venerdì 25 settembre 2015

IL CIBO DELLE MENSE



Per esigenze lavorative o di studio si pranza fuori casa ed è spesso difficile conciliare questo aspetto con la propria dieta.
D'altra parte per i ristoratori non è certo facile associare l'appetibilità e la qualità dei cibi con un prezzo ragionevole. Per questo motivo nelle mense e nei ristoranti più economici si fa un largo uso di alimenti precotti, di aromi artificiali e di condimenti come la panna e il burro.
In questi casi diventa davvero facile cadere in tentazione e commettere errori alimentari anche piuttosto grossolani.
Tutti noi abbiamo però a disposizione degli stratagemmi per difenderci da cibi di scarsa qualità o troppo grassi che rischiano di far lievitare il nostro giro vita.
Una prima colazione nutriente e bilanciata permette di iniziare la giornata con vitalità senza farci arrivare stanchi ed affamati alla pausa pranzo.
Se la verdura è a buffet, è bene mangiarla prima degli altri alimenti. In questo modo si prepara l'ambiente digestivo e, grazie alla presenza di fibra con buon potere saziante, si evitano inutili abbuffate.

Meglio stare lontani dai fast-food anche se bisogna riconoscere che ultimamente sono state introdotte delle proposte "quasi salutari" per soddisfare le esigenze di un pubblico sempre più attento a linea e salute. Se proprio non riuscite a resistere alla tentazione cercate almeno di evitare bevande zuccherate tipo coca cola o alimenti fritti.



La pizza in realtà nasconde molte calorie. Per la precisione questo alimento, tipicamente italiano, non rientra tra gli alimenti ipercalorici ma è facile consumarne grossi quantitativi (una pizza di medie dimensioni pesa all'incirca 250-300 grammi).

Lo zucchero nel caffè, il vino o le bevande zuccherate al posto dell'acqua, l'aggiunta di olio o formaggio grattato e via dicendo. Dieci grammi di zucchero + 15 grammi di olio di oliva + 20 grammi di parmigiano +1 coca cola in lattina apportano, da soli, all'incirca 400 Kcal.

Il problema della pasta è che è un alimento poco saziante e molto calorico (scondita siamo già a 360 kcal per 100 grammi). Tuttavia se la si abbina a della della fibra (verdura) o a grassi e proteine (carne e olio di oliva), l'indice di sazietà aumenta notevolmente. La pasta al tonno, olio di oliva e pomodoro è perfetta, un ottimo esempio di un piatto unico bilanciato ed equilibrato. Anche la pasta con i legumi e pomodoro è bilanciata, così come quella con macinato e zucchine, tanto per fare degli esempi. La pasta alla carbonara lo è meno (mancano le verdure), così come quella con l'olio (mancano le verdure e le proteine della carne).
Quindi, se la mensa propone della pasta con un condimento vario e non troppo ricco di grassi la si può consumare tranquillamente come monopiatto. In caso contrario meglio della carne, ovviamente non troppo unta, con un po' di pane e verdure a piacere.

Le mense aziendali devono rendere nota la quantità dei cibi che propongono.

Un panino con qualche foglia di lattuga e dell'affettato magro è la scelta migliore. Altre scelte salutari sono, per esempio, una macedonia di frutta e qualche noce, un po' di bresaola con abbondante rucola e qualche scaglia di grana.
A parità di prezzo (difficile pensare che un menù fisso a 10 euro sia preparato con alimenti di qualità) cercate di valutare il modo di porsi del personale. Una camicia sporca è segno di scarsa igiene, un menù speciale per i celiaci o proposte dietetiche particolari sottolineano invece l'attenzione del locale.

Chi mangia in mensa è predisposto ad una carenza di acido folico e di altre vitamine termolabili. L'abitudine di tenere in caldo le vivande a causa della prolungata esposizione al calore tende infatti a degradare tali vitamine. Per questo motivo è bene cercare di compensare tale carenza consumando un pasto serale ricco di verdure possibilmente crude.

È un universo di luci e ombre quello della mensa scolastiche in Italia. Un universo in cui è difficile generalizzare, perché sono troppe le differenze tra scuola e scuola, anche nella stessa città. Stando a un recente sondaggio, però, è mediamente buono il giudizio che i genitori danno alla mensa scolastica che giornalmente serve i loro figli. Tutto a posto, quindi? Forse. Ma quanto sono davvero consapevoli le mamme e i papà di quanto e di come mangiano i bambini?
La situazione è variegata sul territorio nazionale, dal momento che ogni Comune decide per conto suo come gestire le mense. In quasi tutti, e in quelli più grandi in particolare, ci sono delle commissioni ad hoc composte da nutrizionisti, dietisti, pediatri, igienisti e medici sportivi, il cui compito è proprio organizzare i menu. Teoricamente, quindi, tutto dovrebbe andare bene, ma nella realtà non è sempre così e ci sono ancora grossi problemi da risolvere.
Il primo è di impostazione e ce lo portiamo dietro dagli anni Venti, quando vennero creati i primi refettori: è considerare che le mense scolastiche debbano coprire il 50% del fabbisogno nutrizionale quotidiano dei bambini. Questa è un’impostazione che andava bene in un’epoca in cui la povertà era diffusa e si voleva andare incontro alle esigenze di quei bambini che a casa avrebbero mangiato poco o nulla. Ma oggi, dopo i cambiamenti sociali del secondo dopoguerra e il boom economico degli anni Sessanta, non ha più senso. È vero che molte commissioni hanno ridotto le quantità e che alcune mense scolastiche sono virtuose, ma in tante altre i piatti per i bambini continuano a essere eccessivi.



Il secondo grosso problema è quello dell’equilibrio nutrizionale, che non sempre viene rispettato. In quasi tutti i menu sono previsti piatti con legumi e cereali, come pasta e fagioli o riso con le lenticchie. Sono piatti unici, ma nella consapevolezza che non tutti i bambini li mangiano, si preparano anche dei secondi. Così c’è il bambino che mangia solo il secondo e un altro, invece, che oltre alla pasta e fagioli si prende pure la carne. In questo modo si dimentica che la mensa deve essere un momento educativo, che deve sia stimolare i bambini ad apprezzare nuovi piatti, ma anche insegnare che alcuni piatti sono ‘piatti unici’ e non hanno bisogno di altro. Invece, così facendo si manca anche di far capire ai genitori che quando preparano un pasto con legumi e cereali serve solo un po’ di verdura e della frutta per avere un pasto completo ed equilibrato. Ma c’è un ultimo problema ed è quello della porzionatura.
È chiaro che ogni mensa debba preparare i pasti considerando il numero complessivo e l’età media dei bambini. Va bene in linea teorica, ma non nella pratica, perché le porzioni non possono e non devono essere uguali per tutti i bambini, ma andrebbero proporzionate almeno rispetto all’età. Così invece passa il messaggio che tutti possano mangiare le stesse quantità e i bambini acquisiscono un modello che poi vogliono applicare anche a casa, chiedendo lo stesso piatto del papà o del fratello più grande. Tutto questo si eviterebbe se la mensa fosse vista, in primis dagli insegnanti, come un fatto educativo al pari delle ore di lezione. Gli insegnanti dovrebbero non tanto controllare ogni alunno, che è una cosa impossibile, ma quantomeno vigilare che non siano date doppie porzioni, che tra l’altro, per disposizione, non sono neanche consentite.
Molto spesso i bambini mangiano a scuola piatti che invece a casa rifiutano. Lo fanno in genere per imitazione, vedendo i loro compagni. Il risultato è che così molti si approcciano a nuovi ingredienti. È vero, però, che a scuola si fa troppo poco verso i bambini fortemente neofobici.

L’obesità infantile è uno dei problemi più gravi riscontratisi durante lo sviluppo. E' brutto sapere che riguarda ben un bambino su tre in Italia.

A questo proposito Ferruccio Fazio, il ministro della Salute ha fornito alle mense scolastiche un vademecum per far sì che i bambini, almeno a scuola, mangino cibi più sani e genuini.
Gli utenti delle mense scolastiche in Italia sono circa 1,5 milioni, a dichiararlo è proprio il Ministero della Salute. L’obesità colpisce il 12,3% dei bambini italiani, mentre il 23,6% è in sovrappeso e ogni anno i casi aumentano.



Ecco allora come cambieranno i menù nelle scuole dei nostri figli:

La pizza, o la lasagna, al massimo una volta a settimana come alternativa alla pietanza tradizionale;
pasta e pane tutti i giorni,
un secondo a scelta tra carne, pesce, uova o formaggi con la possibilità di alternare anche i legumi;
una porzione giornaliera di frutta e verdura, e salumi solo due volte al mese.
Carlo Cannella, nutrizionista dell’Università La Sapienza di Roma e presidente dell’Inran, l’ente pubblico italiano per la ricerca in materia di alimenti e nutrizione, commenta così: «la tabella parla del 35% di apporto calorico giornaliero da assicurare con il pranzo. Considerando che si tende ad attribuire il 20% di ratio energetica alla colazione, percentuale fra l’altro molto difficile da raggiungere con la colazione italiana, il 100% giornaliero è ancora molto lontano». «L’apporto del pranzo dovrebbe essere in realtà - spiega l’esperto - intorno al 40-45 per cento del totale» altrimenti «c’è il rischio che i bambini arrivino a casa affamati e vogliano il panino».
Per quanto riguarda l’equilibrio degli apporti tra i vari componenti (proteine, zuccheri, grassi, fibre) e della scelta dei cibi, Cannella si dice d’accordo con un distinguo: «Mi sembra che ci sia un’eccessiva demonizzazione dei salumi. Il prosciutto cotto e la mortadella sono tra i cibi che i bambini italiani gradiscono di più, e ai quali sono più affezionati».







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