mercoledì 6 gennaio 2016

IL PANCOTTO



La zuppa di pancotto è una ricetta di umili origini, che, secondo la tradizione contadina, veniva preparata per utilizzare il pane secco raffermo, da consumare al posto della pasta. È molto semplice da realizzare e inoltre, per ottenere una pietanza ricca e saporita, servono pochi ingredienti. Il pancotto in zuppa è perfetto per essere servito caldo come primo piatto oppure, in porzioni minori come contorno ad un secondo di carne e verdura.

È un piatto della cucina del recupero che richiama la mentalità parsimoniosa e umile della cultura contadina che mai avrebbe sprecato una briciola di pane, presente in tutte le regioni d’Italia con infinite varianti dovute al tipo di pane, al liquido utilizzato ed al procedimento di cottura. Di conseguenza è chiamata in diverse maniere: panada lombarda, pancheuto ligure, pane cottu sardo, ecc.

Catalogato come zuppa tradizionale italiana, di cui esistono diverse varianti regionali, a base di pane, secco o raffermo, cotto in brodo a acqua e preparata secondo quattro procedimenti tipici in cui, per quanto presente una variazione di verdure e aromi, l’elemento base rimane sempre lo stesso. Può essere servito come piatto caldo o freddo a seconda della stagione. È una ricetta molto semplice, facilmente realizzabile con ingredienti reperibili in ogni casa: nata come ricetta tradizionale della “cucina povera” tipica della tradizione contadina, veniva realizzata utilizzando il pane raffermo al fine di recuperare e riutilizzare qualsiasi alimento. Si racconta che potrebbe essere stato tramandato sin dal Medioevo.

In passato, soprattutto in Lombardia e in Toscana, era usato per favorire l'allattamento e veniva servito ai convalescenti.

Dentro questo piatto povero della tradizione italiana, però, non ci sono soltanto il pane e gli altri ingredienti (umili). C’è la storia dei nostri nonni, che ritenevano pagnotte e filoni un cibo sacro e mai li avrebbero sprecati. C’è quella della cultura contadina, quando il pane veniva impastato e infornato ogni due settimane, diventando inevitabilmente duro, e bisognava aguzzare l’ingegno per renderlo di nuovo appetibile. E c’è persino un aneddoto che risale all’epoca dell’Unità italiana, quando il convento di San Cesario di Lecce accolse Garibaldi e un gruppo di cospiratori antiborbonici, ai quali venne offerto proprio un piatto di pancotto fumante.

Considerato un discendente della puls tractogalata, una ricetta che il gastronomo romano Apicio (I secolo d.C.) citò nel suo trattato De re coquinaria, quando le risorse erano poche il pancotto veniva utilizzato persino per lo svezzamento dei bambini – la salvia, in particolare, era considerata un calmante per le “colichette” dei neonati. Anche le puerpere ne mangiavano in grandi quantità, ritenendo che favorisse l’allattamento.

Diffuso quasi ovunque nello Stivale, in ogni regione questo piatto ha assunto tratti – e talvolta nomi – unici, caratterizzandosi con gli ingredienti propri di ciascuna terra:

In Piemonte, Lombardia e Veneto è detto “panada” ed è una zuppa povera di pane raffermo, che viene tagliato a fette, ricoperto con brodo caldo e cotto fino a raggiungere la consistenza di una “pappa”, poi servito con un filo d’olio e del formaggio grattugiato. Più nutriente la ricetta di Cremona, dove la panada è preparata con il pàan biscùtt (pane biscottato) grattugiato, brodo di carne e uova sbattute.

In Liguria è chiamato pancheuto ed è cucinato mettendo a bollire acqua con olio extravergine, parmigiano, origano, sale e abbondante aglio (ben 5 spicchi per 1 litro e mezzo di liquido). Raggiunto il bollore si unisce il pane raffermo tagliato a quadretti, si continua la cottura per dieci minuti e si serve con una spolverata di pepe.



In Emilia Romagna è arricchito dalla presenza del burro e dell’uovo sbattuto, aggiunto alla minestra di pane poco prima di terminare la cottura. A Modena, invece, è diffusa una variante golosissima, servita come primo piatto, che conserva ben poco dell’essenzialità della pietanza originale: le fette di pane vengono disposte in una teglia imburrata e ricoperte con un composto di uova, farina, parmigiano, latte, panna e un pizzico di sale, poi cotte in forno; simile è la ricetta marchigiana – dove però al posto del latte e della panna viene utilizzato il brodo di carne – gustata tradizionalmente nel pranzo del giorno di Pasqua.

In Abruzzo, in particolare a Scanno, borgo montano della provincia dell’Aquila, il pancotto è servito con le cime di rapa (va ammorbidito nell’acqua di cottura della verdura), prendendone il colore e il sapore.

In Molise è una saporita minestra di patate e verdure campestri a cui, a fine cottura, viene aggiunto il pane e un soffritto di guanciale, peperoncino, olio e prezzemolo.

In Toscana, patria di capolavori come la panzanella e la pappa al pomodoro, viene servito sia caldo che a temperatura ambiente. Il procedimento è semplice e veloce: si prepara un soffritto di aglio, olio extravergine, sedano, carota e cipolla, si aggiungono acqua, pecorino grattugiato – che dà carattere e sapore al piatto – e pane sciocco tagliato a pezzi grossolani, che viene cotto per un quarto d’ora fino a disfarsi quasi completamente. Simile la ricetta dell’Umbria, dove il soffritto però è a base di aglio, olio e qualche rametto di rosmarino, che rilascia il suo delizioso profumo.

Il pancotto nel Lazio è con la salsa di pomodoro, “allungata” con acqua, a cui va aggiunto il pane a pezzi da cuocere per mezz’ora, finché saranno disfatti. Il piatto è servito con pepe e una spolverata di pecorino romano.

In Campania una gustosa ricetta del pancotto arriva da Ariano Irpino, nell’avellinese. È una minestra di cicoria o scarole, lessate e poi passate in padella con aglio, olio e peperoncino. Il pane tagliato a tocchetti va immerso nell’acqua di cottura della verdura e servito con le erbe saltate.

In Puglia il pane viene ammorbidito in un brodo vegetale di patate, aglio, peperoncino e rucola, che dà al piatto una nota leggermente amara. L’ingrediente protagonista è naturalmente il superbo pane pugliese: quello di Altamura, innanzitutto, di cui va utilizzata soltanto la crosta spezzettata, ma anche le grosse pagnotte di grano duro del Gargano.

In Calabria qualcuno ha ancora l’abitudine di cucinarlo in questo periodo dell’anno, a ridosso del Natale, per mantenersi leggero prima degli “stravizi” delle feste. Nella versione calabrese il pane viene cotto in un brodo preparato con acqua, pomodori, prezzemolo, aglio, sedano, peperoncino e foglie di alloro. Il tutto va poi passato raggiungendo una consistenza cremosa.

In Basilicata è cucinato con il pregiato pane di Matera, dalla tipica forma a cornetto e dalla crosta spessa, con verdure come broccoli o cime di rapa, aglio, olio e peperoncino secco piccante.




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