domenica 23 dicembre 2012

Buon appetito


Il bello di dirsi 

“Buon appetito!”

Lo dicevamo sempre, all’inizio dei pasti: Buon appetito!
La maggior parte di noi continua a dirlo, anche se ogni tanto capita di incontrare qualcuno che ammonisce: “non si usa più”.
Non arrivo a capire il perché di questa censura. Forse che augurare buon appetito è ritenuto volgare? Forse si ritiene inopportuno in una società di obesi e di sovrappeso, ai quali meglio si adatterebbe la raccomandazione di moderare e trattenere l’appetito? Forse è un riemergere di antiche fobie, di quella diffidenza per i piaceri del corpo che una certa cultura ha propagandato per secoli?
Ma, in primo luogo, buon appetito non significa “mangiare molto”. Significa semmai “mangiare bene”. Significa (proviamo a invertire i termini) un appetito buono, un rapporto cordiale con il corpo e un’amorevole attenzione ai segnali che esso ci manda. Significa una gestione equilibrata di questi segnali, il riconoscimento di quanto ci serve e ci compete, per godere sobriamente dei piaceri del cibo anche in funzione della salute: “Il piacere onesto e la buona salute”, per dirla con l’umanista Bartolomeo Sacchi, meglio noto con lo pseudonimo Platina, che così intitolò la sua opera più celebre.
Appetito viene dal latino “ad-petere” e significa il desiderio, l’essere attratti da qualcosa. Non è la fame, pulsione istintiva che serve a sopravvivere, a riempire lo stomaco, a fare il pieno di benzina in questa macchina che si chiama corpo. È qualcosa di meno e di più importante. Meno, perché l’appetito non ci obbliga a mangiare, ma garbatamente ci invita. Più, perché introduce l’elemento del piacere e della discrezione (nel senso letterale di “scegliere”) rielaborando in senso culturale l’istinto della fame. Certo, ciò può accadere solo quando la fame non urla troppo. Perciò l’appetito è un lusso, che non tutti, e non sempre, si possono permettere. Augurare buon appetito è come dire: spero che la tua fame non sia tale da impedirti un rapporto cordiale e piacevole col cibo. Augurare buon appetito è un gesto gentile, affettuoso. Non perdiamolo.
Mi è capitato di riflettere sulle diverse modalità con cui questa idea si declina nelle varie lingue. Il modo più diffuso è pensare l’augurio in funzione del pasto che comincia: “Buon appetito!”, appunto. Come in francese: “Bon appétit!”. O in tedesco: “Guten Appetit!”. O in portoghese: “Bom apetite!”. In altri casi l’accento si sposta sul risultato finale del pasto, e l’augurio è che possa portare benessere al corpo: “¡Que aproveche!” dicono gli spagnoli, ossia: buon pro ti faccia. Altre volte ancora, l’augurio si colloca non prima né dopo, ma durante il pasto. Come in inglese: “Enjoy your meal!”.
Mi piacerebbe conoscere tutte le lingue del mondo, per cogliere le tante sfumature di questo delizioso augurio. 



Massimo Montanari

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