domenica 20 dicembre 2015

IL CUSCUS TRAPANESE



Il cuscus o cùscusu è un alimento tipico del Nordafrica e della Sicilia occidentale, costituito da agglomerati ovvero granelli di semola cotti a vapore (del diametro di un millimetro prima della cottura).

Tradizionalmente il cuscus veniva preparato con semola di grano duro, Triticum durum, quella farina granulosa che si può produrre con una macinatura grossolana utilizzando macine primitive, ma oggi con questo nome ci si riferisce anche ad alimenti preparati con cereali diversi, come orzo, miglio, sorgo, riso o mais. Solitamente esso accompagna carni in umido e/o verdure bollite (sulla costa del mar Mediterraneo anche pesce in umido). Può essere reso piccante accompagnandolo con la harissa (usata soprattutto in Tunisia).

Uno dei primi riferimenti scritti al cuscus viene dall'anonimo autore di un libro di cucina dell'al-Andalus, la Spagna musulmana del XIII secolo, il Kitab al-tabikh fi al-Maghrib wa l-Andalus, che dà una ricetta per il cuscus. Il cuscus era noto anche nel sultanato di Granada dei Nasridi. Sempre nel XIII secolo uno storico siriano di Aleppo cita il cuscus in quattro occasioni. Queste citazioni così antiche mostrano che il cuscus si diffuse rapidamente, ma che in generale esso era comune soprattutto nell'occidente islamico fino alla Tripolitania, mentre più ad est, a partire dalla Cirenaica, la cucina era soprattutto di tipo egiziano, in cui il cuscus costituiva solo un piatto occasionale. Oggi, il cuscus è conosciuto in Egitto e nel Vicino Oriente, ma in Marocco, Algeria, e Tunisia, il cuscus è il piatto-base. In catalano appare nel romanzo Tirant lo Blanch (1464) con il nome de "cuscusó". Uno dei primi riferimenti al cuscus in Europa settentrionale è in Bretagna, in una lettera datata 12 gennaio 1699. Ma già molto tempo prima esso aveva fatto la sua comparsa in Provenza, dove il viaggiatore Jean Jacques Bouchard scrive di averlo mangiato a Tolone nel 1630.

Vi sono crescenti indizi del fatto che il processo di cottura tipico del cuscus, in particolare la cottura a vapore dei grani sul brodo in una pentola in terracotta, potrebbe avere avuto origine prima del decimo secolo in un'area dell'Africa Occidentale che abbraccia gli attuali Marocco, Niger, Mali, Mauritania, Ghana e Burkina Faso. Ibn Battuta viaggiò in Mali nel 1352, e in quella che è l'odierna Mauritania ebbe un cuscus di miglio. Egli osservò anche un cuscus di riso nella zona del Mali nel 1350. Va anche ricordato che per secoli i Berberi nomadi ricorrevano a donne nere per cuocere il cuscus, il che potrebbe essere un'ulteriore indicazione dell'origine subsahariana dell'alimento.

In Sicilia, a Marsala (territorio con frequenti legami storici e sociali negli ultimi due secoli con Tunisia e Libia) e nelle zone limitrofe come Favignana, e San Vito Lo Capo, il cuscus (cuscusu in dialetto) è divenuto di uso quasi quotidiano. La semola è incocciata e poi cotta a vapore in una speciale pentola forata di terracotta smaltata. Ma il condimento, a differenza di quello magrebino, è la Ghiotta, un brodetto di pesce misto di scorfano rosso, scorfano nero, cernia, pesce San Pietro, vopa, gallinella, luvaro e anguilla delle saline della zona, insieme a qualche gambero o scampo.

Altra versione in quella zona (in particolare a Marsala e Mazara del Vallo) sono i "frascatuli", palline di semola impastata, accompagnati con brodo di pesce. Nell'entroterra trapanese il cuscus o le frascatole sono cucinati anche accompagnati da una zuppa di cavolfiore, fave, carote, ceci e verdure varie. Tale piatto esiste anche in Sardegna, cucinato alla stessa maniera e chiamato Fregula.

Il "cuscus trapanese" è inserito tra i Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Siciliana.

Preparato in diversi comuni della provincia di Trapani, il cous cous siciliano è una vera e propria specialità del grazioso borgo marinaro di San Vito Lo Capo dove ogni anno, nel mese di settembre, si tiene la famosa Couscous Fest. Risalente al XIV secolo, questa affascinante località vanta monumenti di notevole interesse storico e artistico ed una posizione da sogno, affacciata sul mare cristallino della costa siciliana.

La cucina trapanese è una delle più rinomate della Sicilia. Ricca di gustose elaborazioni comuni al repertorio classico siciliano, ma eseguite con particolari accorgimenti del tutto originali come ad esempio il cuscus.
La cucina siciliana è stata influenzata in maniera importante dalle diverse dominazioni che si sono succedute nel tempo che, alla fine, hanno inciso in maniera decisiva anche nella gastronomia dell’isola. Il cuscus, alimento costituito da granelli di semola cotta a vapore, tipico del nord Africa (in arabo Kuskusu vuol dire tritato a pezzettini) è uno dei tanti casi. Il cuscus tipico trapanese prevede un condimento esclusivamente a base di pesce, che lo rende completamente diverso da quello arabo costituito da carne montone o da verdure.
La versione originale del cuscus richiede particolari utensili, fra i quali la “mafarradda” (è un apposito contenitore di terracotta verniciata a pareti ricurve e fondo piatto, in cui vengono legati i granelli di semola) e la cuscusiera, ovvero la “pignatta di cùscu-su” (che è una specie di tegame di terracotta verniciata con tanti fori).



INGREDIENTI

250 grammi di cuscus precotto (si trova facilmente nei supermercati)
1 kg di pesci da brodo di varie qualità (scorfani, dentici, triglie, orate, gamberi, ecc.)
Olio extravergine d’oliva
Una noce di burro
2 carote
2 gambi di sedano
2 cipolle
1 spicchio d’aglio
Un mazzetto di prezzemolo
Una foglia di alloro
3 – 4 pomodori maturi pelati tagliati a dadini (oppure i pelati già pronti)
Una bustina di zafferano
50 grammi di mandorle tritate
Sale e pepe q.b.
Un pizzico di paprika
Peperoncino se lo gradite

Lavare i pesci, diliscarli e privarli della testa. Mettere in una pentola i resti dei pesci, ricoprirli d’acqua e aggiungere il sedano, una cipolla tagliata a pezzi e la foglia di alloro. Cuocere e, a cottura ultimata, filtrare il brodo e metterlo da parte.
Tagliare il pesce a pezzi, soffriggere con l’olio l’altra cipolla, l’aglio ed il prezzemolo tritati. Unire la foglia di alloro, i pomodori pelati ed infine adagiarvi il pesce. Ricoprire con acqua, aggiustando di sale e pepe, aggiungere lo zafferano stemperato in poca acqua calda e le mandorle tritate. Quando la salsa con il pesce sarà cotta deve risultare sufficientemente addensata.
Portare ad ebollizione 250 ml del brodo preparato assieme a quattro cucchiai d’olio. Togliere dal fuoco e aggiungere i granelli di cuscus, mescolando delicatamente con una forchetta e lasciargli assorbire il brodo (i granelli gonfieranno). Aggiungere quindi il burro e cuocere ancora, a fuoco moderato, per tre, quattro minuti mescolando costantemente con la forchetta.
Bagnare, con parte della salsa con i pesci il cuscus e disporre sui piatti di portata, quindi condire con abbondante salsa e brodo di pesce. Servire dell’altro brodo caldo in una salsiera in modo che il commensale possa servirsene a piacimento.


PROCEDIMENTO TRADIZIONALE

Procurarsi 500 grammi di semola a grana grossa, una “mafaradda” (che è un apposito recipiente di terracotta verniciata a fondo piatto e bordi svasati) e un “lemmo” (è un altro recipiente di terracotta verniciata a svasare che possa contenere la semola già lavorata). Mettere in una ciotola acqua e sale (5 grammi di sale per ogni 100 cc di acqua). A questo punto procederemo all’“incocciatina”.
Depositare nella “mafaradda” un pugnetto di semola e accanto un cucchiaio d’acqua salata, quindi proseguire con movimenti rotatori delle dita in modo da far  assorbire l’acqua alla semola e, nello stesso tempo, formare dei granelli che depositeremo nel “lemmo”. Procedere fino ad esaurimento della semola. Aggiungere alla semola “incocciata” un filo dolio extravergine d’oliva e, con il palmo delle mani, sfregarla  in modo che, alla fine,  tutti i granelli siano unti d’olio e ben sgranati.
Prima di procedere alla cottura, spendiamo due parole sulla pentola per la cottura del cuscus:
La pentola tradizionale per il cuscus (“cuscusiera”) usata nel trapanese, è composta da una sorta di colapasta di terracotta verniciata a fondo piatto, con relativo coperchio e una pentola dai bordi alti capace di ospitare la cuscusiera. Esistono anche altre pentole  (alla francese) che rispecchiano le pentole tradizionali ma costruite in acciaio o in alluminio dove la “cuscusiera” viene direttamente incastrata nella pentola che conterrà l’acqua di cottura. Per chi non possedesse questi attrezzi basta trovare una pentola dalle stesse caratteristiche ed un colapasta adeguato.
A questo punto, dopo aver scelto la pentola e il condimento (nel nostro caso pesce con relativo brodo) procediamo alla cottura a vapore del cuscus.
Riempire per tre quarti la pentola con l’acqua, dove avremo aggiunto un filo d’olio (serve a mantenere il bollore dell’acqua non eccessivo); adagiarvi sopra la “cuscusiera” e prepariamo la “cuddura” (questo passaggio si evita se possedete una pentola alla francese). Con l’impasto di acqua e farina dobbiamo ottenere un composto che ci consenta di sigillare il punto di unione fra la pentola e la “cuscusiera”, in modo che il vapore fuoriesca soltanto dalla cuscusiera. A questo punto disporre quattro-cinque foglie di alloro sul fondo della “cuscusiera” e disporvi sopra il cuscus. Praticare dei buchi nel cuscus, aiutantovi con il manico di un cucchiaio di legno, che fungeranno da camino per il vapore che fuoriuscirà. Incoperchiare e mettere la pentola sul fuoco. Non appena il vapore uscirà dai buchi praticati nel cuscus, abbassare la fiamma e far cuocere per circa due ore e mezza. In questa fase, bisogna mescolare il cuscus ogni tanto (10-15 minuti) e praticare ogni volta di nuovo i buchi come già descritto. Nell’ultima parte di cottura, mescolare un po’ più spesso, ripetendo la procedura fino a completamento della cottura.
Quando il cuscus sarà cotto riversarlo nel “lemmo”, ricoprirlo con il brodo di pesce e metterlo a riposare, incoperchiato e ricoperto con un panno di lana, per una mezzoretta.
Servire nei piatti da portata irrorando con altro brodo e pezzetti di pesce accuratamente spinati.


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