Il sushi rappresenta il cibo perfetto, teoricamente non fa ingrassare, è decisamente chic nella forma con cui viene servito e i ristoranti giapponesi, solitamente, hanno un arredamento minimal-chic.
E' pressoché impossibile spendere meno di 40€ a testa mangiando decentemente; ma da un po' di tempo una nuova formula ha fatto il capolinea in alcuni ristoranti giapponesi un po' più cheap: All you can eat mangi quello che vuoi e senza limiti ad un prezzo fisso.
Sushi, sashimi, tartare di tonno sono una tentazione irresistibile, sempre più di moda nei happy hour italiani e nei ristoranti giapponesi, ormai molto affollati. L'aumento di consumo di pesce crudo è la tendenza gastronomica del momento, anche tra i più giovani.
Il pesce crudo può essere contaminato da diversi microrganismi, che provocano infezioni gastrointestinalii, causate non solo da Escherichia coli o Salmonella, ma anche dai più pericolosi Anisakis o Opisthorchis, diffuse fino a poco tempo fa solo in alcune aree geografiche.
L'Anisakiasi è provocata dall'ingestione di pesce poco cotto o crudo contaminato dalle larve di un parassita, l'Anisakis simplex, che può infestare diversi pesci, come sardine, aringhe, acciughe, sgombri, totani e calamari, tonno, salmone, merluzzo, nasello. Una volta ingerita, la larva (un vermicello filiforme, visibile anche a occhio nudo, lattiginoso e lungo 1-2 cm) spesso muore e non provoca sintomi, ma in altri casi può manifestarsi con forme cliniche sistemiche o gastrointestinali. Le prime determinano sintomi allergici di varia gravità, che spaziano dall'orticaria, all'angioedema, fino allo shock anafilattico e sono causate da una reazione allergica verso le proteine del parassita. Altrettanto gravi le forme gastrointestinali: sono dovute alla formazione di granulomi della parete gastrointestinale, causate da una reazione alle larve del parassita.
Le forme croniche possono simulare diverse malattie infiammatorie e ulcerose del tratto intestinale, oppure coinvolgere altri organi, come fegato, milza o pancreas. In casi più rari le larve possono perforare la parete dell'intestino e causare un addome acuto, che simula un'appendicite acuta o un'ileite terminale. La cura dell'Anisakis richiede molto spesso nei casi più gravi l'intervento chirurgico, per asportare la parte dell'intestino invasa dai parassiti.
L'Opistorchiasi è invece una parassitosi causata dall'Opisthorchis, un verme piatto lungo circa 8-10 mm.L’uomo, ospite definitivo, si infetta mangiando pesci di acqua dolce crudi o poco cotti, contenenti le larve incistate. I sintomi, dovuti ai danni al fegato e alle vie biliari, sono più sfumati rispetto all'anisakiasi, con febbre, mal di testa, nausea, diarrea, dolori addominali, dolore e aumento di volume del fegato, perdita dell'appetito, possibile ittero, pancreatite, colangite. Di fronte a questa sintomatologia è quindi importante chiedere sempre se è stato consumato pesce crudo o trattato con marinatura o affumicatura, che non prevedono la cottura delle carni.
Esiste una normativa europea (CE 853/2004) in tema di sicurezza alimentare, che obbliga produttori e negozianti a congelare tutto il pesce commercializzato (quindi anche il crudo) a -20 gradi per almeno 24 ore e che deve essere estesa anche ai prodotti che subiscono un'affumicatura, come aringhe, salmone e sgombri. Una circolare (4379P del 17-02-11), emanata di recente dal Ministero della Salute stabilisce inoltre che i prodotti della pesca destinati al consumo crudo o praticamente crudo e che hanno subito il trattamento di bonifica preventiva attraverso il congelamento a -20° C per almeno 24 ore, debbano essere accompagnati da una certificazione del produttore. Se la normativa viene rispettata non si corrono rischi.
Questo trattamento assicura così come la cottura per almeno dieci minuti a 60° la completa disattivazione delle larve, mentre la marinatura con aceto, limone, la salagione, l'affumicatura non bastano a distruggere le larve di Anisakis, molto resistenti agli acidi (aceto, limone e acido cloridrico dello stomaco). Per il consumo di pesce da lago, più resistente al congelamento dell'Opisthorchis, la congelazione dovrebbe essere prolungata invece per una settimana.
Quando si va al ristorante per gustare sushi e sashimi, bisogna assicurarsi che questo venga preventivamente sottoposto a trattamento termico adeguato ed evitare alcuni ristoranti cinesi "travestiti" da giapponesi, poco attenti all'igiene e all'adesione alle norme.
Con l'aiuto di un esperto "sushi man", una trasmissione televisiva ha fatto il giro di alcuni ristoranti a Milano per valutare la qualità del cibo che viene offerto. A questo primo impatto visivo, olfattivo, gustativo e tattile, è seguita poi l'analisi in laboratorio di alcuni campioni di pesce prelevati all'interno di otto ristoranti: in cinque di questi è stata riscontrata un'elevata presenza di batteri all'interno del pesce, dall'escherichia coli allo stafilococco.
Secondo questo esame, se nel sushi di prestigiosi e rinomati ristoranti giapponesi il valore di riferimento dei batteri si colloca a 100, nei campioni dei cinque “all you can eat” risultati negativi, i parametri arrivano fino a 860.000. In altri due casi è stata rilevata la presenza di istamina, una sostanza che può provocare addirittura il soffocamento in individui particolarmente allergici.
Come capita nella maggior parte delle occasioni, l’idea di poter entrare in un ristorante e mangiare tutto quello che si vuole pagando sempre la stessa cifra non poteva che provenire dagli Stati Uniti. Precursori di una tendenza popolare e di sicuro successo, gli americani sono stati i primi a sperimentare la formula cosiddetta “all you can eat“.
Il meccanismo è molto semplice e, fin da subito, destinato ad avere un riscontro più che positivo fra la gente. Si entra, si paga un prezzo fisso e si ha libero accesso al ricco buffet, dal quale ci si può servire fin quando si ce la fa. Si, perché con questa formula non si ha bisogno di menu e camerieri, ma basta scorrere i lunghi tavoli da buffet scegliendo quello che più piace e quante volte si vuole.
Questa tendenza nel mondo della ristorazione ha, ovviamente, preso lentamente piede anche in Italia, dove i primi a sperimentarla sono stati i ristoranti giapponesi e cinesi. Pagando una quota fissa che varia solitamente fra i 10 e i 20 euro, infatti, si avrà solo l’imbarazzo della scelta fra i ravioli al vapore, il pesce grigliato, il sushi o l’insalata di mare.
Non è raro che in questi ristoranti il cuoco sia ben visibile ai clienti che, anzi, possono porgergli il proprio piatto per fargli cuocere il pesce, la carne o le verdure crude precedentemente scelte dal buffet. In altri casi, invece, il cuoco prepara a vista i piatti ordinati facendoli scorrere, poi, su disco rotante da cui i commensali potranno gustarli.
I ristoranti giapponesi, cinesi, brasiliani ma anche mongoli e messicani sono stati i primi ad adeguarsi alla nuova tendenza anche se, man mano, ristoranti italiani e pizzerie hanno seguito l’esempio. Sulla scia del tipico happy hour del tardo pomeriggio organizzato da pub e lounge bar, infatti, i ristoranti più alla mano offrono l'”all you can eat”.
In pizzeria, questa formula americana ha assunto una connotazione e un nome tutto italiano e non è raro, perciò, doverla individuare sotto il nome di giro pizza. Ovviamente, per evitare costosi e inutili sprechi di cibo, i ristoratori impongono quasi sempre un’unica regola: finire completamente quello che si ha nel piatto prima di rituffarsi nel goloso buffet proposto.
Solitamente le bevande sono escluse dal prezzo fisso stabilito e in alcuni casi si può scegliere solo tra i piatti proposti dal locale. Quando si è alla ricerca di un buon “all you can eat”, infatti, è necessario verificare che il buffet proposto sia ricco e vario ma, soprattutto, preparato con alimenti freschi e sicuri.
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