Nonostante nel gergo comune i termini confettura e marmellata siano sinonimi, dal 1982, per effetto di una direttiva comunitaria, solo prodotti ottenuti da agrumi possono essere venduti nell'Unione europea con la denominazione di "marmellata", mentre tutte le altre preparazioni vanno chiamate confettura.
Il nome probabilmente deriva dalla parola portoghese marmelo, per mela cotogna. Diffusa in quasi ogni paese, ha generato una serie di leggende sulla sua origine, che spesso coinvolgono personaggi reali come Elisabetta d'Inghilterra o Maria de' Medici. Si dice, infatti, che i cuochi fiorentini che aveva portato con sé, preparassero per la regina di Francia indisposta e debole dopo una gravidanza, una gelatina ricostituente a base di agrumi. La gelatina piacque tanto alla regina che ne ordinò una gran quantità. Essa fu riposta in vasi con la scritta francese "pour marie malade" da cui verrebbe il francese "marmalade". Già gli antichi greci conservavano le mele cotogne cuocendole lentamente per addensare gli zuccheri contenuti. L'addensamento del composto ottenuto si ha durante il raffreddamento, ad effetto della azione della pectina.
È da notare comunque che, prima dell'avvento dello zucchero, evento alquanto recente, l'unico dolcificante conosciuto oltre ai succhi di frutta (Sapa) era il miele, materiale costosissimo, usato dai ceti poveri come merce di scambio per avere prodotti essenziali, piuttosto che per il consumo diretto.
Il termine "mela di miele" non deriverebbe perciò dalla aggiunta di miele, ma per il fatto, facile da verificare, che la polpa del frutto che è praticamente immangiabile anche in fase di maturità, pochissimo dolce, dura, e piuttosto acre, subisce con la cottura, prima di qualsiasi aggiunta di eventuali addolcenti, una trasformazione drastica degli zuccheri a lunga catena contenuti (quindi "poco dolci") in zuccheri decisamente "dolci", con uno spiccato profumo di miele.
Una preparazione affine è quella della canditura della frutta o della verdura, considerata un regalo principesco nello stesso periodo. È tuttavia probabile che entrambe le tecniche siano ben più antiche: la cottura e, insieme, la concentrazione degli zuccheri assicurano una lunga conservazione della frutta, altrimenti impossibile in epoche prive di sistemi di refrigerazione.
Nella marmellata, confettura, gelatina, composta il principio delle quattro preparazioni è identico. Il risultato varia, però, leggermente. Nella terminologia attuale con marmellata si intende una crema cotta di zucchero e agrumi a pezzetti (limone, arancia, mandarino, e più raramente di pompelmo, clementina, cedro e bergamotto).
La confettura indica la stessa preparazione riferita agli altri tipi di frutta.
La gelatina di frutta viene prodotta con zucchero e succo della frutta, senza polpa o buccia, ed è maggiormente usata in pasticceria per apricottare i dolci prima di glassarli. Compare anche come ingrediente di creme dolci.
La legge prevede che la percentuale di frutta non debba scendere, in ogni caso, sotto il 20%.
Marmellata, confettura o gelatina vengono definite extra se il tenore di frutta è di almeno il 45% e solitamente ne hanno il 35% o 40%.
La composta di frutta si distingue dalla marmellata o dalla confettura per il maggior contenuto di frutta e conseguentemente il minor quantitativo di zucchero aggiunto. La percentuale di frutta deve essere, per legge, superiore al 65%.
La frutta viene mondata delle parti di scarto, tagliata a pezzetti e cotta a lungo nello zucchero sino a che diventa cremosa. Viene quindi messa, bollente, in barattoli. Una volta tappati il calore residuo del composto si occupa di sterilizzarli. La marmellata viene consumata dopo qualche tempo dalla preparazione.
L'aggiunta di piccole quantità di pectina riduce drasticamente i tempi di cottura necessari per ottenere l'addensamento, portandoli da ore a minuti; per tale motivo è comunemente utilizzata nella produzione industriale ma può facilmente essere reperita anche per uso domestico. Viene quindi messa (bollente) in barattoli, subito tappati e messi capovolti (dalla parte del tappo) in mezzo a coperte fino a raffreddamento (questa operazione serve per sterilizzare, con il calore del composto, anche la parte interna del tappo, evitando la formazione di muffe). La piccola quantità di aria che rimane nel barattolo, raffreddandosi, diminuisce di volume e si forma quindi il sottovuoto.
Oggi la produzione industriale inscatola marmellate usando esclusivamente il metodo del sottovuoto e con doppia sterilizzazione: questa tecnica, eseguibile anche in ambito casalingo, evita la crescita di muffe. Il botulino invece non può svilupparsi nella marmellata né nelle confetture perché il loro tenore di zucchero è letale per questo batterio anaerobico; le contaminazioni da botulino nei prodotti casalinghi sono spesso riscontrabili nei sottoli. Lo zucchero o miele rappresenta circa il 40-50% del peso totale: la marmellata è sostanzialmente metà frutta e metà zucchero.
La marmellata e la confettura vengono conservate in vasetti di vetro in genere sottoposti a un doppio processo di sterilizzazione e sotto vuoto. Sia quelle artigianali sia quelle industriali possono essere conservate fuori dal frigorifero finché restano sigillate, ma vanno tenute in frigo una volta aperte, e consumate in genere entro tre settimane. Se si notano rigonfiamenti nel tappo, alterazioni nel colore e formazioni di muffe, è bene gettare marmellata e vasetto senza consumarla.
La marmellata è un alimento glucidico con valori nutrizionali variabili, tra le 130 kcal e le 260 kcal ad etto. Gli zuccheri totali dovrebbero stare (idealmente) tra i 35 e i 40 grammi per 100 grammi di prodotto (corrispondenti a 140-200 calorie per etto). L'etichetta del prodotto deve obbligatoriamente riportare alcuni dati, fra cui la quantità di zuccheri presenti in 100 grammi di prodotto, e la quantità di frutta utilizzata, sempre in 100 grammi. Come già segnalato, per legge la frutta deve rappresentare almeno il 20 per cento del totale nelle marmellate, il 35 per cento nelle confetture e il 45 per cento nelle confetture extra. Sempre per legge non è consentito aggiungere coloranti e conservanti al prodotto; l'unico additivo utilizzabile è la pectina, un enzima presente nella frutta fondamentale per il processo di gelificazione.
Preparare marmellate e confetture in casa non è difficile, e i risultati sono generalmente ottimi. L'unico imperativo categorico da rispettare è quello delle norme igieniche: è fondamentale seguire accorgimenti, come la doppia sterilizzazione dei vasetti, indispensabili ad esempio per distruggere eventuali spore di botulino che possono svilupparsi nelle conserve.
Ingredienti:
Frutta
zucchero
un preparato a base di pectina.
La quantità di zucchero dipende dalla dolcezza o acidità dei frutti scelti per la marmellata; può variare quindi da 500 grammi a un chilo, per ogni chilo di frutta.
Materiali:
Una pentola bassa e larga di rame o acciaio inox (mai di alluminio)
vasetti di vetro con chiusura sottovuoto e guarnizioni nuove
una pentola alta e larga
un mestolo di legno
un piatto.
Lavare la frutta ed eliminare le impurità. Evitare, tranne nel caso degli agrumi, di sbucciarla (la buccia contiene generalmente la pectina necessaria alla gelificazione). Sminuzzare la frutta in parti piccolissime e versarla nella pentola di rame o acciaio inox. Contemporaneamente, far bollire dell'acqua nella pentola più grande, ed immergervi i vasetti aperti che dovranno contenere la marmellata. Lasciarli in acqua bollente per circa dieci minuti.
Far bollire la frutta su fiamma media, mescolare senza interruzione e aggiungere gradualmente lo zucchero. Eliminare schiuma ed eventuali impurità. Se si vuole aggiungere il preparato a base di pectina, abbassare la fiamma, mescolare aggiungendo il preparato, e poi riportare a ebollizione.
Mantenere l'ebollizione per circa cinque minuti, senza aggiungere acqua. Abbassare la fiamma al minimo, e posare una cucchiaiata di marmellata su un piatto appena tolto dal frigo: il composto deve essere compatto e scivolare solo leggermente. Se risulta troppo liquido, aggiungere il succo di un limone per ogni chilo di frutta e riportare a ebollizione finché la marmellata raggiunge la consistenza desiderata.
Versare la marmellata nei vasetti sterilizzati, lasciando tre centimetri di distanza dal tappo, chiudere immediatamente sigillandoli con il tappo ermetico, capovolgerli per cinque minuti, quindi immergerli nella pentola per la sterilizzazione riempita con nuova acqua. Portare l'acqua a ebollizione e poi sobbollire per circa mezz'ora, quindi estrarre i vasetti, asciugarli e riporli in luogo fresco e riparato dalla luce.
La marmellata fatta in casa va consumata entro un anno; una volta aperta, va conservata in frigo e consumata entro venti giorni al massimo. Se il tappo risulta gonfio, se la marmellata subisce alterazioni di colore o presenta muffa, il vasetto va immediatamente buttato.
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