mercoledì 16 dicembre 2015

LE PANELLE



Già in epoca romana imperiale i ceci erano largamente usati in cucina, specialmente sotto forma di 'polenta': farina di ceci impastata con acqua e cotta; così com'era consumata dai greci, in tutta l'area della cosiddetta "mezzaluna fertile" e soprattutto nel sub continente indiano. Forse le prime panelle erano cotte sulla pietra dentro i forni 'verticali', quelli usati per cuocere il pane di forma piatta. Forse in epoca tardo-medievale si cominciano a friggere le panelle, probabilmente durante il dominio francese della dinastia Angioina della Sicilia, dato che costoro ne erano particolarmente ghiotti.

Una pasto simile alle panella palermitana è la "fetta" savonese, che, a differenze della panella, viene tipicamente servita in mezzo a panini bianchi senza crosta, rotondi, piatti chiamati "focaccette". Queste fette sono derivate dalla panissa ligure.

La panella, è una frittella di farina di ceci, tipico cibo da strada della cucina palermitana.

Le panelle vengono servite soprattutto in mezzo alle Mafalde - forme di pane di circa 200 grammi con la crosta ricoperta di semi di sesamo (a Palermo detto "cimino"). Le panelle sono spesso consumate assieme alle "crocchè" (crocchette di patate) o con altre specialità fritte in pastella, e condite a piacere con sale e limone.

Le panelle vengono preparate con farina di ceci, acqua e prezzemolo. La farina viene sciolta in acqua salata e viene girata con un mestolo fino a farla diventare una pasta cremosa, poi viene stesa su un piano, tagliata e poi fritta.

Una sfoglia sottile di questa pasta di ceci, cotta a sua volta in una sostanza oleosa, diede vita alla prima “panella”: una sorta di “schiacciata” di piccole dimensioni, di un bel colore dorato. Il detto: “pari ‘na paniella” (sembra una panella) è appunto riferito ad oggetti che hanno avuto la malasorte di trovarsi schiacciati sotto pesi eccessivi.



Prerogativa del territorio, le “panelle” si possono gustare solo a Palermo e dintorni, associate al pane, e rappresentano il caratteristico spuntino del palermitano. Si dice che non esista cittadino palermitano, di vecchia o di nuova  generazione, che non le abbia gustate almeno una volta. Studenti e scolari nell’ora di ricreazione, negozianti, impiegati, manovali, artigiani, nelle pause di lavoro. Le deliziose frittelle di ceci, travalicano, con il loro superbo gusto, ogni differenza di censo e di cultura.

Si possono acquistare in una serie infinita di “friggitorie", di tipo fisso od ambulante, sulle strade di grande traffico, nei quartieri popolari  o residenziali, nei quartieri nuovi, nel centro storico.

I luoghi di stazionamento delle friggitorie ambulanti sono, da sempre e puntualmente, i luoghi ove a certe ore si verifica un notevole movimento di persone: quindi scuole, uffici, grandi magazzini, chiese, cimiteri e finanche i campi sportivi nei giorni in cui si svolgono gli incontri. In passato il panellaro si presentava con la carretta sulla quale era montata una baracca di legno chiusa da tre lati.

Al suo interno erano posizionati: un fornello in pietra lavica sul quale una grande casseruola veniva utilizzata per la frittura, un ampio ripiano in cui si mostravano le panelle già fritte contenute in piatti di alluminio, un contenitore di latta (barattolo di conserva) con il coperchio bucherellato per il sale, usato in funzione della richiesta del cliente. In un’angolo emergeva una piccola collinetta di “mafalde”, una classica forma di pane con la “giggiulena” e, appesi ad un gancio, i rettangoli di carta già tagliati a mo’ di tovagliolo.

In tempi più recenti hanno fatto la loro apparizione le “moto ape” e i furgoncini che, attrezzati di tutto punto, portano in giro il prodotto già pronto per essere cucinato a richiesta, perché, per gustarle a dovere, le panelle devono essere molto calde. Una volta raffreddate, anche se insaporite con qualche goccia di limone, perdono il gusto originale. Se si prova poi a riscaldarle il risultato non è dei migliori.

Vanno gustate calde, e basta.

Il destino delle panelle è condiviso con le crocchè, o “cazzilli” come li chiamano comunemente i palermitani richiamandosi alla loro forma fallica. Panelle e crocchè sono inseparabili, stanno sempre accanto e talvolta vengono mangiate insieme, nello stesso panino.

La contraddizione tra i due cibi è dovuta alla materia prima di cui sono composti. Le crocchè, ritenute meno classiche, sono realizzate con la patata, umile tubero importato dal nuovo mondo cinque secoli fa. Un connubio, questo, di prodotti vegetali diversi e di culture diverse.

Entrambi erano riposti dentro “u cannistru” (il canestro) e coperti da una “mappina” (salvietta a quadri), pronti per essere fritti.

Corre voce che,fino a qualche anno fa’, per verificare la temperatura dell’olio, il panellaio di tanto in tanto adottasse un sistema… che preferiamo non riferirvi (comunque approvato dai clienti) ma che gli segnalava la condizione termica ideale. Quindi, armeggiando con alcune schiumarole (manico lungo, manico corto, veri attrezzi del mestiere) immergeva le panelle e, rimestando, in pochi minuti serviva gli attenti clienti che là davanti seguivano con attenzione il processo di cottura.




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