martedì 21 settembre 2010

Spesa a km zero


Quanti chilometri percorre il cibo prima di arrivare sulle nostre tavole?

Ore 17.00, uscita dall’ufficio; corsa verso il supermercato per fare la spesa e portare a casa qualcosa per la cena. Ecco la caduta libera nei carrelli della spesa di: frutta, verdura, formaggi, vino, dolci e vari altri prodotti che, un pochino alla rinfusa e in un incedere sempre più frenetico, corrono poi verso il nastro alla cassa.

Ma da dove arrivano questi cibi? Quanti sono i chilometri percorsi dal loro paese di produzione alle nostre tavole?
Su questo aspetto sarebbe bene soffermarsi poiché i motivi di riflessione sono particolarmente importanti per l’ambiente e l’economia.

Oltre a essere avvolto da affascinanti “vestiti”, il cosiddetto packaging, il cibo che noi comunemente consumiamo è caratterizzato da un altro elemento derivante da una cultura figlia della globalizzazione: spesso arriva da molto lontano, percorrendo centinaia e a volte migliaia di km.
Un Professore londinese, Tim Lang, circa quarant'anni orsono, fu un pioniere di questo tema, affrontando numerosi studi e ricerche a riguardo. Introdusse, per primo, il termine food miles cioè km percorsi dal cibo o km alimentari.
Il punto era ed è cercare di avere una risposta sull’impatto ambientale in termini di consumi energetici, delle numerose quantità di cibo trasportate via mare, o via terra da un polo all’altro del mondo.
Spesa km zero camion tir
Alisa Smith e James MacKinnon, due giornalisti canadesi, nel 2005 decisero di nutrirsi solo ed esclusivamente con prodotti locali acquistati nel raggio di 160 chilometri dalla loro residenza, nella West Coast, tutto questo per un anno, caratterizzato dunque da una “ricerca alimentare” rispettosa dell’ambiente.
Oggi questo discorso è particolarmente sentito da tutti coloro che hanno a cuore il pianeta, il nostro pianeta!

Spesa km zero supermercato

Ma quanto è lunga, dunque, la strada che percorre il cibo per arrivare alla nostre tavole?
Passiamo a degli esempi pratici ed estremamente chiari: un chilogrammo di ciliegie dall’Argentina in Italia, in aereo, percorre ben 12.000 Km, consumando circa 6 kg di petrolio, emettendo anidride carbonica pari a 16 kg.
Altro esempio: l’uva di provenienza cilena, trasportata in aereo, ha un consumo pari a 5,8 kg di petrolio e causa l’emissione di 17,4 kg di anidride carbonica.

Spesa km 0 etichetta alimenti 











Nel nostro Paese, da qualche tempo, la sensibilizzazione verso queste problematiche ambientali e di consumo consapevole si sta diffondendo, facendo nascere progetti e idee per arginarle e nel migliore dei casi risolverle.
Che cosa può fare, nella pratica quotidiana, un consumatore quando decide di andare a fare la spesa? Prima di tutto è possibile impiegare un facile strumento che è alla portata di tutti, ma soprattutto di coloro che hanno voglia di impegnare una parte del proprio tempo, per difendere l’ambiente: leggere l’etichetta!
Leggiamo attentamente la provenienza del prodotto, se si presta attenzione ad esempio al supermercato o al mercato, acquistando la frutta e la verdura si leggerà oltre alla categoria e al prezzo al kg, anche il paese di provenienza, indicato appunto sull’etichetta.
Faccio notare che dev’esserci per legge! Non è un favore o una carineria a discrezione del produttore verso il consumatore.
Tra tante arance ad esempio un tipo proverrà dalla Tunisia, un altro dalla Spagna e magari il terzo sarà italiano.
Ecco cosa vuol dire saper scegliere in modo responsabile, acquistare prodotti, se possibile, il più vicino possibile a casa nostra. Ad esempio se abitiamo in Toscana perché acquistare dell’acqua in bottiglia che ha percorso più di 500 km per arrivare sulla nostra tavola? Non sarebbe più sensato acquistare dell’acqua in bottiglia della propria regione di appartenenza, o ancor meglio utilizzare quella potabile proveniente dall’acquedotto?

Spesa km zero verdura fresca 


















Un'altra semplice indicazione, collegata al saper fare un acquisto responsabile, è quello di acquistare prodotti di stagione, perché comprare i pomodori a gennaio, o le fragole a dicembre? Bisognerebbe essere coerenti e pensare che anche se l’acquisto è fatto da un contadino, per produrre le fragole fuori stagione ci si sarà avvalsi delle serre riscaldate artificialmente, anche questo è un consumo di energia poco sensato.
Facciamo un passo indietro, nel nostro passato scolastico, e ridiamo una spolveratina a quelle conoscenze elementari e al contempo ataviche che la nostra brava maestra, o la mamma, quando eravamo piccoli ci insegnavano, ovvero le quattro stagioni e i tutti i tipi di frutta e verdura a loro collegate. Tutto ciò sarà utile per conoscere meglio gli alimenti ed essere più rispettosi dell’ambiente.

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