La versione più accreditata sulla nascita del Marsala come vino liquoroso (o fortificato) è incentrata sulla figura del commerciante inglese John Woodhouse il quale nel 1773 approdò con la nave su cui viaggiava nel porto di Marsala.
Secondo la tradizione, durante la sosta egli ebbe modo, insieme al resto dell’equipaggio, di gustare il vino prodotto nella zona, che veniva invecchiato in botti di legno di rovere assumendo un gusto analogo ai vini spagnoli e portoghesi molto diffusi in quel periodo in Inghilterra.
In realtà gli inglesi ben conoscevano i vini dell'agro marsalese, in quanto da decenni si fermavano nello specchio d'acqua antistante il porto di Marsala per caricare con l'ausilio di apposite barche a basso pescaggio, detti schifazzi, varie vettovaglie, acqua, viveri e, per l'appunto, i vini. È doveroso ricordare che all'epoca il Mediterraneo era assai frequentato da imbarcazioni inglesi, spagnole e francesi, che si contendevano il predominio di Mare Nostrum: Malta diventò terra inglese nel 1800. Il metodo di invecchiamento utilizzato dalla gente del luogo, denominato in perpetuum, consisteva nel rabboccare le botti che contenevano una parte del vino consumato durante l’anno con il vino di nuova produzione, in maniera da conservarne le caratteristiche.
Il vino così trattato piacque a tal punto che Woodhouse decise di imbarcarne una cinquantina di barili, addizionandolo però con acquavite di vino, al fine di elevarne il tenore alcolico e di preservarne le caratteristiche durante il lungo viaggio in mare.
Quel vino siciliano meno costoso riscosse in Inghilterra un grande successo, tanto che Woodhouse decise di ritornare in Sicilia e di iniziarne la produzione e la commercializzazione, utilizzando per l’affinamento il metodo soleras.
Il metodo soleras, già conosciuto in Portogallo ed in Spagna per la produzione rispettivamente del Madeira e dello Sherry, consisteva nel disporre delle botti di rovere su alcune file sovrapposte, iniziando a riempire di vino solo le botti più in alto; dopo un anno una parte del vino veniva travasato nelle botti che si trovavano al livello inferiore, e quelle superiori venivano riempite con il nuovo vino, ed il procedimento si ripeteva di anno in anno; in tale maniera il vino che si trovava nelle botti alla base, pronto per il consumo, risultava composto da uve di annate diverse, e di anno in anno si arricchiva di particolari sapori.
Nel 1833 l'imprenditore palermitano, di origine calabrese, Vincenzo Florio, iniziò a Marsala la produzione di vino Marsala in concorrenza con le aziende inglesi, fondando le Cantine Florio. Nel 1853 la produzione del Marsala ammontò a 6.900 botti, di cui il 23% prodotto dalle cantine Florio, il 19% dalle cantine Woodhouse ed il 58% dalle cantine Ingham & Whitaker. Successivamente la Florio acquisì lo stabilimento Woodhouse, divenendo il primo produttore. Nacquero anche produttori locali: Don Diego Rallo (1860), Vito Curatolo Arini (1875) e la Carlo Pellegrino (1880), ancora oggi tra i maggiori produttori di marsala. Nel 1920 la Cinzano acquisì le cantine Florio e diversi stabilimenti, unificando la produzione sotto il marchio Florio.
La fortuna del vino Marsala ha conosciuto alterne vicende. Una grave crisi attraversò la città e il suo vino dopo la prima guerra mondiale soprattutto per l'operare di commercianti privi di scrupoli che sfruttavano la fama del Marsala per vendere prodotti di qualità scadente.
Per questo, già nel 1931 venivano mossi i primi passi verso una legislazione che proteggesse il Marsala originale dalle imitazioni e che ne circoscrivesse la zona di produzione, e fu tutelato dal governo, con un decreto degli allora ministri Acerbo e Bottai (D.M. 15 ottobre 1931).
Il vino Marsala è stato il primo vino DOC della storia vinicola italiana. Un grande orgoglio per quanti lo producono e per tutto il territorio è stato infatti il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata nel 1969. Il disciplinare di produzione è stato aggiornato nel 1986 e nel 1995.
Un Consorzio per la tutela del vino Marsala DOC è nato nel 1963 ad iniziativa dei produttori, e riconosciuto nel 2003 dal ministero delle Politiche agricole.
Attualmente il Marsala viene prodotto nel comune omonimo e in tutta la provincia di Trapani, eccezion fatta per le località di Pantelleria, Alcamo e Favignana. A seconda della loro tonalità di colore (influenzata da svariati fattori come uve utilizzate, diverse metodologie di lavorazione e durata dell’invecchiamento) si distinguono diverse qualità di Marsala: “Oro”, “Ambra” e Rubino”.
Un’ulteriore classificazione del Marsala viene effettuata in base al suo contenuto zuccherino e, per questo, esistono le tipologie “Dolce” (quantità di zuccheri superiore a 100 grammi per litro), “Semisecco” (zuccheri compresi fra 40 e 100 grammi per litro) e “Secco” (zuccheri inferiori a 400 grammi per litro).
Ma non è finita qui: esistono anche importanti differenze dovute alle modalità di produzione del Marsala. Per questo, si distinguono le tipologie:
“Fine” (conciato, invecchiato almeno un anno);
“Superiore” (conciato, invecchiato almeno due anni);
“Superiore Riserva” (conciato, invecchiato almeno quattro anni);
“Vergine” o “Soleras” (non conciato, invecchiato almeno cinque anni)
“Vergine Riserva” o “Soleras Stravecchio” o “Soleras Riserva” (non conciato, invecchiato almeno dieci anni).
Per Marsala “conciato” si intende un vino dalla lavorazione del tutto particolare, al quale sono stati aggiunti mosto cotto, sifone ed alcool (o acquavite). Il mosto cotto è un prodotto ottenuto dal mosto delle uve Catarratto, che viene trattato al vapore all’interno di caldaie di rame oppure cotto direttamente sul fuoco. Grazie a questa procedura il mosto diventa denso e molto zuccherino, riducendosi ad un terzo del volume originario; aggiunto al Marsala, gli conferisce un sapore leggermente amarognolo e vellutato. Il “sifone” (detto anche “mistella”) è invece ottenuto dalla vendemmia tardiva delle uve della varietà Grillo; ciò che si ottiene dalla pigiatura viene collocato in botti nelle quali era stato precedentemente posto dell’alcool, che ha lo scopo di bloccare la fermentazione. L’aggiunta del sifone consente al Marsala di avere un gusto forte, ma al contempo anche dolce.
Il termine “Soleras” si riferisce invece ad una modalità di invecchiamento degli alcolici che fu introdotta in Sicilia dallo stesso John Woodhouse. Si tratta di un sistema che all’epoca era già usato per la produzione di altri vini liquorosi come lo Sherry ed il Porto, e che consiste in uno stoccaggio del Marsala in botti sovrapposte per un totale di cinque diversi “strati”. Il vino nuovo viene messo nella botte più in alto, dopo aver trasferito parte del suo contenuto (il vino dell’anno precedente) nella botte sottostante; ogni anno, un terzo del contenuto di ciascun contenitore viene travasato nel contenitore sottostante fino a raggiungere la botte situata alla base della colonna. Il contenuto di quest’ultima è poi destinato all’imbottigliamento. Il vino “Perpetuum” assaggiato per la prima volta da Woodhouse veniva prodotto con un metodo analogo e, da qui, il suo nome: era infatti un modo per “perpetuare” il vino nel tempo.
Per la produzione del Marsala nelle varietà “Ambra” e “Oro” vengono impiegate pregiate uve bianche delle varietà Grillo, Catarratto, Damaschino e Inzolia. Mentre per l’”Oro” è vietata l’aggiunta di mosto cotto, per l’”Ambra” la quantità di mosto cotto deve essere almeno dell’1%. Il Marsala “Rubino” viene invece ottenuto da uve a bacca nera Pignatello, Nerello Mascalese e Nero d’Avola alle quali possono concorrere, per una misura non superiore al 30%, le uve bianche sopra elencate; non è consentita in nessun caso l’aggiunta di mosto cotto.
La resa massima consentita delle uve è di 90 quintali per ettaro per i vitigni a bacca nera, e di 100 quintali per i vitigni a bacca bianca. La resa massima per il mosto è dell’80%, mentre la resa in vino non deve superare il 75%.
L’invecchiamento è un processo variabile, che può durare da un minimo di un anno ad oltre dieci anni. I tempi minimi di invecchiamento sono per il Marsala “Fine” di un anno, per il “Superiore” di due anni, per il “Superiore Riserva” di quattro anni, per il “Vergine” di cinque anni e, infine, per il “Vergine Riserva” di dieci anni.
Il Marsala Fine prodotto nelle tipologie “Oro” ed “Ambra” presenta un colore che va dal giallo ambrato al dorato intenso, con un profumo persistente e tipico che richiama agli aromi di tabacco, legno e liquirizia; il sapore è dolce, caldo ed intenso. Il Marsala Fine “Rubino” è invece contraddistinto da un deciso colore rosso rubino, che con l’invecchiamento assume toni via via sempre più ambrati; il profumo è intenso e presenta aromi di confetture e marasca cotta, con un sapore caldo, aromatico e ricco. La gradazione alcolica minima per la tipologia “Fine” è di 17°.
Il Marsala Superiore nelle tipologie “Oro” ed “Ambra” ha un colore trasparente e brillante che va dal dorato intenso al giallo ambrato. Il suo profumo è molto persistente, armonico e complesso, mentre il sapore è vellutato, dolce, e caratterizzato da una buona struttura. Il Marsala Superiore “Rubino” presenta invece un colore rosso rubino, che diventa via via ambrato col procedere dell’invecchiamento; il profumo è intenso e presenta aromi di fiori appassiti, frutta secca, con un sapore aromatico, caldo, armonico e vellutato. La gradazione alcolica minima per la tipologia “Superiore” è di 18°. Il Superiore Riserva presenta le stesse caratteristiche del Superiore, ma si distingue da esso per l’invecchiamento di durata maggiore (almeno quattro anni, contro i due del “Superiore”).
Infine il Marsala Vergine del tipo “Oro” ed “Ambra” ha un colore brillante compreso fra il dorato e il giallo ambrato, con profumo intenso, persistente ed etereo; il sapore è tipicamente caldo, asciutto ed intenso, ottimamente equilibrato e dalla importante struttura. Il Marsala Vergine “Rubino” presenta invece un brillante colore rosso rubino, talvolta con riflessi aranciati ed ambrati dovuti all’invecchiamento; il profumo è intenso, persistente, caratteristico e complesso, con un sapore vellutato, asciutto, caldo, strutturato e dal grande equilibrio. La gradazione alcolica minima per la tipologia “Vergine” è di 18°. Anche in questo caso il Vergine Riserva presenta caratteristiche analoghe al Vergine, ma un invecchiamento più prolungato (almeno dieci anni).
Tutti i tipi di Marsala vanno serviti in un bicchiere del tipo “tulipano”, a stelo alto.
Il Marsala è considerato fra i migliori vini da dessert del mondo, e si accompagna splendidamente a dessert, frutta e numerosissime specialità di pasticceria. La temperatura di servizio consigliata si aggira sui 12-18°C; in particolare, si consigliano accostamenti come Marsala Fine con biscotti, piccola pasticceria e frutta secca, Marsala Superiore e Superiore Riserva con specialità spiccatamente dolci come pasticceria cremosa e frutta fresca; Marsala Vergine con prodotti da forno e di pasticceria dal sapore non eccessivamente dolce.
Ottimo vino da meditazione, il Marsala può anche essere consumato da solo, lontano dai pasti; in questo caso si prestano bene le tipologie Superiore Riserva, specialmente nelle tipologie “Dolce” o “Semisecco” ad una temperatura di circa 16°C; se si opta invece per il Marsala Vergine o Vergine Stravecchio, la temperatura ottimale è invece di 12-14°C.
Il vino è utilizzato come ingrediente nella preparazione di moltissimi piatti, dagli antipasti al dolce. Fra le preparazioni più famose troviamo, fra i piatti a base di carne, le classiche scaloppine al Marsala o diversi tipi di arrosto. Ottimo per insaporire le preparazioni dolci, il vino Marsala viene impiegato ad esempio nell’impasto dei cannoli siciliani, per la preparazione di dolci al cucchiaio e di crostate, per insaporire la frutta e come ingrediente base per lo zabaione.
Il vino Marsala è presente sul mercato con cinque diverse varietà, che si differenziano tra loro per alcuni fondamentali dettagli. Le loro peculiari caratteristiche aprono il campo a numerose possibili combinazioni con le tipicità locali.
Il disciplinare di produzione (DPR 2 aprile 1969) prevede la possibilità di aggiungere in etichetta alcune sigle derivanti dalle antiche denominazioni dei vari prodotti.
Il Marsala Fine può riportare la sigla I.P. (Italia Particolare).
Il Marsala Superiore può riportare le sigle S.O.M. (Superiore Old Marsala), L.P. (London Particular), G.D o Garibaldi Dolce. Quest'ultima denominazione risale ad una visita allo stabilimento Florio di Marsala che effettuò il Generale dei Due Mondi nel 1862, dopo l'unificazione dell'Italia. Egli, appassionato di buoni vini ma non particolarmente competente, fu particolarmente colpito da un vino molto dolce ancora in lavorazione e destinato a successivi tagli: in suo onore questo vino entrò in produzione e prese il nome di Garibaldi Dolce.
Alcune denominazioni sono ancora consentite dal Disciplinare, ma solo a corredo della classificazione "ortodossa". Osservando le etichette, potrete ancora ritrovarci impresso "S.O.M.", e leggervi Superior Old Marsala, oppure "G.D.", il Superiore Garibaldi Dolce di cui vi abbiamo già parlato, più raramente "L.P.", London Particular, una altra qualità di Superiore, meno secco del "S.O.M.". Frequentemente, il Marsala Fine si chiamerà, invece, "I.P.", Italian Particular. Altre denominazioni, come "O.P." (Old Particular), C.O.M. (Choice Old Marsala), P.G. (Particular Genuin), P.D. (Pale Dry) ed I.M.(Italian Marsala), ed ancora "Parigi", "Stromboli", "Trinacria", "Margherita", "Erice dolce", insieme a tante altre di cui si è persa qualsiasi traccia, appartengono, ormai, soltanto alla gloriosa Storia di questo vino.
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