martedì 28 febbraio 2012

ECOLOGIA: Chi c'e' dietro alla TAV

 
 
 
"....Io abito da 10 anni in una borgata dell’alta valle Susa, nella casa dove nacque mio padre e dove hanno vissuto fino alla morte i miei nonni, sono coltivatore diretto da anni e vivo del reddito che mi fornisce la Terra tramite i suoi prodotti, faccio anche saltuari servizi di giardinaggio e il tempo che dedico (volentieri) alla lotta No Tav lo ritaglio tra il lavoro e le mille faccende della vita di campagna.

L’amore per la Terra e per questa valle mi spinge a difenderla fino in fondo dalle mani avide degli speculatori...."

Luca Abba'

Chi c'e' dietro alla TAV



A fianco del Movimento NO TAV e di Luca,...


Dopo i gravissimi fatti di stamattina, con il violento assalto alla baita Clarea che ha messo in serio...


I fatti:Giù dal traliccio leader no Tav: grave
L'audio: "Sono sul traliccio a dieci metri"(da Corriere.it)

PERKE' NO TAV
http://cipiri6.blogspot.com/2010/01/perche-sto-con-i-no-tav.html



ECOLOGIA: Chi c'e' dietro alla TAV: A fianco del Movimento NO TAV e di Lu...

-

lunedì 27 febbraio 2012

TASSA SUL CIBO SPAZZATURA





TASSARE IL CIBO SPAZZATURA?

GIUSTISSIMO

 

di Nerina Dirindin , Elenka Brenna e Cinzia Di Novi 07.02.2012
 
Il ministro della Salute ha allo studio una tassa sul cibo spazzatura.

 Misure di questo tipo riducono il consumo di bibite zuccherate, anche se gli effetti sui rischi di sovrappeso e obesità sono difficili da quantificare. Funzionano meglio se accompagnate da una pluralità di interventi da realizzare in primo luogo nelle scuole e con il coinvolgimento dei genitori. Il rischio è che la eventuale tassa sia utilizzata più per fare cassa che per promuovere comportamenti alimentari sani. E le strutture sanitarie dovrebbero dare il buon esempio.
Il ministro della Salute ha dichiarato di avere allo studio l’introduzione di una tassa sul junk-food, il cosiddetto cibo-spazzatura, allo scopo di ridurre il rischio di sovrappeso e obesità. Interventi analoghi sono stati da poco adottati in Francia (la taxe soda sulle bevande gassate zuccherate, circa due centesimi di euro per lattina) e in Danimarca (la tassa sul cibo ricco di grassi saturi, come snack e merendine, di circa 2 euro per chilo). Negli Usa, molti stati applicano da tempo una tassa sulle bevande zuccherate dell’ordine del 3-5 per cento del prezzo. Si tratta di interventi capaci di ridurre il consumo dei prodotti tassati, ma con effetti complessivi di difficile valutazione. Le esperienze in corso vanno pertanto analizzate molto attentamente.

ALIMENTI “KILLER”: BEVANDE GASSATE E SNACK IPERCALORICI
 A partire dal secondo dopoguerra, la tradizione e la cultura alimentare dei paesi industrializzati ha subito un profondo cambiamento: con la maggiore disponibilità di cibo, si è progressivamente diffuso il consumo di cibi pronti, spesso poveri di fibre e ricchi di grassi, ad alta densità calorica. Negli Usa, fino alla fine degli anni Novanta, fra i bambini dai 2 ai 18 anni, la principale fonte delle calorie provenienti dall’assunzione di bevande era il latte, mentre negli anni più recenti il maggior contributo è dato dalle bevande zuccherate. Numerosi studi longitudinali condotti sulla popolazione statunitense mostrano una chiara relazione positiva fra consumo di bevande zuccherate e peso corporeo, soprattutto fra i giovani (la relazione è messa in dubbio solo dagli studi sponsorizzati dall’industria delle bevande gassate). (1) È inoltre dimostrato che la causa principale dell’obesità sta nell’aumento dell’apporto calorico del cibo consumato. Analoghe considerazioni valgono per l’Italia, anche se il fenomeno è più recente.
In particolare, allarmante è il dato sull’obesità infantile, per il quale da pochi anni l’Italia appare fra i paesi più colpiti: un bambino su tre ha problemi di sovrappeso, con picchi elevati nelle regioni del Sud. E un bambino obeso ha un rischio elevato di sviluppare malattie croniche in età adulta. Fra gli adulti il tasso di obesità è del 10,3 per cento, un valore ancora inferiore alla media dell’area Oecd, del 16,9 per cento, secondo l'International Association for the Study of Obesity. (2)
L’obesità sta quindi diventando un problema di salute pubblica. Oltre a ridurre la qualità della vita e la capacità lavorativa, rappresenta un fattore di rischio per molte malattie croniche, come ipertensione, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari, il cui trattamento richiede un notevole impiego di risorse: si stima che l’obesità e le patologie associate incidano per il 4,6 per cento della spesa sanitaria nel Regno Unito e per il 6-10 per cento negli Usa. Un intervento pubblico è pertanto giustificato dalla necessità di correggere le esternalità e le carenze informative presenti nel mercato degli alimenti ipercalorici.

I PROGRAMMI DI CONTRASTO DELL’OBESITÀ
Gli interventi più diffusi sono la tassa sui prodotti ipercalorici e le iniziative volte a rendere più difficile l’accesso alle bevande gassate (a favore di succhi di frutta, bevande dietetiche e acqua). La soda tax stenta tuttavia a decollare, anche a causa dell’opposizione dei produttori di bevande ipercaloriche (negli Usa, la potente American Beverage Association raccoglie colossi come Coca Cola e Pepsi). C’è inoltre chi obbietta che la tassa potrebbe indurre gli individui a sostituire la bevanda tassata con altre bevande a basso prezzo, potenzialmente più dannose. Una importante obiezione attiene al carattere regressivo della tassa, dato il maggior consumo delle bevande ipercaloriche fra i ceti meno abbienti; ma il problema potrebbe essere affrontato destinando una parte del gettito del tributo a programmi di promozione della salute delle categorie più a rischio, moltiplicando in tal modo i benefici a favore dei più esposti.

LA TASSA SUL CIBO SPAZZATURA: QUALI EVIDENZE?
Numerosi studi stimano una elasticità della domanda di bibite ipercaloriche prossima all’unità: un aumento del prezzo del 10 per cento riduce i consumi dell’8-10 per cento; l’elasticità è più elevata fra i giovani, in particolare fra quelli in sovrappeso e appartenenti a famiglie non abbienti. La riduzione del consumo di bibite zuccherate produce a sua volta un calo dell’indice di massa corporea, soprattutto fra i giovani. L’effetto dipende dalla storia alimentare dei giovani, ovvero dai livelli di consumo nelle età infantili, da cui la necessità di politiche in grado di intervenire precocemente.
In breve, le esperienze internazionali indicano che una tassa riduce il consumo di bibite zuccherate, soprattutto fra le categorie più a rischio, anche se gli effetti sui rischi di sovrappeso e obesità sono di difficile quantificazione. Più promettente l’abbinamento con una pluralità di interventi, finanziati con il gettito della tassa, da realizzare in primo luogo nelle scuole, anche con il coinvolgimento dei genitori.
Appare quindi cruciale la scelta della destinazione del gettito della (eventuale) tassa sul cibo-spazzatura. L’ipotesi avanzata dal ministro della Salute ha già innescato un acceso dibattito. Il Governo sembrerebbe intenzionato a finanziare investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie. Le Regioni potrebbero essere interessate a compensare parte dei tagli imposti dalle ultime manovre. La Coldiretti ha già chiesto di sostenere la produzione di frutta e verdura. Il rischio è che la (eventuale) tassa sia utilizzata più per produrre gettito che per promuovere comportamenti alimentari sani. In tal senso sarebbe auspicabile, fra l’altro, l’avvio di un programma di promozione di una sana alimentazione all’interno delle strutture sanitarie, attraverso il miglioramento della ristorazione ospedaliera e la limitazione all’accesso a prodotti ipercalorici nei distributori e nei bar degli ospedali. Prima di ogni altro intervento, il servizio sanitario dovrebbe infatti mostrarsi capace di promuovere al proprio interno stili di consumo esemplari, a vantaggio dei propri assistiti e dei propri dipendenti. Un intervento che potrebbe trovare ampio favore presso l’opinione pubblica e contribuire a contrastare le inefficienze del mercato dei prodotti alimentari ipercalorici.
(1) Brownell, Farley, Willet, Popkin, Chaloupka, Thompson, Ludwing, The Public Health and Economic Benefit of Taxing Sugar-Sweetened Beverages, NEJM, 2009, www.nejm.org
(2) http://www.oecd-ilibrary.org/docserver/download/fulltext/8111101ec019.pdf?expires=1328031673&id=id&accname=guest&checksum=E9246685448E6F0B7DA593D64100A844

 da - http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002843.html


. . . .

venerdì 3 febbraio 2012

IMAGOMUNDI: DECIDERE IL TUO FUTURO





IMAGOMUNDI: DECIDERE IL TUO FUTURO: LE IMAGO SONO CARTE CHE TI AIUTERANNO A DECIDERE IL TUO FUTURO IN BASE ALLA LEGGE DELLA CASUALITA' SE INTERESSATI ALL'...

.

mercoledì 1 febbraio 2012

Cosa mangeremo nel 2050



Cosa 

 

mangeremo 

 

nel 2050




 Le Monde si chiede se la Terra potrà nutrire nove miliardi di esseri umani nel 2050.

UN MILIARDO DI AFFAMATI – E’ una domanda che crea molti più problemi di quanto non si pensi. Politici e scienziati di tutto il mondo si chiedono come sarà possibile affrontare la demografia crescente. Secondo l’Onu per garantire cibo per tutti dovremmo raddoppiare la nostra produzione alimentare, adottare nuove tecnologie ed evitare gli sprechi.Tuttavia si tratta di un compito all’apparenza molto difficile: già oggi un miliardo di persone soffre la fame. Le terre vergini sono ormai tutte pressoché occupate, gli oceani sono già sfruttati al massimo, il pianeta è alle prese con una carenza ormai endemica d’acqua e con un cambiamento climatico che potrebbe fiaccarlo alla radice.

LE ALGHE - Eppure, nonostante una situazione quasi tragica, è ancora possibile usare sfruttare la terra e l’acqua. Prima di tutto dovremmo riconsiderare le alghe, le quali possono crescere in grandi quantità nel mare, nelle acque inquinate o in zone altrimenti non sfruttabili. Le alghe non andrebbero bene solo per l’uomo, ma anche per nutrire gli animali, come fertilizzante, come biocarburante. Potrebbero produrre dalle 15 alle 30 volte più olio rispetto al mais e alla soia. Libererebbero quindi milioni di ettari di terreno e miliardi di litri d’acqua per irrigazione i quali verrebbero destinati all’alimentazione umana e alle nostre macchine.

GLI INSETTI - Insetti: grilli, cavallette, ragni, vespe, vermi, formiche e altri coleotteri non fanno ancora parte dei menu europei o americani, ma in Africa, in Sudamerica e in Asia vengono mangiati regolarmente. Con l’aumento dei prezzi e la penuria di terre in tutto il mondo, anche gli insetti entreranno nelle nostre cucine. Gli insetti non solo sono salutari, ricchi di calcio, proteine, ferro e poveri di grassi, ma richiedono anche poco spazio e soprattutto emettono meno gas dei bovini. “Il problema degli europei-sottolinea Catherine Esnouf, direttrice scientifica per l’istituto francese della ricerca agronomica- è rappresentato dalla scarsa disponibilità a cambiare le proprie abitudini alimentari. Ci vorrà molto tempo prima che si arrivi a un cambiamento”. Per questo motivo l’Unione Europea ha finanziato con 2,4 milioni di euro un progetto che prevede l’inclusione degli insetti nelle cucine.

LA CARNE IN VITRO - La carne artificiale: sembra carne ma non è carne, nel senso che non deriva da un essere vivente. Tratta dalle cellule staminali del pollo, del bovino e del maiale, può essere creata in laboratorio, un po’ come la birra e lo yogurt. Secondo uno studio delle università di Oxford e di Amsterdam, la “carne da laboratorio” ridurrà del 96 per cento le emissioni di gas serra, la sua produzione richiederà dal 7 al 45 per cento in meno di energia, e richiederà l’un per cento di terra e il 4 per cento di acqua rispetto all’allevamento. Consideriamo solo che oggi il 70 per cento delle terre agricole sono destinate al bestiame e che il consumo di carne non accenna a diminuire. In venticinque anni si è passati da 30 a 41 kili pro capite in un anno, secondo la Fao. Secondo alcuni scienziati però la carne in vitro non sarà così semplice da produrre, soprattutto per via dei costi elevati e dell’enorme quantità di ormoni necessaria per favorire la crescita di questi prodotti, oltre allo sviluppo di antibiotici per evitare eventuali contaminazioni.

MENO CARNE – Sarà importante che le nuove generazioni capiscano che bisogna arrivare a un maggiore equilibrio tra proteine animali e proteine vegetali: “La quantità di carne attualmente consumata nei Paesi sviluppati non è sostenibile per il Pianeta. Deve diminuire di almeno la metà -conclude la Esnouf- Bisogna puntare sui legumi, sui cereali, le lenticchie, su prodotti ricchi di fibre, minerali, proteine e vitamine. La selezione genetica permetterà di migliorare gusto e digestione di questi alimenti, in modo da compensare la riduzione della carne”. Sarà, ma le lenticchie che sanno di fiorentina non mi attirano neanche un po’.

 FONTI :

 http://ecologie.blog.lemonde.fr/2012/02/01/insectes-algues-et-viande-artificielle-vont-ils-nourrir-la-planete/#xtor=RSS-3208

 http://www.guardian.co.uk/global-development/2012/jan/22/future-of-food-john-vidal



. Materassi.com letto tessile contenitore a solo 460 .

ScambioBannerGratis

motori di ricerca