martedì 1 dicembre 2015

I CIBI DELLA SPAZZATURA



Sul fatto che bisogna evitare di sprecare cibo siamo ormai tutti d'accordo e la consapevolezza rispetto a qualche anno fa in Italia è decisamente aumentata. Ma a parte questo dato acquisito, tantissimo c'è da fare. E questo emerge leggendo il Rapporto 2015 Waste Watcher, dove ci sono i primi dati assoluti (malgrado nel resto d'Europa sia una policy) dei 'Diari di famiglia', un test preciso che indica la misura quali-quantitativa dello spreco a ogni pasto. Ecco così che spreco reale e spreco percepito non coincidono. Proprio alla luce di questo primo test condotto nella primavera 2015 da Waste Watcher con la validazione scientifica dell'Università di Bologna-Distal, è possibile infatti affermare che lo spreco di cibo domestico reale è circa il 50% superiore allo spreco percepito e dichiarato nei sondaggi. Ne deriva che gli italiani sprecano effettivamente circa 13 miliardi di euro ogni anno con il cibo buttato nella pattumiera di casa.

"Lo spreco di cibo, dalla dispensa di casa al frigorifero, dai fornelli al bidone della spazzatura domestico, vale complessivamente 8,4 miliardi di euro all'anno, ovvero 6,7 euro settimanali a famiglia per 650 grammi circa di cibo sprecato", spiega il fondatore di Last Minute Market Andrea Segrè, presidente del Comitato tecnico-scientifico del Programma nazionale di Prevenzione dei rifiuti (Min. Ambiente) in occasione della Giornata mondiale per il cibo.

Il test dei 'Diari di famiglia', guidato dalla ricercatrice Claudia Giordano sotto la supervisione di Luca Falasconi, funziona con monitoraggi e rilevazioni annotate da famiglie campione (16 gruppi familiari intercettati dalla trasmissione di Radio2 Decanter e 30 gruppi multigenerazionali di famiglie di Bologna) che devono indicare con precisione la misura dello spreco a ogni pasto e spiegano come il cibo gettato viene di volta in volta smaltito. Il Rapporto 2015 Waste Watcher si sofferma sui comportamenti degli italiani e registra che un italiano su due compila una lista della spesa per prevenire lo spreco e l'eccesso di acquisto (51%). Si tratta della medesima quantità di intervistati che attribuisce lo spreco domestico all'eccesso di cibo acquistato (46%). Rilevante il dato degli italiani che dichiarano di non gettare in automatico il cibo scaduto, ma di voler assicurarsi che sia davvero andato a male: sono l'81%, 4 su 5 italiani. E ancora: 3 italiani su 4 fanno la spesa al supermercato, e ben 9 italiani su 10 dichiarano di consultare abitualmente l'etichetta dei cibi acquistati.

La quantità di italiani che chiede o auspica di ottenere una doggy bag al ristorante per non sprecare il cibo che avanza è pari al 30%, 1 italiano su 3. Il rapporto rileva l'aumentata sensibilità degli italiani per il tema spreco alimentare in rapporto all'impatto ambientale: quasi un plebiscito, 9 italiani su 10 finalmente mettono in relazione spreco di cibo e danno ambientale, altrettanti (oltre il 90%) auspicano che il tema dell'educazione alimentare possa essere affrontato già a scuola, analogamente all'educazione civica. Auspicio per ora disatteso dalle linee direttrici della buonascuola che non ha introdotto focus specifici sull'educazione alimentare.

Benessere e povertà convivono nei nostri paesi e nelle nostre città. C'è chi pranza al ristorante e chi, a pochi metri di distanza, rovista nel cassonetto alla ricerca di un tozzo di pane. La Caritas avverte: la povertà sta aggredendo il ceto medio. Non sono più, dunque, solo i senzatetto o i rom a frugare tra i rifiuti. Da qualche anno non è difficile sorprendere italiani, pensionati o anche cinquantenni disoccupati, ad "ispezionare" la spazzatura.

La mattina si aggirano tra i banchi dei mercati. Persone distinte. All'apparenza normalissimi clienti, e fino a pochi anni fa lo erano. Guardano i prodotti esposti sulle bancarelle: frutta, pane, verdura, pesce e carne. Sembra che valutino la merce esposta. Poi all'improvviso, ma con molta discrezione, si avvicinano alle buste gialle degli scarti vegetali. Un'occhiata svelta per individuare il residuo "buono", prima di infilare rapidamente la mano e via tra la folla. La loro "spesa", quando va bene, è un'arancia, una mela o un pomodoro andato a male, in alternativa qualche foglia di lattuga o il gambo di un carciofo. "Pensano di passare inosservati  -  spiega una fruttivendola  -  ma non è così. Li vediamo e facciamo finta di niente. Per noi è doloroso riconoscere i nostri ex acquirenti che frugano tra gli scarti".



È un fenomeno, spiegano diversi commercianti dei mercati, che c'è sempre stato ma che negli ultimi tre anni ha conosciuto un forte incremento: "Ho questa attività dal 1953  -  spiega il titolare di un banco alimentari  -  ma quello a cui assisto da tre anni è incredibile. Non avevo mai visto così tanti anziani rovistare nell'immondizia. Le pensioni minime, evidentemente, non sono sufficienti e così si assiste a queste scene". "Il sabato mattina  -  afferma un fruttivendolo -  è il giorno in cui si vedono più persone rovistare nei cassonetti attorno al mercato. Prima era un fenomeno che riguardava solo gli extracomunitari, ora anche i nostri connazionali, soprattutto gli anziani". Queste situazioni a volte imbarazzano, come racconta un macellaio: "Capita che ex clienti passino dal bancone al retrobottega, a frugare tra gli scarti  -  dove vengono depositati momentaneamente i rifiuti. Quando li sorprendi si giustificano dicendoti che hanno il coniglio, la gallina, o la tartaruga a cui dare da mangiare".

Il direttore dell'Istituto di igiene dell'Università Cattolica di Roma, Walter Ricciardi spiega il pericolo di malattie causato dall'ingerimento di cibo raccolto dall'immondizia: "La salmonellosi e la shigellosi sono le due patologie più facili da contrarre. Più in generale, le tossinfezioni alimentari. Ossia il rischio sia di intossicazione sia di infezione dovuto al cibarsi di alimenti ricchi di germi. Ovviamente  -  conclude Ricciardi  -  le tossinfezioni sono maggiormente pericolose su soggetti deboli, come appunto gli anziani".
Dalla Caritas spiegano che i pensionati che rovistano nella spazzatura sono il simbolo della crisi. "Gli anziani che frugano tra i rifiuti  -  sottolinea Roberta Molina dell'associazione cattolica  -  rappresentano un ceto medio italiano che mai come in questi ultimi due anni è in grossa difficoltà. Dei servizi mensa usufruiscono, dal 2009, anche tante famiglie di nostri connazionali appartenenti a quella che si può definire ormai la "ex" classe media".

Le azioni di sostegno a chi è in difficoltà non vengono, però, solo dalla Caritas. La solidarietà, infatti, non manca anche tra i piccoli banchi nei vari mercati: "Abbiamo imparato a riconoscere chi è nell'indigenza e con molta delicatezza, per non offenderli, gli offriamo qualche cosa  -  racconta un macellaio di un mercato di Roma  -  come delle fettine panate o delle ali di pollo".

Per farsi un’idea di chi sia il povero oggi basta entrare un giorno in mensa per i poveri durante l’orario di apertura: accanto allo “zoccolo duro” degli stranieri, ci sono oggi interi nuclei famigliari, anziani che non riescono, con la loro semplice pensione, a garantire l’acquisto della spesa, padri separati che non avanzano il denaro sufficiente per l’affitto della propria casa, working poors, cioè lavoratori con contratti precari o che non guadagnano a sufficienza per vivere, persone tagliate fuori dal circuito lavorativo per età o per condizioni di salute.



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