2 Re 6:28-30)

Secondo alcune ricostruzioni supportate da racconti orali e ritrovamenti archeologici, le crisi ecologiche che si produssero sull'Isola di Pasqua e a Mangareva in conseguenza dell'azione diretta ed indiretta dell'uomo (deforestazione e conseguente erosione ed impoverimento del suolo, sfruttamento portato fino all'estinzione della fauna locale) ebbero come conseguenza la diffusione di conflitti e del cannibalismo a scopo alimentare.

Il cannibalismo è descritto nella carestia russa del 1921-1923, nell'Holodomor (carestia) in Ucraina del 1932-1933 il cannibalismo fu testimoniato dai sopravvissuti e poi confermato dagli archivi sovietici. All'epoca ne fu informato anche il governo italiano. Nelle suddette carestie, in cui si contarono milioni di morti, i casi di cannibalismo furono dell'ordine delle migliaia e si verificarono anche atti criminali in cui bambini vennero rapiti e uccisi allo scopo di venderne la carne, spacciandola per carne di origine animale, ai prezzi altissimi determinati dalle carenze di cibo.

Durante l'Assedio di Leningrado del 1941, da 600 000 a oltre un milione di persone morirono di freddo, stenti e fame. Il comportamento degli abitanti fu studiato da un'equipe di medici, che rilevarono come il cannibalismo fosse diventato una pratica di sopravvivenza comune senza distinzioni di classe sociale, sesso o età; gli arresti con l'accusa di cannibalismo erano circa mille al mese. Anche nel campo di concentramento di Tambov dove furono internati numerosi prigionieri italiani durante la II guerra mondiale, i sopravvissuti hanno narrato di ripetuti episodi di cannibalismo all'interno del Campo.

L'isola dei cannibali (Ostrov ljudoedov) è il nome che abitanti locali diedero all'isola di Nazino, nel cuore della Siberia, ed è il titolo del libro di Nicolas Werth che ne narra la storia, ricavata dagli archivi sovietici. Nel 1933, furono condotti esperimenti sociali di sopravvivenza, che videro migliaia di "elementi socialmente nocivi" deportati in aree completamente disabitate e prive di mezzi di sussistenza, allo scopo di identificare un metodo di colonizzazione del "Far East" sovietico. Sull'isola di Nazino, furono trasferite 13.000 persone: quasi tutte morirono d'inedia, freddo e fame, si uccisero a vicenda o furono giustiziate. Gli episodi di cannibalismo erano all'ordine del giorno.

Nel 1098, durante la pausa seguita alla conquista di Antiochia da parte di Boemondo, distaccamenti di crociati si sparsero a razziare in direzione di Tripoli del Libano. Tra le vittime delle loro incursioni vi furono gli abitanti della cittadina di Marra. Dopo la sua caduta, i crociati si diedero a violenze, razzie e, pare, ad atti di cannibalismo. Questi, furono riportati per sentito dire dal solo cronista Rodolfo di Caen nel suo «Gesta Tancredi in expeditione Hierosolymitana», dove si narra degli adulti bolliti mentre i bambini erano messi allo spiedo. L'episodio è ricordato in seguito da Amin Maalouf nel suo Le crociate viste dagli arabi (1983).





Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

LA BALENA



Hamburger impanati nel curry, bistecche al sangue e tataki. Di cosa? Di balena.

Il Giappone sembra non curarsi minimamente del veto imposto dalla corte di giustizia internazionale.

Il governo sostiene che sia per motivi meramente scientifici: la carne di balena serve alle case farmaceutiche per produrre integratori energetici. Poi se ci scappa una battuta cruda col limone che male farà!

Secondo invece i principali industriali il motivo è la fame. La caccia alle balene ci salverà dalla fame nel mondo.

La teoria è molto semplice: meno terra coltivata e più popolazione da dover sfamare. Bisogna quindi necessariamente orientarsi al mare come principale fonte di approvvigionamento.

Per tutto il Medioevo, quando era facile scorgere la balena lungo le coste europee, soprattutto nel golfo di Guascogna, essa veniva cacciata anche per il suo olio (che serviva per l’illuminazione) e la sua carne che, appartenendo ad un “pesce” (secondo le credenze del tempo), veniva considerata come uno dei cibi tradizionali di Quaresima. Secondo Ambroise Paré “la carne (di balena) non è affatto pregevole; lo è invece la lingua che, morbida e deliziosa, si gusta salata. Similmente il lardo, che si mangia in Quaresima cucinato ai piselli. Questo grasso, detto pertanto “lardo di Quaresima”, rappresentava il cibo principale dei poveri durante il tempo pasquale; al contrario, la coda, e soprattutto la lingua, costituivano cibi di qualità. La cucina del XIX secolo prevedeva anche  ricette a base di scaloppe di pinne brasate, cervella affogate e fette i fegato alla griglia con burro d’acciuga. La carne di balena, molto rossa, contiene più proteine di quella di manzo; gli Eschimesi, prima di consumarla, la fanno seccare, mentre i Norvegesi la gustano alla griglia. Uno dei piatti tradizionali della cucina islandese è costituito dal lardo di balena cotto e conservato nell’aceto. Ma è in Giappone che si consuma la maggior quantità di carne di balena sia cruda, sia cucinata allo zenzero o marinata; molto apprezzate sono la coda e il collo; il grasso si mangia a fettine, come aperitivo, con del sakè, e serve per preparare molti cibi conservati.



La carne di balena è la carne dei cetacei (capodogli, balenottere, megattere, balene) usata nell'alimentazione dagli uomini o da altri animali, in senso più ampia si intende anche il consumo di altri parti come la pelle, i suoi organi e il grasso di balena. Si prepara in diverse maniere, ed è stata mangiata in molte parti del mondo, tra cui anche l'Europa occidentale e l'America.

Il consumo di carne di balena continua oggi in paesi quali il Giappone, la Norvegia, le isole Faer Oer, dai baschi, dagli inuit e altri popoli indigeni degli Stati Uniti, del Canada e della Groenlandia, dai ciukci della Siberia in Russia e dagli abitanti dell'isola di Bequia nel mar dei Caraibi.

Il consumo di carne di balena da parte degli uomini è stato denunciato dai detrattori sulla conservazione della fauna selvatica, e sulla tossicità di questi animali, a causa del loro elevato contenuto di mercurio, che provoca un avvelenamento da mercurio, chiamato malattia di Minamata.

Nel 2007 l'associazione ambientalista Greenpeace vengono messi in mostra davanti alla Porta di Brandeburgo a Berlino delfini e balene morte catturati nelle reti dei pescatori come protesta contro la caccia commerciale di queste due specie in pericolo e per far prendere provvedimenti ai governi che partecipano agli incontri dell'IWC, la commissione internazionale sulle balene.

I test sulla carne di balena venduta nelle isole Faroe e in Giappone, hanno rivelato alti livelli di metilmercurio e altre tossine come il PCB. Una ricerca è stata condotta da Tetsuya Endo, Koichi Haraguchi e Masakatsu Sakata presso l'Università di Hokkaido, i quali hanno trovato alti livelli di mercurio negli organi delle balene, in particolare nel fegato. Hanno dichiarato che "l'intossicazione acuta potrebbe derivare da una singola assunzione" di fegato. Dallo studio è emerso che i campioni di fegato in vendita in Giappone contenevano, in media, 370 microgrammi di mercurio per grammo di carne, 900 volte il limite imposto dal governo. Livelli rilevati nei reni e dei polmoni erano approssimativamente 100 volte superiore al limite.





Abbiamo creato un SITO
per Leggere Le Imago
Poni una Domanda
e Premi il Bottone il
Sito Scegliera' una Risposta a Random
Tra le Carte che Compongono il Mazzo
BUON DIVERTIMENTO
gratis

PER TABLET E PC

LE IMAGO
.

 ANCHE

PER CELLULARE


NON SI SCARICA NIENTE
TUTTO GRATIS


DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.

.

ScambioBannerGratis

motori di ricerca