Mucche, allevamenti e macellai addio. Per mangiare una bistecca, nei
prossimi anni potrebbe bastare rivolgersi agli scienziati.
All’università di Maastricht, in Olanda, il team guidato dal fisiologo
Mark Post sta sperimentando la produzione di carne di laboratorio su
larga scala. Ed entro il prossimo anno potremmo vedere il primo panino
farcito con un hamburger creato in vitro, tra due fette di formaggio e
una spruzzata di ketchup. Un procedimento innovativo, dicono
dall’università olandese, che in futuro potrebbe servire a ridurre «gli
allevamenti di bestiame, rivoluzionando il modo di pensare la carne e di
rispondere alla crescente domanda di cibo».
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha
stimato che la domanda di cibo, carne compresa, raddoppierà nei prossimi
40 anni per via della crescita demografica mondiale. Ma i metodi di
produzione attuale, commentano gli scienziati olandesi, non potranno far
fronte a questa richiesta. Così, vista la crescente espansione degli
allevamenti ai danni delle piantagioni, sia la carne sia gli altri cibi
base della nostra dieta rischiano di diventare beni di lusso. «A meno
che non si trovi un'alternativa». Che, secondo il team guidato da Mark
Post, è rappresentata dalla produzione di carne in laboratorio.
«Gli attuali allevamenti di bestiame non sono
sostenibili», spiega Mark Post, «sia da un punto di vista ambientale sia
in termini di quantità. Stiamo usando più del 50% delle nostre terre
coltivate per gli allevamenti: è semplice matematica. Dobbiamo fornire
delle valide alternative. Se non facciamo qualcosa, presto la carne
diventerà un raro cibo di lusso molto molto caro».
I primi esperimenti per produrre carne in vitro sono
stati effettuati all’inizio degli anni Novanta dalla Nasa, con
l’obiettivo di trovare cibi che potessero essere conservati per lunghi
periodi dagli astronauti nello spazio. La tecnica, basata sulla
proliferazione di cellule di tacchino prima e di pesce rosso poi, nel
1995 è stata approvata dalla Food and drug administration (Fda). Le
ricerche sono poi continuate in Olanda, negli atenei di Amsterdam e
Utrecht. Finché nel 2008 la Peta (associazione per il trattamento etico
degli animali) offrì 1 milione di dollari di premio alla prima azienda
che avesse fornito ai consumatori carne di pollo creata in laboratorio. E
nel 2009 il
Time inserì la carne in vitro tra le idee
straordinarie dell’anno. Ma da allora nessuna bistecca “cruelty-free” ha
ancora messo il naso fuori dai laboratori.
Gli allevamenti attuali, spiegano i ricercatori di Maastricht,
«contribuiscono al riscaldamento globale attraverso il rilascio
incontrollato di metano, che è 20 volte più potente di un gas serra come
l’anidride carbonica». Tanto che «questi allevamenti sono responsabili
del 30% del metano esistente sulla terra e del 5% della anidride
carbonica presente in atmosfera», scrivono i componenti del team di
Post. A questo si aggiungono i consumi eccessivi: «Maiali e mucche
trasformano solo il 15% delle proteine vegetali assunte in proteine
animali commestibili», dicono, «ma occupano più del 70% di tutte le
terre coltivabili. E per produrre un chilo di carne occorrono più di 15
mila litri di acqua».
Ma come funziona la produzione di carne in vitro?
«Gli hamburger saranno fatti di carne sviluppata in laboratorio dalle
cellule staminali dei muscoli dei bovini. E i metodi di tecnologia
alimentare già largamente in uso saranno usati per garantire consistenza
e sapore appetibili», spiegano dall'università. Le cellule staminali
dei muscoli vengono raccolte attraverso una semplice biopsia. Per essere
poi «nutrite e allevate» in laboratorio. In questo modo possono
crescere e fortificarsi per creare nuovo tessuto muscolare. Il muscolo
finale viene poi sviluppato «allungando» le cellule proliferate tra due
sostegni di velcro. E la tendenza innata di queste cellule ad aderire
l’una all’altra causa l’aumento di volume, creando quindi in piccoli
filamenti di carne. «Per creare un intero hamburger», spiegano i
ricercatori olandesi, «servono tremila filamenti di carne di questo
tipo».
«La produzione di carne in rappresenta l’opportunità di creare un nuovo
modo più salutare di assaporare e consumare proteine naturali, che sono
una parte chiave della nostra dieta», si legge nella presentazione
della ricerca. «Il progetto potrebbe anche essere la risposta ai
problemi di carenza di cibo e alle problematiche ambientali». Con
l’aggiunta di una motivazione animalista: «Questi esperimenti possono
evitare che gli animali vivano in cattive condizioni negli allevamenti
per poi essere macellati».
Ma è sano mangiare carne prodotta in laboratorio?
«Certo», rispondono, «la carne è prodotta da cellule staminali, cresce
naturalmente con l’aiuto di nutrienti naturali e durante i processi
produttivi non vengono aggiunti altri prodotti chimici». Tanto che «può
anche essere più sana di quella proveniente dagli allevamenti
animali». Senza contare che manipolandola si potrebbero pure ridurre i
grassi, che aumentano la probabilità di malattie cardiovascolari, o
aggiungere nutrienti.
E il sapore? «Sarà identico a quello della carne da
allevamento», assicurano. Il primo hamburger potrebbe finire tra due
fette di pane entro i prossimi 12 mesi. Ma da qui a vederlo nei
frigoriferi dei supermercati o sui banconi del macellaio passerà ancora
un po’ di tempo. «La tecnica deve essere rifinita per permettere la
produzione di massa», assicurano, «in ogni caso questo accadrà entro i
prossimi vent’anni». Il costo dell'operazione, però, è decisamente più
caro di un cheeseburger da fast fodd: 250mila euro è quanto un donatore
anonimo ha sborsato in favore dell’esperimento di Mark Post per il primo
hamburger prodotto in vitro.
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