Nei reflui urbani, i solidi sono contenuti in forma disciolta, come ioni o molecole, o in forma sospesa, come aggregati di maggiore complessità.
I solidi sospesi si dividono a loro volta in:
sedimentabili: che possono essere rimossi per decantazione. Convenzionalmente è quella frazione di solidi sedimentabili che decantano durante una prova di sedimentazione statica protratta per 2 ore in appositi coni graduati imhoff.
non sedimentabili: comprendono le sostanze colloidali, che per natura non sedimentano, e la frazione di materiali più grossolani che invece sedimentano in tempi discretamente lunghi e che pertanto non si separano la liquame grezzo durante la prova statica di cui ai punti successivi.
Ciascuna delle classi summenzionate può essere ulteriormente suddivisa in:
solidi non volatili (o residuo fisso): rappresenta i residuo che si ottiene dopo l'incenerimento in forno a muffola alla temperatura di 600 °C
solidi volatili: è l'aliquota dei solidi che a 600 °C si gassificano e pertanto non rimangono come cenere.
Tale suddivisione viene convenzionalmente assunta come equivalente a quella tra solidi organici ed inorganici poiché già a temperatura di 550 °C la frazione organica viene ossidata e gassificata mentre quella inorganica rimane come residuo fisso.
I fanghi primari rappresentano quella parte di solidi sospesi sedimentabili (SSS) che riesce a separarsi dalle acque reflue grezze nei decantatori primari (se presenti) e che pertanto per sedimentare non necessitano di alcuna trasformazione di natura biologica.
La quantità di SSS che costituisce i fanghi primari è inferiore a quella contenuta mediamente nei reflui urbani poiché i sedimentatori primari non raggiungono mai un rendimento pari al 100%, infatti una certa quantità di materie solide ha un movimento verso il fondo molto lento tale che il suo deposito non si può ottenere nel tempo che ordinariamente si assegna per la sedimentazione.
I fanghi primari sono praticamente costituiti da una miscela di:
composti organici facilmente degradabili quali cellulosa, zuccheri,lipidi e proteine;
sostanze inorganiche inerti come sabbia, ossidi metallici, carbonati;
sostanze organiche non facilmente biodegradabili come fibre, semi e gomma.
Per misurare l'efficienza di una vasca di sedimentazione, e di conseguenza stabilire il tenore di SSS eliminabili con la decantazione primaria, si effettua una prova di sedimentazione statica mediante utilizzo del cono di Imhoff. Il cono di Imhoff è un contenitore graduato, di altezza 480 mm e diametro di base di 125 mm, realizzato in materiale trasparente (vetro, plastica) della capacità utile di 1000 ml.
Nel cono si introduce 1 litro di liquame bruto, lo si lascia a riposo per un tempo determinato (di solito 30 minuti) e successivamente si legge sulla scala graduata il volume di sedimento (a); in un altro cono si lascia a riposo per lo stesso tempo l'effluente della vasca, e si legge anche qui il volume del sedimento.
Il valore indice dell'efficienza è dato dal rapporto.
I fanghi secondari sono costituiti dalle sostanze sedimentate nei decantatori secondari dopo che il liquame è stato sottoposto al ciclo biologico del processo depurativo.
Le sostanze organiche presenti nei reflui costituiscono la fonte di nutrimento per microrganismi (principalmente colonie miste di batteri saprofiti) che crescendo e riproducendosi vanno a formare fanghi sedimentabili.
Tali fanghi sono costituiti principalmente da biomassa batterica (colonie batteriche) e in percentuale minoritaria da sostanze inorganiche (sali).
I fanghi secondari contengono:
la frazione dei solidi sospesi sedimentabili (SSS) che è sfuggita alla sedimentazione primaria (i decantatori primaria non hanno mai un rendimento del 100%);
i solidi prodotti direttamente nel reattore biologico costituiti da:
i solidi sospesi non sedimentabili (SSNS) e non biodegradabili (non volatili): cioè quelle sostanze che non vengono attaccate dai batteri ma rimangono comunque incorporate nella biomassa;
i solidi sospesi non sedimentabili (SSNS) biodegradabili (volatili): cioè quelle sostanze che vengono attaccate dai batteri e da questi trasformate in biomassa sedimentabile;
i solidi disciolti (SDV) biodegradabili: cioè quelle sostanze disciolte che vengono attaccate dai batteri e da questi trasformate in biomassa sedimentabile.
I fanghi primari e secondari hanno pertanto matrici diverse.
Questa diversa natura influenza notevolmente il ciclo di trattamenti che vanno a costituire la linea fanghi di un depuratore.
Infatti ad esempio in merito al trattamento di stabilizzazione in presenza di impianti privi di sedimentazione primaria, i fanghi prodotti dalla linea acque sono tutti di tipo biologico.
In questo caso risulta più conveniente sottoporre i fanghi ad una digestione aerobica, che consiste sostanzialmente in vasche aerate simili a quelle utilizzate nella linea acque per l'ossidazione biologica.
Nel caso di presenza di sedimentazione primaria, i fanghi prodotti saranno misti e in questo caso, essendoci la frazione primaria, che non ha subito alcun trattamento biologico, risulta più conveniente utilizzare la stabilizzazione anaerobica.
Inoltre risulta che:
le concentrazioni di microinquinanti organici sono inferiori nei fanghi secondari rispetto ai primari;
i fanghi secondari sono più ricchi di nutrienti (maggiore tenore di azoto totale e fosforo totale).
Per tale motivo risulta più idoneo all'utilizzo in agricoltura.
I fanghi primari invece, avendo un potere calorifico maggiore dei biologici, risulta più idoneo allo smaltimento per incenerimento.
I fanghi prodotti dalla linea acque degli impianti di depurazione sono delle sospensioni costituite da materiale solido con un tenore variabile, ma molto elevato, di umidità.
Le sostanze organiche contenute nei fanghi, primari e biologici, sono putrescibili per cui richiedono una adeguata serie di trattamenti che ne consenta lo smaltimento finale senza inconvenienti per la salute umana e per l'ambiente.
Pertanto è necessario sottoporre i fanghi ad un ulteriore serie di trattamenti, che costituiscono la linea fanghi dei depuratori, finalizzati a ridurre il tenore di acqua contenuta, con conseguente riduzione del volume, alla stabilizzazione del materiale organico e alla distruzione degli organismi patogeni presenti.
I trattamenti che costituiscono la linea fanghi di un depuratore possono essere così riassunti.
condizionamento;
ispessimento;
digestione;
disidratazione;
disinfezione.
I fanghi di depurazione sono a tutti gli effetti dei rifiuti e in quanto tali disciplinati dal Dlgs 152/2006, ma l'art. 127 recita: i fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato; a tal fine per il recupero in agricoltura i fanghi devono essere conformi a quanto stabilito dal D.lgs 99/92
I fanghi pertanto possono essere smaltiti nel seguente modo:
per incenerimento finalizzato al recupero energetico da soli o insieme con la frazione organica dei rifiuti;
in discariche controllate di rifiuti speciali (D. lgs. 36/03 e D.M. 3 agosto 2005);
oppure, poiché generalmente presentano buoni contenuti di sostanza organica ed elementi della fertilità vegetale (N, P, K), riutilizzati:
mediante spandimento tal quali (previa disidratazione) sul suolo adibito ad uso agricolo (D. lgs. 99/92);
in impianti di compostaggio per il successivo utilizzo in agricoltura;
Il riutilizzo in agricoltura è interdetto qualora i fanghi contengano anche metalli pesanti che possono accumularsi nel suolo.
In Italia i fanghi vengono smaltiti principalmente in discarica (55%) e in parte riutilizzati in agricoltura (33%).
Il trattamento e smaltimento dei fanghi prodotti dalla chiarificazione delle acque reflue contribuisce attualmente fino al 50% dei costi di gestione degli impianti di depurazione. I fanghi possono anche essere riutilizzati nei cicli di produzione di laterizi, asfalti e calcestruzzi.
Già dagli ormai lontani anni '60 l'Italia si è posta alla ricerca di soluzioni tese alla preservazione dell'ambiente (si ricorda il D.P.R. 615 del 1966 in materia di inquinamento atmosferico) e solo nel 1976 si è giunti alla definizione di una reale normativa sulla salvaguardia delle acque dall'inquinamento.
Lo spirito di queste norme era incentrato sulla necessità di assicurare condizioni limite di scarico degli effluenti e come soluzione generalizzata portò all'adozione delle tecniche di depurazione di tali effluenti.
In particolare iniziò a diffondersi tale pratica per moltissimi centri urbani che iniziarono a depurare gli scarichi fognari.
Naturalmente tutto questo meccanismo, discendendo dal concetto di "depurazione" non risolveva completamente le problematiche di tipo ambientale, in quanto la "depurazione" non elimina gli inquinanti e le sostanze comunque indesiderate, ma bensì le trasferisce ad un altro mezzo, eventualmente concentrandole.
E' infatti così che si cominciò a prospettare la problematica della collocazione dei fanghi di depurazione.
Parlando di "fanghi" ci si riferisce a mezzi identificati da dispersioni di solidi in liquidi (tipicamente acqua). In particolare, per "fango di depurazione" deve intendersi la parte non chiarificata derivante dalla separazione solido-liquido realizzata nell'ambito della depurazione di un refluo, ai fini di ricondurlo entro i limiti definiti per lo scarico in un corpo idrico ricettore o, più genericamente, in sede di trattamento di un fluido, per ottenere il rispetto di determinati parametri tecnici o regolamentari.
La vigente normativa individua i fanghi decadenti da un processo produttivo o da una fase di depurazione come rifiuti, in quanto soddisfacenti la condizione di "destinazione all'abbandono" da parte dell'iniziale produttore (a nulla valendo il fatto che vi possa essere la possibilità di recupero od utilizzo da parte di terzi). In particolare i fanghi sono poi classificati quali "rifiuti speciali" (pericolosi o non pericolosi), e sono previste numerose codifiche (CER) che li individuano, sia in termini generici che specifici, secondo la loro provenienza (pur se non arrivando a coprire tutta la possibile casistica).
La problematica del trattamento e smaltimento dei fanghi prodotti dai processi di depurazione delle acque reflue urbane assume sempre più importanza sia a livello nazionale che internazionale.
Nella Comunità Europea la progressiva attuazione della Direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, comporta un costante aumento dei quantitativi di fanghi originati dai processi di depurazione: da una produzione annuale di circa 5.5 milioni di tonnellate (sostanza secca) del 1995 si è raggiunta una produzione di circa 8.5 milioni di tonnellate nel 2003.
La Direttiva in Italia è stata recepita prima dal D. Lgs. 152/99 e adesso dal D. Lgs. 152/06.
Le modalità di smaltimento/utilizzo dei fanghi più frequenti sono:
- lo smaltimento in discarica;
- il riutilizzo in agricoltura tal quali o previo compostaggio;
- l’incenerimento da soli o il co-incenerimento con i rifiuti;
- l’inserimento nella produzione di laterizi, asfalti, calcestruzzi.
In Italia i fanghi sono considerati, in generale, un rifiuto e il loro prevalente destino è lo smaltimento in discarica. Ma i cambiamenti delle condizioni al contorno: i quantitativi sempre maggiori prodotti in conseguenza del numero crescente di impianti di depurazione, le normative più restrittive sullo smaltimento in discarica, costringono a considerare con sempre maggiore attenzione le possibilità di riutilizzo dei fanghi e l’impiego delle nuove tecnologie di depurazione che consentono di ridurne la produzione.
A livello comunitario l’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura è regolato dalla Direttiva 86/278/CEE e raggiunge il 40% del totale di fanghi prodotti, in Italia si è raggiunta una percentuale di riutilizzo del 32% nel 2003.
I dati sull’utilizzo dei fanghi in agricoltura, a livello nazionale, sono acquisiti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e sono trasmessi alla Commissione Europea, in adempimento degli obblighi derivanti dall’attuazione della Direttiva 86/278/CEE.
La norma nazionale che definisce le condizioni che devono essere verificate per l’utilizzazione dei fanghi in agricoltura è il D. Lgs. n. 99 del 27 gennaio 1992 che recepisce la Direttiva comunitaria 86/278/CEE. Il Decreto in particolare fissa:
i valori limite di concentrazione per alcuni metalli pesanti che devono essere rispettati nei suoli e nei fanghi;
le caratteristiche agronomiche e microbiologiche dei fanghi (i limiti inferiori di concentrazione di carbonio organico, fosforo e azoto totale, i valori massimi di salmonella);
le quantità massime dei fanghi che possono essere applicati sui terreni.
In alcune regioni sono state emanate norme specifiche che disciplinano ulteriormente la materia.
Il riutilizzo agronomico dei fanghi diretto o previo compostaggio, è una valida soluzione al problema dello smaltimento dei fanghi di depurazione e assume notevole interesse per l’efficacia agronomica ed economica in quanto sostituisce, in tutto o in parte, la concimazione chimica o altri tipi di concimazione organica. Per evitare qualsiasi situazione di rischio per l’ambiente e la salute della popolazione deve essere correttamente praticato nel pieno rispetto della normativa in particolare per quanto riguarda l’effettuazione dei controlli sui suoli e sui fanghi.
Immaginando di dover spandere fanghi pompabili o palabili sul suolo agricolo, si notano subito i pro e contro di questa metodica di recupero:
pro:
miglioramento della tessitura del suolo;
apporto di elementi nutritivi o comunque agronomicamente utili;
risoluzione della problematica dello smaltimento dei fanghi che comunque dovrebbe seguire vie alternative;
contro:
odori da fermentazioni anaerobie; rischio sanitario;
presenza di sostanze organiche indesiderate; rischio biologico;
presenza di sostanze inorganiche indesiderate; rischio chimico;
deriva incontrollata (ruscellamenti, percolazione); rischio biologico-chimico;
produzione di aerosol (mezzo di propagazione di odori e colonie batteriche); rischio sanitario.
I rifiuti che possono essere recuperati mediante utilizzo in agricoltura sono i seguenti:
fanghi biologici, ma con esclusione dei fanghi primari non sottoposti a trattamento biologico di digestione.
fanghi primari costituiti da cruschello, ritenuti rifiuti speciali;
rifiuti provenienti da industrie agro-alimentari che trattano esclusivamente materie prime naturali;
rifiuti aventi composizione analoga a quella dei fertilizzanti, ammendanti e correttivi in commercio regolamentati dalla L. 748/1984.
Per fango si devono intendere i residui derivanti dai processi di depurazione:
delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti civili (art. 2, comma 1, lettera g, ed art. 28, comma 7, D.L.vo n. 152 del 11/05/1999 - acque reflue domestiche ed assimilate);
delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e produttivi (devono possedere caratteristiche sostanzialmente non diverse da quelle possedute dai fanghi di cui sopra);
delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti produttivi; tali fanghi devono essere assimilabili per qualità a quelli di cui al primo punto in quanto ad idoneità all'uso agricolo.
Per fango stabilizzato si intende un fango che ha perso le caratteristiche originarie di putrescibilità mediante l'applicazione di trattamenti di digestione aerobica od anaerobica (da cui risulti un abbattimento minimo delle sostanze volatili - S.S.V. - del 20%) o, in alternativa, trattamenti chimici o termici.
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